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Un intellettuale fuori dal coro Ugo Dessy,scrittore e educatore
di Marinella Pisano


Libertà d'espressione e di pensiero, indipendenza di giudizio: valori che troppo spesso vengono dati per scontati, anche perché tutti i mezzi di informazione si affannano ad attribuire a questa strana società italiana la decorativa bandiera della democrazia. Oggi più che mai essere liberi pensatori è una conquista da difendere con le unghie e con i denti. Ecco perché essere educati a pensare con il proprio cervello è un mezzo importantissimo di crescita per ciascun individuo, e di conseguenza per la comunità.
C'é un intellettuale per il quale la conquista della libertà di pensiero è il fine ultimo dell'educazione popolare: Ugo Dessy, scrittore, polemista acuto, educatore, pensatore antimilitarista ed anarchico (ma lui preferisce definirsi libertario). Dessy, e in particolare la sua attività di promotore di iniziative di educazione popolare, è stato recentemente oggetto di una tesi di laurea in pedagogia, presentata da Maria Antonietta Deriu alla Facoltà di Magistero dell' Università di Sassari. La tesi, intitolata "Educazione popolare e coscienza politica - l'esperienza del MCC in Sardegna", analizza l'attività dei centri del Movimento di collaborazione Civica presenti in Sardegna ai primi degli anni '60.
Si trattava di un'iniziativa di ampio respiro tendente a creare una occasione stabile di incontro, di confronto e di crescita fra i cittadini di diversa estrazione. Iniziativa nata nel Continente ma poi approdata ad opera di Ugo Dessy, anche in parecchi comuni dell' Isola.
Questi centri erano sede di dibattito culturale e politico, ma non solo. Le significative esperienze di educatore maturate da Dessy in quegli anni sono state da lui raccontate in un saggio dal titolo "Educazione popolare come movimento di liberazione in Sardegna", Alfa Editrice, 240 pp. L. 30.000.
L'esigenza della nascita di questi circoli nasceva dalla consapevolezza della situazione di sottosviluppo della Sardegna. Sottosviluppo che, secondo l'acuta analisi di Ugo Dessy non può aver avuto altra causa se non lo sfruttamento arbitrario delle risorse naturali ed umane cui l'Isola è stata sempre sottoposta, ad opera di dominatori esterni con la complicità di élites locali privilegiate economicamente e politicamente. Colonialismo e razzismo sono criteri con cui il dominio esterno è stato esercitato in Sardegna nel passato, e continua per molti versi ad essere esercitato ancora oggi ad opera di governi continentali del tutto estranei alla cultura isolana. Il valore di questa cultura, le sue espressioni e i suoi significati più genuini sono stati completamente snaturati. Non propriamente distrutti, ma devitalizzati, fino ad essere ridotti a mere espressioni folcloristiche ad uso e consumo turistico. Una cultura così svuotata dal di dentro non ha più capacità di evoluzione e di sviluppo, ed anzi le viene negata una propria dignità di cultura. Perciò la vera cultura, secondo la logica del potere ufficiale, è altra: quella italica, unica, omologata.
Il contesto in cui Dessy ha operato negli anni '60 con i suoi centri del MCC è sicuramente molto diverso da quello attuale, ma vi sono parecchi aspetti della sua analisi che non sono affatto anacronistici, ed esistono molti elementi della sua metodologia per l'educazione degli adulti che appaiono ancora sicuramente validi ed efficaci. Educazione degli adulti in quegli anni significava risolvere il problema ancora gravissimo dell'analfabetismo. Le iniziative e i programmi dell'UNESCO, l'Organizzazione della Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura, hanno tenuto soprattutto presente la necessità di risolvere questo problema, con l'obiettivo di favorire l'ingresso nella società di quelle persone che non hanno avuto nessun tipo d'istruzione. Ovvero la loro integrazione all'interno del sistema.
