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Heinz il Metzger


Heinz faceva il garzone di Metzger da venti anni. Affettava e gettava la carne bollita nell'imboccatura della macchina e girava la manovella senza strappi, a ritmo controllato. Lavorava dalle sette del mattino alle cinque del pomeriggio, esclusa la pausa di quarantacinque minuti per la colazione. I Würste uscivano dalla sua macchina regolari tesi compatti. Ogni mezzo metro chiudeva il budello di plastica con un giro di filo. Il tempo di produzione di Heinz - con macchina calibrata "f 5" raggiungeva la media di sette metri e cinquantotto centimetri orari. Una media che ben pochi garzoni riuscivano a mantenere. Per questo Heinz era ben voluto dal padrone, rispettato dai colleghi e pagato con cinquecento marchi al mese.
Heinz era un tipo industrioso. Sapeva fare di tutto: riparare un cordone di ferro da stiro, sturare un sifone di lavandino, riassestare una porta sgangherata. I vicini bussavano ai vetri della sua cucina ad ogni ora, per chiedere favori - ancor più il sabato e la domenica che Heinz trascorreva in casa. Ripuliva e riordinava l'appartamento, seguendo la radio, con la stufa a carbone accesa. Erano le sue ore migliori, e diventava quasi allegro - se la radio trasmetteva marce militari o valzer di Strauss, fischiava come un merlo dietro il motivo.
Heinz non si occupava di politica; ascoltava e taceva - ciò che gli entrava in un'orecchia gli usciva dall'altra. Ma quando la predica veniva da quelli della "zona orientale" si arrabbiava. Spernacchiava, sputava uno "Scheisse!" e girava la manopola della sintonia. Quelli della "zona orientale" erano astuti: cominciavano con la musica, melodie popolari e marcette alla Bismarck, poi, d'un tratto, ci infilavano la loro politica del "bla, bla, bla". Ma Heinz era pronto a cambiare stazione; al massimo quelli della "zona orientale" riuscivano a rifilargli un paio di slogan.
Heinz conosceva bene quelli della "zona orientale", dove un garzone di Metzger guadagnava appena trecento marchi. Li facevano lavorare in cooperativa statale, senza partecipazione agli utili. Quando capitava, si sfogava con lo spagnolo della casa a fianco. Si appoggiavano allo steccato comune, ognuno dalla propria parte, e discorrevano. Heinz parlava chiaro e lento, metteva i verbi all'infinito e gesticolava, per farsi capire meglio. Diceva: «Scheisse, quelli della zona orientale.»
E lo spagnolo: «Mierda? Porqué mierda?»
«Porqué mierda? Warum Scheisse?» Ripeteva Heinz - e si incupiva e si aggrottava in viso, concentrandosi per mettere ordine nei pensieri. Cominciava sempre dalla guerra, da quando aveva diciassette anni, ed era partito nella zona orientale con un reggimento di volontari della "Jugend" per tamponare la falla apertasi in seguito alla disfatta del generale Von Aschen. «Die Verräten! Noi perdere guerra a causa di traditori!»
«Quelli della zona orientale, cultura di merda!… Sapere tu cosa fare ai prigionieri? Spogliare e derubare di ogni oggetto di valore. Se avere un anello, sfilare dal dito. Se dal dito non sfilare, allora trac-trac-trac-trac! slogare articolazione sù-giù-destra-sinistra e zac! strappare il dito con anello. Anello in tasca e dito buttare via. I prigionieri restare a guardare loro dito per terra con mano tutta sangue… Scheisse, quelli della zona orientale!»
Ogni volta che raccontava l'operazione del dito, Heinz impallidiva e prendeva ad accarezzarsi angosciosamente l'anulare.
«Sai tu cosa fare alle donne? Violentare davanti marito e figli. In paese di frontiera, violentare donne appena partorito… Scheisse, quelli della zona orientale.»
