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LA CREAZIONE DELL'UOMO

E Dio, dopo essersi riposato dalla fatica di aver tratto fuori dal nulla tutto l'universo, creò l'uomo.
Lo creò a propria immagine e somiglianza, con le braccia e con le mani per prendere gli oggetti, con le gambe e con i piedi per muoversi da una parte all'altra, e con la testa al completo di occhi naso bocca orecchie per vedere, odorare, assaggiare e udire e di cervello per pensare.
Adamo, fisicamente adulto, impiegò circa tre mesi a crescere psichicamente, armonizzando anima e corpo. In quel periodo giocò a nascondarello con le lepri; raccolse fragole nel bosco e rubò arance in un orto recintato; fece lunghe corse per misurare l'ampiezza del Paradiso Terrestre, fermandosi ogni volta a scambiare quattro chiacchiere con l'Arcangelo di guardia al cancello, venendo così a sapere che fuori c'era il Regno del Male, popolato di diavoli e diavolesse. Trascorse pomeriggi assolati sulla riva renosa di un piccolo mare, abbronzandosi e guardando il guizzo dei pesci; osservò attentamente il movimento del sole, calcolò la parabola visiva, e dopo tre notti di riflessione intuì la parabola nascosta, la sommò alla prima e ne dedusse che il giorno e la notte durano ventiquattro ore.