Dessy invece va molto oltre, anzi critica fortemente le iniziative umanitarie di stampo paternalistico che spesso hanno causato spreco di denaro pubblico senza veramente favorirne la crescita culturale delle popolazioni sottosviluppate. Anche la Sardegna in quanto zona depressa, è stata oggetto di interesse da parte degli educatori dell'UNESCO ma i programmi tentati non erano mirati al reale sviluppo della sua popolazione, né alla crescita di un vero senso critico, di una vera consapevolezza di sé e delle proprie condizioni. Fornire un bagaglio di nozioni più o meno utili non esaurisce certamente il compito di un educatore. Questo compito in realtà è molto più complesso, e consiste nel favorire lo sviluppo dell'individuo, creare in lui una maggiore consapevolezza politica e civile, permettere la libera espressione delle potenzialità di ciascuno. Per Dessy l'educazione popolare ha come fine ultimo il raggiungimento della consapevolezza della propria condizione di disagio e di sfruttamento. Educazione intesa in questo modo ha un vero significato rivoluzionario, perché la formazione di una vera coscienza politica nel popolo avviene senza essere monopolizzata da alcuna ideologia specifica, né marxista, né reazionaria. La coscienza politica deve svilupparsi spontaneamente e liberamente. Ispirandosi a questi criteri, Dessy ha portato avanti in Sardegna delle interessanti esperienze educative prima nei centri AILC (Associazione Italiana per la Libertà della Cultura) e poi in quelli del MCC (Movimento di Collaborazione Civica). L'AILC promossa da intellettuali del calibro di Ignazio Silone, inizia ad operare nell'Italia meridionale nel dopoguerra, ed arriva in Sardegna nel 1959.
Centri interessati, Cabras e Guspini. A Cabras, dove Dessy insegnava come maestro elementare, era stato già promosso un circolo culturale, che poteva confluire nell'organizzazione nazionale senza stravolgere i suoi programmi e i suoi principi ispiratori, fondati essenzialmente su una totale libertà di espressione e di interessi. Nel 1961 il circolo AILC di Cabras sceglieva di schierarsi a fianco dei pescatori in lotta contro i proprietari dello stagno. Una lotta durissima, segnata dall' intervento massiccio delle forze dell'ordine e da tanti arresti. Il circolo locale aveva cercato di coinvolgere l'opinione pubblica di fronte al grave problema, che d'altronde più o meno finiva per riguardare tutti gli abitanti di Cabras, compresi i bambini che erano stati allontanati dalla mensa scolastica dove avevano preso alloggio i carabinieri. Lo steso centro AILC, apertamente schierato dalla parte dei dimostranti, non poteva avere vita facile. Nonostante le difficoltà, però, in quello stesso anno nasceva un' altro circolo anche a Guspini. L'ispiratore, pure in questo caso era Ugo Dessy, e anche lo spirito era lo stesso.
L'esperienza di questi due centri doveva poi rivelarsi preziosa per altre nuove iniziative a più ampio raggio, tutte coordinate nell' ambito del Movimento di Collaborazione Civica (MCC), ma con ampia libertà d'azione e di programmi. In Sardegna il MCC trovava davvero terreno fertile: una quindicina di centri in altrettanti comuni, suddivisi in tre zone d'appartenenza. Nell'Oristanese: Oristano, Cabras Mogoro; nel Marghine: Borore, Sedilo, Norbello, Paulilatino, Bolotana; nel Guspinese: Guspini, San Gavino, Arbus, Gonnosfanadiga, Villacidro; e inoltre, Buddusò e Nuoro (quest'ultimo però mai veramente decollato).