Lo spagnolo, dal canto suo, simpatizzava per quelli della zona orientale. Era scappato per fame dal suo paese. Suo padre, minatore, era stato garrottato. Prima di farsi prendere dalle guardie civili ne aveva steso due con la testa fracassata da una spranga di ferro. Nel paese di Heinz lo spagnolo aveva trovato lavoro, una donna bionda e una vecchia auto - che in quei giorni stava riverniciando di rosso. Per queste cose non gli pareva garbato polemizzare. Diceva: «Sì», storceva la bocca, e imitando la spernacchiata di Heinz faceva eco: «Scheisse! Mierda! Todo el mundo mierda.»
Heinz era un tipo metodico. Nel cortile dietro casa, sotto la tettoia, accumulava ogni genere di residui metallici che ordinava e catalogava in uno scaffale a scomparti a seconda della pezzatura. I vicini attingevano di frequente al deposito di Heinz; ora una vite, ora un raccordo, ora un utensile. Heinz dava o prestava tutto con piacere, e si doleva se l'oggetto richiesto non si trovava.
Una volta - era un pomeriggio, di sabato - si ruppe il tubo di scappamento dell'auto di un italiano di passaggio. Un'auto di zingaro, con il sedile posteriore trasformato in giaciglio, piena di coperte disfatte e di biancheria sporca. Il tubo di scappamento, roso dalla ruggine, era caduto per strada. L'italiano scese a raccoglierlo e a verificare il danno. Il motore aperto rombava come un trattore.
Heinz, attratto da quel fracasso, uscì in giardino e appoggiatosi coi gomiti sullo steccato rimase a vedere come se la sarebbe cavata lo straniero.
L'italiano, raccolto il pezzo di tubo, si sforzava di infilarlo nella parte rimasta attaccata.
Solo per pochi minuti Heinz riuscì a seguire con distacco gli infruttuosi tentativi dello straniero - il senso del dovere mutualistico lo spinse ad intervenire. Aprì il cancelletto e uscì in strada. Toccò lo straniero su di una spalla, discretamente. L'italiano si voltò di scatto, corrucciato - mutò l'espressione quando vide la faccia aperta di Heinz.
«Non gut», disse Heinz scuotendo il capo, indicando il tubo di scappamento.
«Già, non guto.» Assentì con disappunto l'italiano.
«Komm!» Propose Heinz indicando la tettoia visibile oltre lo steccato.
L'italiano non capì. Era sospettoso per natura e per esperienza. Sapeva e pensava che in ogni uomo poteva nascondersi una fregatura.
Heinz ripeté l'invito: «Komm! Reparature…» e decisamente si tirò dietro lo straniero.
Sotto la tettoia mostrò il deposito e lo scomparto tubi. Sorrise e disse: «Roar… für deine Auto. Capire?»
L'italiano capì. Si sciolse abbozzando un mezzo sorriso - pensò di essersi imbattuto in uno un po' tocco. O forse in un trafficone, uno di quei tali che alla prima occasione ti rifilano la fregatura. Non era mica fesso, lui. I "napoletani" li riconosceva a naso. Sfregò tra loro indice e pollice, accennando ai tubi. «Quanto costare? Quanto gheldo?» chiese.
Heinz scrollò le spalle e spernacchiò. Fece "pfui" con le labbra e con un gesto della mano. Disse: «Ach! Kein Geld…» e si mise a rovistare tra i tubi, alla ricerca di quello giusto. Ne trovò uno. Stette ad osservarlo a lungo, incerto. Poi disse: «Ein Moment» e andò a controllarlo sotto l'auto.
L'italiano gli corse dietro, sospettoso- pensò che quello svitato poteva approfittarsene e fregarsi qualche pezzo del motore. Heinz fischiettava, immerso nel problema. Il tubo che aveva trovato era troppo grosso. La lunghezza poteva andare. Tornò sotto la tettoia portandosi il pezzo originale. Lo batté e lo scrollò per liberarlo dalla ruggine. Disse: «Kapput… ganz kapput.»
«Già, ganzo caputo…» assentì l'italiano, seccato.
