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8. Capo Teulada

Nel mezzogiorno dell'isola, a qualche decina di chilometri a ovest di Cagliari, nella penisola che costituisce l'entroterra di Capo Teulada, è sorto nel 1960 il CAUC (Centro di Addestramento per Unità Corazzate). Ufficialmente sarebbe riservato alle forze armate italiane, ma è notoriamente usato da unità della NATO e degli stati Uniti che vi compiono frequenti manovre combinate aeronavali e terrestri. Pare anche - da indiscrezioni apparse sulla stampa di sinistra - che vi si addestrino al fuoco contingenti di marines destinati alla guerra nel Vietnam.
Il CAUC di Teulada occupa una superficie approssimativa di 8.000 ettari, ma durante le esercitazioni a fuoco la superficie interessata è di almeno 20.000 ettari. Quest'ultimo dato si ricava da diversi incidenti agli abitanti della zona, raggiunti da cannonate.
Il primo servizio giornalistico sulla base di Teulada è del giugno 1962. I generali affidano il delicato compito di presentare una delle loro principali «scuole di ardimento» alla rivista «Settimo Giorno» - che ha meriti distinti nel revocare i fasti delle famiglie reali.
Gli inviati speciali di «Settimo Giorno» fanno entrare subito il lettore nel clima guerresco:

“«Svelti, mettetevi al riparo, dietro quel muretto!» L'ufficiale col basco nero che ci faceva da guida e che ci aveva pilotati al volante di una miracolosa Campagnola lungo una carrareccia appena abbozzata nel mare di cespugli selvaggi e di granito sgretolato, non avrebbe potuto rivolgerci l'invito in tono più perentorio se, anziché su un terreno d'esercitazioni di mezzi corazzati italiani, ci fossimo trovati sotto il fuoco di una colonna di T-34 russi poco dopo lo scoppio della terza guerra mondiale. Fu gioco-forza obbedirgli, anche se i nostri indumenti borghesi, vicino alla sua tuta mimetica, ci facevano sentire un tantino a disagio in quella posizione di agguato”.
Il prurito guerresco degli inviati speciali di «Settimo Giorno» - che già sognano la terza guerra mondiale per dare una lezione ai russi - viene in parte grattato e calmato da quel che essi vedono più avanti:

“Lo spettacolo, in compenso, risultò affascinante. nel polverone sollevato dai cingoli sbucò all'improvviso la torretta del primo M-47 con i portelloni chiusi. Poi altri due, poi un quarto, poi un quinto, ognuno con la sua mole mostruosa e col suo peso di quarantasette tonnellate! Aprirono il fuoco tutti insieme, giunti sul ciglio di una radura, alternando i colpi sordi dei cannoni da 90 millimetri col crepitio delle tre mitragliatrici sporgenti dalle torrette. Dal nostro punto di osservazione il bersaglio risultava invisibile, e cominciavamo a credere che quell'esibizione fosse stata organizzata a nostro beneficio a scopo coreografico, allorché il paesaggio da savana tipo Africa si animò in maniera fulminea. Un reparto di bersaglieri, con gli elmetti piumati sopra le tute chiazzate di verde e marrone, attaccò i carri con bazooka e lanciarazzi Cobra. Saltavano fuori da buche nel terreno con agilità prodigiosa, i più vicini lanciandosi quasi tra i cingoli con le loro cariche esplosive simulate, o addirittura appiattendosi in qualche cunetta e lasciandosi passare addosso le quarantasei tonnellate di acciaio. Ci fu spiegato più tardi che si trattava di pionieri, addestrati attraverso corsi di specializzazione a cui, senza eufemismi, è stato dato il nome di scuola del coraggio. Il loro spirito è quello dei famosi Arditi della prima guerra mondiale, ma i sistemi di combattimento, modernissimi, assomigliano alla tecnica dei marines americani o dei commandos inglesi che, durante l'ultimo conflitto, operavano nelle giungle birmane…”
Dopo una dissertazione filosofica sul coraggio, svolta confutando la tesi manzoniana del don Abbondio secondo cui «il coraggio, uno che non ce l'ha non può darselo»; e invece «i comandanti del CAUC riescono a darlo a tutti», il rotocalco clericomonarcofascista si compiace di essere stato