Con il coinvolgimento nell'attività dei circoli di tutte le categorie sociali, (soprattutto studenti, ma anche operai, artigiani, insegnanti, perfino amministratori comunali e qualche sacerdote) era anche favorita l'apertura dove è possibile, a persona di diversa ispirazione politica. Certo, prevalevano di fatto i simpatizzanti di sinistra, con o senza tessera PCI o PSI, ma non mancavano i portavoce di altre ideologie. A Borore, caso particolarmente fortunato, fra i promotori figuravano marxisti e democristiani: erano coinvolti perfino il viceparroco, il sindaco, il direttore didattico e vari insegnanti, il medico condotto. Altrove però i circoli MCC erano visti certo non di buon occhio da parte dei tradizionalisti. Si trattava di iniziative ben lontane dagli schemi di cultura più conservatrice, aperte a dibattiti su qualsiasi argomento, destinate soprattutto ai giovani (ma non solo), e strutturate in modo tale da coinvolgere veramente tutte le categorie sociali. Era favorita la promozione della letteratura e della discussione anche fra persone del tutto prive di cultura scolastica. Preziosa occasione di incontro e di dibattito in comune dove peraltro non esistevano molte altre alternative, se non l'Azione Cattolica o, al limite, il bar. Non a caso i circoli avevano decisamente meno impatto nelle città più grandi (Oristano e Nuoro, ad esempio), dove la gente si era dimostrata meno propensa a sensibilizzarsi alle iniziative dei centri. Nei comuni di piccola o media estensione le persone potevano essere più facilmente coinvolte nella vita della comunità.
Il successo di quelle iniziative era tutto legato alla trattazione di argomenti e problemi di interesse comune, dall'agricoltura all'amministrazione pubblica, dai corsi professionali e artigianali all'attività di cucito per le donne, dalla proiezione di film alle discussioni su libri.
Significativo è l'esempio di Borore: tra il 1963, l'anno della sua costituzione, e il 1967, l'anno di chiusura, il centro presente nel Comune del Marghine riusciva a portare avanti una serie di attività di notevole rilievo. Attività destinata ad avere una certa eco anche al di fuori dei confini della Sardegna e dell'Italia. In particolare, la realizzazione di un giornale-bollettino da distribuire anche agli emigrati bororesi sparsi in giro per il mondo. I collaboratori del giornale potevano tenere un contatto diretto con gli emigrati soprattutto attraverso una fitta corrispondenza, ed avere così un quadro piuttosto preciso della realtà che riguardava questi concittadini lontani.
Questi circoli erano insomma nel complesso un'ottima palestra per chi iniziava ad interessarsi all'attività pubblica. Il contatto con gli altri significava per ciascuno arricchimento di esperienze e permetteva l'emergere di personalità che potevano in seguito assumere un ruolo importante nella vita della comunità, nell'ambito delle amministrazioni locali. Non pochi dei futuri sindaci e assessori infatti hanno iniziato la loro formazione politica come osservatori nei consigli comunali per conto dei circoli.
L'avventura di questi centri non doveva durare a lungo. L'opposizione di molte amministrazioni locali conservatrici, la diffidenza di molti concittadini che forse temevano chissà quali attività sovversive all'interno dei circoli, e soprattutto il venir meno di qualunque aiuto economico dall'esterno: questi i motivi che dovevano portare inevitabilmente allo scioglimento definitivo dei vari gruppi. Nel 1967 la Cassa per il Mezzogiorno tagliava i fondi agli Enti culturali, rendendo di fatto impossibile il proseguimento di qualunque attività da parte dell'MCC in Sardegna. Era il colpo di grazia: nonostante alcuni tentativi disperati da parte di qualche gruppo di sopravvivere autofinanziandosi, le iniziative non potevano più svolgersi regolarmente fino a cessare completamente.
Le biblioteche civiche organizzate e gestite dai circoli nel corso di qualche anno, sono però diventate fortunatamente patrimonio dei comuni interessati e hanno continuato a rappresentare dei centri di aggregazione e dibattito ancora vitali. La scintilla, a quanto sembra, è ancora accesa.
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Tratto da "Sa Republica Sarda" N. 2/3 - Marzo 1997]



 

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