I pezzi di tubo dello scomparto erano tutti troppo grossi o troppo fini. L'italiano prese a bestemmiare, perché il tempo passava inutilmente e perché non riusciva a capire le intenzioni di quel matto. Il quale, controllati e ricontrollati uno per uno i tubi, se ne restava pensieroso a scuotere il capo.
Heinz era un tipo testardo. Si era reso conto che nessun pezzo del suo deposito andava giusto. Tuttavia non avrebbe mollato lo straniero senza avergli prima riparato il guasto. Disse: «Nicht fahren… Verboten… Polizei.» E calcò l'accento sulla parola "Polizei", per convincere l'altro che bisognava assolutamente riparare il tubo prima di riprendere il viaggio.
L'italiano ricordò in quel momento di aver lasciato il motore acceso. Bestemmiò a voce alta e si precipitò a spegnerlo. Heinz gli andò dietro. L'italiano cercò di spiegargli: «Motore… roh, roh, roh… molta benzina, molto gheldo…» e riprese a bestemmiare per i soldi gettati al vento. Heinz, che non aveva capito, fece "pfui" e spernacchiò. Disse: «Nein, nein… das Motor Ist gut», e riprese a trafficare sotto la tettoia - stavolta nello scomparto lamiere. Ne trovò un pezzo che gli parve adatto. Picchiando con il martello attorno al tubo, prese ad arrotolare la lamiera.
Lavorò per alcune ore, fischiettando, e brontolando quando la lamiera chiusa ad una estremità si riapriva dall'altra. Ebbe un'idea geniale: fermò un'estremità della lamiera arrotolata con un morsetto, mentre picchiava dall'altra. Saldò l'opera compiuta con alcuni ribattini. Contemplò a lungo il tubo finito. Dopo lo mostrò allo straniero esclamando: «Fertig!»
L'italiano tese una mano. Voleva controllare anch'egli, rendersi conto se quell'accidenti fosse arrotolato saldamente. Ma Heinz non mollò il tubo. Disse: «Warte. Ein Moment!» e sparì. Tornò mezz'ora dopo con una torcia elettrica.
L'italiano, intanto, per strada, bestemmiava e sbatteva i piedi sull'asfalto per riscaldarsi.
Heinz piazzò la lampada sotto l'auto, ma aveva dimenticato qualcosa e sparì di nuovo. Ritornò con un telo cerato arrotolato sotto braccio, fischiettando. Si era trattenuto in casa appena un poco, giusto per ascoltare l'ultima parte di un valzer di Strauss.
Quand'ebbe finito il lavoro si stropicciò le mani soddisfatto. Disse: «Alles ist in Ordnung!» e diresse la luce della torcia sullo scappamento. Lo scosse per verificarne la solidità. Spernacchiò e disse: «Fest! Ganz fest!»
L'italiano ripeté l'operazione. Disse: «Già, ganzo festo…» e offrì una sigaretta, contento.
Heinz scorse il luccichio di un anello nella mano tesa. Si turbò. Sussurrò: «Du… Glücklich… Du…» E disse allo straniero che doveva considerarsi davvero fortunato di non essere caduto in mano a quelli della zona orientale. «Sapere tu cosa fare in guerra? Ja, krieg… guerra… Prigionieri con anello, grande dito e piccolo anello, dito trac, trac, trac… sù-giù-destra-sinistra… zac! weg! Strappare… anello in tasca e dito via… Ja, ring in Tasche und Finger weg… Scheisse, quelli della zona orientale… Keine Kultura, Scheisse Kultura.»
L'italiano assentiva, fingendo di capire per chiudere il discorso e andarsene via al più presto. Egli non sapeva che quella sera era un sabato sera.

Heinz era un tipo sereno, vispo come un fringuello durante tutto il gelido inverno. Rientrava dal lavoro all'imbrunire. Prima di entrare in casa sostava nel pianerottolo e strofinava i piedi sullo stuoino, sbuffando vapore. Entrava in cucina, toglieva dalla borsa i resti della colazione, li riponeva nel frigorifero; accendeva la radio e la stufa; su questa metteva due pentole d'acqua - poi se ne usciva a trafficare sotto la tettoia. Il suo deposito si arricchiva ogni giorno di nuovo materiale che raccoglieva per strada davanti alle officine e nei cortili delle fabbriche.