In tre mesi vide tutto ciò che c'era da vedere, scoprì tutto ciò che c'era da scoprire, capì tutto ciò che c'era da capire. L'unica cosa che vide e scoprì senza capire fu il coso che gli pendeva, normalmente, e che periodicamente, alla luna nuova, lievitava. Pensò di andare da Dio a chiedergli spiegazioni.
Raggiunse il cancello e chiese all'Arcangelo di fissargli udienza con il Padre Eterno. Dovette aspettare nove giorni, perché il Signore era impegnato in una serie di interventi repressivi nel Regno del Male, scortato da tre Coorti di Cherubini, Serafini e Angeli. Quindi la Colomba prese Adamo e lo portò in cima al Monte Ararat.
Disse Adamo: "Mi hai fatto a tua immagine e somiglianza, sto bene e ti sono riconoscente. Però..."
"Ho forse dimenticato qualcosa? Capita a tutti, una distrazione... C'è qualche piccolo problema? Parla pure liberamente: Io sono come un Padre per te."
Adamo aveva praticamente tre mesi, ancora innocente. Gli mostrò il coso e disse: "E questo? A che diavolo serve? Mi sto lambiccando il cervello senza venirne a capo."
Dio stette un poco soprappensiero, poi disse: "Hai ragione, figliolo, sono uno sbadato. Ti ci vuole un buco." E addormentato l'uomo lo operò tirandogli via tutto ciò che aveva di superfluo, nel corpo e nell'anima. Con quelle frattaglie fece una specie di uomo con un buco, cioè una donna. La chiamò Eva e la diede all'uomo, dicendo: "Te la sei voluta: tienitela. Puoi andare."
Adamo, ancora sotto l'effetto dell'anestesia, non afferrava la complementarità del buco. Disse: "Fammi capire, Padre mio che sei nei Cieli. Questa brutta copia di me e di Te, in funzione del mio coso? Non ti sembra un po' troppo? E quale uso ne dovrò fare, di “lui”, con quella specie di vacca lattifera"?
Dio era stanco, quel giorno; e già si apprestava a nuove tenzoni con una caterva di demoni insorti nella Costellazione di Andromeda; dall'altro canto non aveva bisogno di attendere l'avvento dell'UNESCO per arrivare alla teorizzazione dei postulati della educazione come processo autonomo dell'uomo alla scoperta dell'Universo. Disse: "Vai, scoprirai da te tutto quanto. Ti ho messo l'intelligenza, no? Vai e portatela via... e muoviti!"
La presenza della donna infastidiva e turbava insieme il Padre Eterno: se quell'atto creativo non avesse avuto, come tutti gli altri il suo Sigillo, si sarebbe pentito, presagendo tutti i guai che a causa di quell'essere con il buco gliene sarebbero venuti, nella sua sempiterna lotta con gli spiriti del Male.
Intanto, Adamo, rientrato nel Paradiso Terrestre, mise Eva in casa a sfaccendare e se ne uscì a riflettere. Seduto sopra un sasso non ancora levigato dal tempo, con il mento sulle palme delle mani e i gomiti sulle ginocchia, era l'immagine vivente della concentrazione.
Passò quindi alla fase sperimentale-speculativa. Cioè si mise a osservare attentamente il coso, in riferimento a ogni componente dell'Universo che gli stava intorno. Rapportando il coso a ogni cosa, avrebbe finito per esclusione dei rapporti inutili con lo scoprire il rapporto utile.
Comprese che non serviva a difendersi dall'invadenza di certi animali - come il cane, che appena tirato fuori il pane e il companatico della colazione, si faceva avanti a pretendere assaggi. Era sufficiente la mano mostrata nell'atto di raccogliere un sasso, per convincere il querulo codardo a scomparire nel folto di un macchione.
Non serviva ad abbattere alberi e sradicare cespugli per aprirsi varchi e radure, per contendere al bosco prati dove lasciar crescere erba e fiorire margherite, per potersi sdraiare al solicello di marzo, a contemplare l'azzurro del cielo.
Non serviva a navigare sulle acque placide del piccolo mare, come il tronco secco della palma, che lo portava nei momenti di raptus colonialista verso altri lidi, altre terre, dove piluccare bacche di nuovo sapore e stendersi in contemplazione di nuovi orizzonti.
E tanto meno serviva a volare, nonostante quella sua tendenza a levitarsi palpitante verso l'alto, ad assecondare quel sogno angelico già in lui profondamente radicato, che lo vedeva sovente intento a scrutare il volo degli uccelli, a esaminare i particolari anatomici delle ali dei pipistrelli, a sperimentare in volo puntuti razzi di carta, nel tentativo di carpire alla natura il segreto della navigazione aerea.
Serviva volgarmente soltanto a fare pipì. Questo lo aveva capito subito, da appena nato. Ma intelligente com'era, ragionandoci su, capì anche che era eccessivo a quello scopo: sarebbe bastato un centimetro, l'essenziale era il forellino.
Se Dio non avesse creato maschie tutte le creature del Paradiso Terrestre, dalla zanzara al bue, Adamo ci sarebbe arrivato subito. Ma le creature viventi che pascolavano beatamente o sonnecchiavano accanto a lui erano tutte innocenti, non si sarebbero mai sognate di ragionare e commettere atti impuri e di superbia, imitando grottescamente il Sommo Creatore nel voler ricreare la vita, popolando della propria specie la terra, in concorrenza con le altre specie. Questi concetti, Adamo, allora non poteva ancora capirli, prima del Peccato Originale.
Se Dio non avesse avuto così tanti problemi di stabilizzazione dell'Impero, con relativi interventi repressivi, avrebbe potuto dedicare più tempo ai suoi doveri di padre, spiegando ad Adamo che quel coso, di recente invenzione, poteva essere usato in un solo modo, ma per un mucchio di scopi diversi.
Fu invece un diavolo, penetrato non si sa come nell'Eden, a fornire ad Adamo il bandolo della matassa. Un diavolo bruttino con gli occhiali a pince-nez, ma con una intelligenza superiore alla media, soprannominato Minerva, Atena per i Greci e Gramsci per i Comunisti.
Apparve al calar della sera, mentre l'uomo sprimacciava il materasso di foglie di mais, accingendosi a dormire.
"Come diavolo sei riuscito a entrare? con tutti gli Arcangeli di guardia...", fu il primo pensiero che Adamo riuscì a esprimere vedendo Minerva.
"Lascia perdere i dettagli", sussurrò Minerva, tenendosi prudentemente mimetizzato tra le ramaglie scure di un macchione di corbezzolo, "sono qui per te, per aiutarti."
Adamo non capiva - allora - quale aiuto gli sarebbe potuto venire mai da un diavolo, a lui, Figliolo prediletto dell'Altissimo.
Minerva, che alla dote dell'intelligenza aggiungeva quella della saggezza, intuì la profondità teologica del dubbio di Adamo e si affrettò a mettere i piedi sul concreto.
"Abbiamo saputo," disse, "che da qualche giorno sei angosciato da un problema che non ti dà requie. Tu, puoi anche non crederci, ci stai molto a cuore, in particolare il tuo Progresso, neppure ti immagini quale Civiltà costruirai con il nostro aiuto... Ma questo è un altro discorso, avremo tempo per parlarne. Veniamo al dunque: a che cosa ti serve il coso? Ma per fottere, benedetto ragazzo! E perché altro, se no? Guarda me. Vedi? Ce l'ho anche io, e, modestamente, discreto. Tutti i diavoli ce l'hanno..." E avrebbe voluto aggiungere: "E per questo si sono ribellati, mettendosi in concorrenza con il loro creatore". Ma preferì tacere, politicamente.
Oltre a essere innocente, Adamo era ingenuo. Non avrebbe dovuto fidarsi di un estraneo, tanto meno di un estraneo notoriamente nemico di Dio e della Legge. Sulla cautela, prevalse la curiosità di sapere e di sperimentare.
"Taglia corto," disse, "mostrami come si usa e poi sparisci, prima che ti peschi l'Arcangelo Gabriello, e ci passi anche io."
Il diavolo Minerva pregò Adamo di piegarsi ad angolo retto, reggendosi al tronco di un fico lì vicino; e indurito il proprio coso glielo infilò repentino.
A cosa fatta, Adamo vide che il diavolo Minerva mostrava in viso e nel comportamento i sintomi di un grande piacere provato; mentre dal canto suo sentiva soltanto un certo bruciore e una vaga sensazione di essere stato fottuto. La riflessione gli stimolò l'intelletto.
Disse: "Ho afferrato perfettamente la funzione del coso. Adesso, se mi consenti, fraternamente, verifico nella pratica." E pregato cortesemente il diavolo Minerva di disporsi nel migliore dei modi, dopo qualche maldestro tentativo, ripetè attivamente l'operazione.
Dipartitosi in una scia di fuoco sulfureo il diavolo Minerva, Adamo se ne restò per un pezzo a fregarsi le mani soddisfatto. Era una sensazione che gli mancava, che mai aveva provato, la più profonda di tutte, anzi che le sostituiva e le abbracciava tutte.
Era una sensazione che lo rendeva simile a Dio.

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