In quell'inverno gli accadde l'incidente. Accadde il dodici dicembre, di pomeriggio. Erano le quattordici e trentacinque, quando Heinz si apprestava a chiudere il suo novantacinquesimo Würst dal diametro di cinque centimetri. Gli era parso di vedere qualcosa di lucente nell'impasto di carne e grasso, qualcosa di simile ad un anello. Heinz immerse rapidamente la mano nella pasta per afferrare l'oggetto. Ma la macchina andava automatica, quel giorno, e fu più veloce di lui. La lama gli trinciò nette quattro dita, lasciandogli salvo il pollice.
Tornò a casa triste, quella sera. Sudava, nonostante l'aria gelasse. La mano amputata cominciava a dolergli, ma non tanto - forse perché il taglio era netto, forse perché aveva medicato la ferita. Il padrone Metzger non si era accorto di nulla, per fortuna. E altra fortuna, si trattava della sinistra. Poteva fare benissimo a meno della sinistra, per il suo lavoro. Ora le macchine dei Würste andavano anche automatiche… Aveva rimesso nell'armadietto a muro cotone garza boccette. Tutto a posto, senza che nessuno si fosse accorto di nulla. Il cotone sporco di sangue se l'era messo in tasca… Poco sangue, però… Se ne era stupito. Come mai, così poco sangue? Forse dipendeva dall'inverno. Col freddo, il sangue scorre più lento. Se il freddo è molto intenso, il sangue gela e si ferma. In guerra, gli era accaduto di vedere sulla neve resti umani intatti, senza aver perso il sangue. Ai primi tepori della primavera cominciavano a stillare… Appena veniva fuori tutto il sangue, quei resti si decomponevano…
Heinz aveva pensato di conservare le dita nel frigorifero; regolandolo al massimo, le dita si sarebbero conservate per l'eternità. Chissà? avrebbe anche potuto riattaccarle al loro posto. Se non hanno perso sangue, restano vive e l'operazione è possibile - pensò - anche le ossa si riattaccano. Lo sanno tutti.
Tolse il grappolo di Würste dalla borsa e li mise sopra il tavolo di cucina. Aveva chiesto al padrone Metzger di poterne prendere qualche chilo per casa - come usava. Li aveva pesati lui stesso, e i diciassette marchi li aveva registrati, con lo sconto del tredici e mezzo per cento, nella ricevuta lasciata al contabile della ditta.
Per strada i Würste si erano gelati. Heinz li scorticò e ne frugò la polpa attentamente. Nel primo non trovò nulla. Nel secondo trovò il medio. L'indice e l'anulare li trovò insieme nel terzo. Nei rimanenti non trovò nulla. Per quanto cercasse non gli riuscì di trovare il mignolo. Forse era rimasto nel tubo di scarico. Ne resta sempre una manciata abbondante, nel tubo di scarico - pensò - la macchina gira a vuoto, quando non ha più impasto da comprimere; ma nel tubo di scarico ne resta sempre una manciata buona. Era stato uno stupido, non averci pensato… Ormai non c'era speranza alcuna di ritrovare il mignolo. Nella Metzgerei, finito il primo turno, cominciava il secondo, e la macchina riprendeva a funzionare. All'alba i camions della ditta caricavano i Würste e facevano il giro di distribuzione ai Gasthof… «Il dito mignolo», si disse,«non è un dito importante.» Ne conosceva parecchi senza mignolo, e mai nessuno si era lamentato. Se la cavava benissimo. Altra faccenda, se avesse perso l'anulare… fa uno strano effetto, una mano senza l'anulare. Durante la guerra ne aveva viste tante di mani senza l'anulare. Era come vedere un pube d'uomo senza membro.
Lavò le dita recuperate nell'acqua corrente, e nel lavarle le controllò accuratamente. Tutte e tre erano in ottimo stato; si articolavano perfettamente, e avevano perso pochissimo sangue, quasi niente. Le pose, ben distese, sul fondo di un piatto e le conservò nel frigorifero, scomparto surgelati. Dopo accese la radio e la stufa.
La radio trasmetteva marcette e Heinz finì di rasserenarsi e attaccò a fischiettare. La stufa tirava a vuoto, e aggiunse due pani di carbone. Riempì le pentole d'acqua e le mise sopra la lastra. Fischiettava, cucinando… Chissà quante dita si erano perdute durante la guerra. Dita che restavano intatte per lungo tempo, nella neve. Perché, mai nessuno aveva pensato di raccoglierle e magari di riattaccarle? La scienza moderna riattacca ogni cosa, anche i cuori. Figuriamoci le dita… Ma in guerra non si pensa a riattaccare ciò che si rompe. Non se ne ha il tempo, forse. E anche ad averci pensato, quelli della zona orientale non lo avrebbero permesso. Sarebbero stati capaci di sparare addosso un caricatore di mitra a chi avesse osato raccogliere un solo dito dalla neve… Certo, che le dita si possono riattaccare. Si può riattaccare tutto, oggi giorno…
Ogni sera, rientrando dal lavoro, Heinz entrava nel Grossmarkt del suo rione. C'era un piacevole caldo e molto su cui curiosare. Più a lungo si tratteneva al secondo piano, al reparto utensili. Di recente aveva visto nuovi mastici, capaci di saldare il ferro. Alcuni li aveva già sperimentati e ne era rimasto soddisfatto. Il manico dell'ombrello, per esempio: una saldatura solida, resistente agli urti…
Seguendo il filo dei suoi pensieri uscì nel cortile e si diresse alla tettoia. Dall'altra parte dello steccato, sotto la luce di una lampadina, lo spagnolo ungeva di vaselina le cromature dell'auto riverniciata di rosso. Lo spagnolo vide Heinz e lo salutò cortesemente con un "Buenas tardas." Heinz non lo vide e non lo udì, fischiettando soprappensiero.
Rovistò nello scomparto vernici e mastici. Spernacchiò tre volte di seguito, ilare. Aveva trovato ciò che cercava, un tubetto seminuovo. Con quel mastice avrebbe potuto riattaccarne cento…
Quando Heinz ripassò nel cortile lo spagnolo ripeté il suo "Beunas tardas", a voce più alta stavolta, per farsi sentire. E Heinz stavolta lo udì. Sobbalzò e cacciò in fretta la mano ferita e il mastice in tasca.
Heinz era rispettoso della privacy. Tutto ciò che ti appartiene per diritto incontestato è privacy. La libertà di ubriacarti, i fondelli delle tue tasche, la capacità di erezione del tuo membro, l'accesso al cortile di casa tua… Egli, manovrando la sua auto, non si era mai permesso di infilarsi, neppure con il paraurti, nei vialetti di accesso ai cortili dei vicini - come al contrario era solito fare lo spagnolo, per il quale ogni spazio aperto, o mal richiuso, era valicabile. Gli stranieri non avevano rispetto alcuno della privacy, ed Heinz se ne doleva… Non molto tempo prima s'era preso una memorabile arrabbiatura a causa di uno straniero - piccolo bruno, capelli neri riccioluti - che si era fermato per strada a molestare un cittadino-ubriaco del sabato sera. Heinz aveva anche redarguito lo straniero, il quale, vociando nel suo scivoloso idioma, allungava le mani all'uomo seduto sul marciapiede. L'ubriaco dondolava la testa scuotendo una lunga capigliatura bionda, e mugolava come chi ha il mal di denti e sospirava agitando le braccia. Lo straniero, vedendolo, si era fermato impietosito. Aveva l'anima del buon samaritano. Voleva aiutarlo a sollevarsi e poi riaccompagnarlo fino a casa, se non fosse stata troppo lontana. Non aveva un accidente da fare; si era annoiato tutto il giorno, gironzolando senza costrutto. L'avrebbe sorretto su per le scale e accompagnato fin dentro casa. Sarebbe rimasto a chiacchierare con la famiglia. Lo avrebbero accolto riconoscenti. In ogni famiglia ci sono donne, spesso giovani e carine, e forse ben disposte verso gli stranieri. Per sdebitarsi gli avrebbero offerto una buona tazza di caffè caldo; forse anche uno Schnapps. Avrebbe fatto amicizia - un tipo bruno e simpatico. Sarebbe certamente finito a letto con qualcuna delle donne di casa, forse con tutte… Pensava così lo straniero, tendendo le mani all'ubriaco che dondolava la testa mugugnando, seduto sul marciapiede - quando passò di lì Heinz. Heinz udì l'ubriaco protestare: «Un onesto cittadino non può neppure ubriacarsi in santa pace senza che il prossimo straniero ti salti sopra i nervi.» Allora Heinz si era irritato e aveva redarguito lo straniero. «Straniero, prego, lei non deve dare molestia a questo signore, padrone della sua privacy…» E aveva spernacchiato con disgusto, pensando: «Scheisse, diese Ausländer… Scheisse Kultura!» Lo straniero si era allontanato disgustato e in cuor suo deluso di non aver potuto compiere una buona azione. «Ma guarda che razza di gente puttana! Vai ad aiutare il prossimo… Gente senza religione… tu gli fai una carezza e quelli ti cavano un occhio.»
Heinz era civiliziert, ovvero un tipo controllato cortese. Al saluto dello spagnolo si fermò per cortesia. Sorrise a denti stretti e rispose: «Guten Abend», dentro s'era chiuso come un istrice.
Lo spagnolo credette di vedere tracce di preoccupazione nella faccia di Heinz, e la sua sensibilità ne fu toccata. Si fece avanti fino allo steccato e chiese premuroso: «Qualcosa non anda, amigo? Sorgen?»
Heinz nascose la sua privacy dietro un sorriso. «Alles gut.» Rispose, e per tagliar corto, aggiunse: «Mucho Arbeit, heute… Ja, mucho trabajo…»
Ritrovò il suo buon umore non appena si richiuse alle spalle la porta di casa. Riaccesa la radio - la stufa tirava ancora - trovò musica allegra e attaccò a fischiettare. Decise di cenare prima di compiere l'operazione. Subito dopo sarebbe stato opportuno mettersi a letto, lasciare immobile la mano per tutta la notte. Per evitare eventuali tensioni nervose avrebbe preso due o tre pastiglie di tranquillanti. Le prescrizioni del tubetto indicavano in tre ore il tempo utile per un perfetto incollaggio; ma non sarebbe stato male abbondare, nel caso di un intervento delicato.
Cenò coi resti della colazione. Sparecchiò, pulì piatti e posate, rimise ordine in cucina; infine preparò il tavolo per l'operazione.
Trasse le dita dal frigorifero, le asciugò accuratamente con garza sterile. Le articolazioni erano un po' rattrappite. Ciò doveva dipendere dal freddo. Il taglio era ancora vivo, appena imperlato di umore rosa. Ricordò le istruzioni: Le "parti devono essere perfettamente asciutte, se si desidera ottenere un ottimo risultato." Eseguì con un batuffolo di cotone, e spalmò il mastice filamentoso - prima sul taglio delle dita mozzate e dopo sui moncherini della mano. Fece il lavoro sotto la lampadina, con estrema attenzione. "Il mastice non deve essere troppo , né poco", rilesse nel tubetto. "E prima di unire le parti, lasciare asciugare per tre minuti esatti." Heinz mise l'orologio sopra il tavolo. Allo scadere dei tre minuti riattaccò le dita, ognuna al suo posto, facendo combaciare esattamente le sezioni. Tutt'intorno alle riattaccature avvolse una buona dose di Skotsch. Infine fasciò strettamente con una benda tutta la mano. L'operazione era perfettamente compiuta.

Heinz era un tipo umanitario. Avrebbe divulgato la notizia attraverso la stampa e la radio. Molti reduci, se non direttamente tramite la Croce Rossa, avrebbero ricercato le loro dita amputate nella pianura gelata della zona orientale e avrebbero potuto riattaccarsele. Nel caso di una nuova guerra, il mastice avrebbe disarmato la brutalità dei cacciatori di anelli… La radio attaccò l'aria del Dottor Zivago - molto in voga in quei tempi in quei giorni perché si stava proiettando il film. Ad Heinz piaceva molto quel motivo, e si riprometteva di andare a vedere il film in seconda visione. Il film - aveva sentito dire - parlava di quelli della zona orientale, di quando fecero la rivoluzione… Heinz aveva paura della rivoluzione. Ne parlava qualche volta con lo spagnolo - al quale le rivoluzioni pareva non facessero né freddo né caldo. Heinz sosteneva l'utilità di restare magri: «Meglio essere magri che grassi. Ci guadagna la salute.» E il giorno che fossero arrivati quelli della zona orientale, i magri, più agili, avrebbero fatto in tempo a mettersi in salvo. I grassi, invece, li avrebbero presi subito. Anche per le dita, la stessa cosa. Se il dito è grasso, l'anello non si sfila. Quei farabutti lo strapperebbero. Trac, trac, trac, trac… sù-giù, destra-sinistra… «Scheisse, quelli della zona orientale!».
L'aria del Dottor Zivago era il solito trucco. Uno speaker si inserì d'improvviso nel motivo in dissolvenza e attaccò il sermone. «La rivoluzione è il cemento che lega le classi lavoratrici…» Heinz si precipitò a girare la manopola della sintonia, spernacchiando stizzito. Si ricompose subito, preoccupato d'aver compiuto movimenti bruschi che potevano nuocere al buon esito dell'incollatura. Disgustato, spense la radio e se ne andò a letto.
Dormì con la mano operata sopra il comodino e fece un lungo sogno.
Heinz credeva ai sogni. Aveva sentito dire che ci credono anche gli scienziati. Svegliandosi ricordò il sogno in tutte le sue sequenze, nitido come un film in tecnicolor. Ma il suo pensiero corse alla mano. Non gli doleva. Questo era un sintomo positivo. Solo, la sentiva un po' fredda. Avrebbe dovuto coprirla con un panno di lana, durante la notte. Cercò un vecchio guanto di lana e se lo infilò.
Anche nel sogno aveva la mano fredda. Aveva perduto un guanto - il sinistro - nella sterminata pianura gelata. La mano nuda bianca avrebbe certamente richiamato l'attenzione di quelli della zona orientale, che stavano sempre in agguato dietro ogni dosso. L'aveva nascosta infilandola sotto il risvolto del pastrano, marciando con noncuranza. Ed ecco, da dietro una montagna di neve, spuntare quelli della zona orientale, coi mitra spianati. Erano vestiti di bianco - simili a fantasmi. Urlando, l'avevano circondato, ma Heinz non si era impaurito. Immobile sulle gambe, li aveva squadrati uno ad uno, sorridendo spavaldo. Quelli della zona orientale, sconcertati, avevano attaccato a parlottare tra loro. Poi, uno di essi - un gigante bruno dal naso camuso - gli aveva agguantato il braccio sinistro, sfilando la mano nuda dal pastrano. Heinz aveva spernacchiato con disprezzo, a faccia alta, in atteggiamento eroico. Quelli della zona orientale avevano sghignazzato, scorgendo la mano nuda bianca e il luccichio di un anello. Ma il loro ghigno si era tramutato in terrore, non appena Heinz aveva tolto dalla tasca il tubetto di mastice, mostrandolo. Avevano gettato le armi ed erano scappati; come diavoli al cospetto dell'acqua santa…
Dopo quel sogno, Heinz non ne fece altri.

Heinz era un tipo che aveva fede nella scienza. Ci credette fermamente fino a tre giorni dopo l'operazione. Il quarto giorno morì di tetano. All'ultimo momento capì di aver dimenticato qualcosa…
Heinz era un uomo buono. Lo disse anche il pastore che lo accompagnò in cimitero e gli fece l'orazione funebre.

 

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