“il primo giornale italiano ammesso tra i banchi della straordinaria università dell'ardimento. Il luogo dove queste esercitazioni si svolgono ogni giorno, e dove la sorveglianza dei carabinieri e chilometri di filo spinato provvedono a tenere a bada gli intrusi, è il campo militare di Teulada… una grande realizzazione che si pone sul piano delle più efficienti organizzazioni del genere esistenti in Europa. Le sue installazioni, la sua capacità ricettiva, il suo esteso poligono ne fanno un perfetto moderno organismo del quale si servono anche reparti dell'esercito americano e la stessa sesta flotta della marina USA… Su queste spiagge… le migliori unità del nostro risorto esercito si preparano alle tecniche più progredite dell'arte militare, con particolare riguardo ai cannoni nuovissimi dell'impiego di armi atomiche”.

Infatti. Tra le regioni d'Italia e d'Europa, la Sardegna detiene non pochi primati. Malaria e tbc, colera e lebbra, tracoma, analfabetismo, disoccupazione. Ed ora il primato delle basi militari. Tanto moderne ed efficienti che perfino gli ultra progrediti Stati Uniti vengono fin qui a usarle.
Infatti. Lo Stato italiano si preoccupa in modo particolare dell'ordine pubblico, in Sardegna. Le basi militari abbisognano di specialissimo ordine per vivere e prosperare. Abbiamo baschi blu antiguerriglia, baschi neri d'assalto, marines d'assalto, paras paracadutati, carabinieri, criminalpol, questurini e altre innumerevoli specie militari provenienti da ogni parte del continente, nazionale ed esteri - come i tabacchi.
Nei nostri paesi mancano i cessi e le fogne - ci sono le caserme e le questure. mancano le scuole e gli ambulatori - ci sono i commissariati e le carceri. Mancano i posti di lavoro e le case - ci sono le basi NATO e i missili e i carri armati.
A occhio e croce si può calcolare che per ogni sardo disoccupato che emigra nel continente, c'è un poliziotto e ci sono due militari che sbarcano nell'isola. A conti fatti, in dieci anni, sono emigrati non meno di trecentomila sardi.
Quale sia il costo che il popolo italiano deve pagare per la gestione degli impianti e per gli armamenti d'uso nel CAUC di Teulada non è dato sapere. Certamente è una somma di miliardi che basterebbe per far vivere di rendita tutti gli abitanti dell'isola. Le sole prime opere di recinzione, e casermette, sono costate oltre tre miliardi di lire nel 1960. E ancor più costa all'economia della zona, agli abitanti che pagano ogni giorno, cacciati dalle campagne e dalla costa dove svolgevano il loro lavoro.
Anche qui i militari hanno creato il deserto. dai velenosi viluppi dei cavalli di Frisia si intravvede uno scenario apocalittico: i ruderi delle case contadine smantellate dagli obici dei cannoni si alternano alle voragini dei crateri aperti dalle granate; piante divelte e cespugli carbonizzati fra le pareti rocciose frantumate - dove dieci anni or sono sorgevano villaggi di pescatori e di pastori, vallate di pascoli, colline folte di vegetazione.
A Capo Teulada si trovano concentrati i campionari delle più moderne macchine belliche per l'addestramento pratico delle unità italiane, della NATO e degli USA, che vi si alternano incessantemente. Una fiera dove si ammirano gli half-tracks, i semicingolati per il trasporto veloce delle fanterie; i mezzi anfibi dei reparti lagunari, dotati di elicotteri secondo gli schemi americani; i carri armati pesanti M-47 che sostituiscono i vecchi Sherman; i carri medi M-24; dovrebbero arrivare i modernissimi mastodonti M-48 costruiti appositamente per fronteggiare i sovietici T-34 (non ancora arrivati, gli M-48, perché dopo essere stati montati nei cantieri di Genova, ci si è accorti che non c'è ferrovia o strada in Italia che li contenga). Intanto i generali della NATO premono - con ammirevole spirito nazionalistico - sui rispettivi governi europei per la costruzione e adozione di un carro armato prodotto dal MEC, per non dipendere sempre dagli USA.
La libidine bellica degli stati maggiori non ha fondo. Riferendosi al CAUC di Teulada, essi sostengono che l'artiglieria è tutta da ammodernare, che «le impetuose esigenze di mobilità e manovrabilità connesse alla strategia atomica» impongono anche all'Italia «il potenziamento delle forze corazzate e blindate». E con cipiglio autoritario ribadiscono il principio: «non esiste una difesa a buon mercato». E hanno ragione. A buon mercato esiste soltanto la pelle dei sardi venduta agli interessi dell'imperialismo capitalista.
Il 1965 è l'anno delle grandi manovre nel CAUC. E' il momento in cui cominciano ad allarmarsi i partiti dell'opposizione.
Scrive una rivista socialista:

“Due paracadutisti inglesi non parteciperanno più alle manovre di capo Teulada… I due soldati sono stati protagonisti del solo incidente avvenuto nel corso delle grandi manovre che il battaglione del The Duk of Edimburgh's Royal Regiment sta effettuando nel più importante poligono di tiro d'Europa, in quanto è l'unico che consenta esercitazioni combinate in mare e in terra…
Fino a qualche giorno fa c'erano stati gli americani. I marines. Spari, scoppi, ordini urlati, sbarchi simulati, con i caccia che sfrecciavano sopra le teste. I soldati italiani avevano fatto appena in tempo a riassestare alla bene e meglio il terreno, arato dai cingoli dei carri armati bucherellato dalle bombe dei mortai, quando sono arrivati gli inglesi. 500 uomini con l'elmetto a scodella, sbarcati dalle Walkerton, Stobbington. Sono venuti da Malta agli ordini del generale Frost, comandante delle truppe di stanza a Malta e in Libia…
La prima parte delle manovre, che dureranno fino alla fine del mese si è accentrata su un addestramento di fanteria con una lunga marcia notturna da Capo Teulada, attraverso Sant'Anna Arresi, fino a Santadi (100 chilometri circa) grosso centro dell'Iglesiente, dove hanno pernottato all'addiaccio…
Nei prossimi giorni, le truppe prenderanno parte anche ad una esercitazione di bombardamento navale svolta da tre dragamine che hanno gettato l'ancora in un'insenatura di Capo Teulada. L'esercitazione navale sarà controllata da terra da osservatori avanzati del 3° Troop Royal Artillery. A conclusione delle manovre è prevista anche una esercitazione di appoggio aereo, in un simulato attacco navale, con voli radenti da parte di velivoli della RAF di base a Malta. Gli inglesi quindi ripartiranno, e arriveranno nuovamente gli americani e i tedeschi…
A Capo Teulada non vi è più posto per i pastori con le greggi e i contadini con gli aratri… il poligono di tiro è divenuto con i recenti lavori di ampliamento, il più attrezzato e il migliore d'Europa… Le zone militari in Sardegna aumentano quindi il loro prestigio: nessuna preoccupazione per il turismo che va in malora e per città come Cagliari il cui centro urbano annovera tra gli altri monumenti, poligoni di tiro, depositi di carburante e di munizioni…” («Sardegna Oggi», 28 gennaio 1965).

Scrive sulle stesse grandi manovre una rivista comunista:

“I comandi americani, inglesi, canadesi e tedeschi hanno risolto, grazie al pronto aiuto del governo italiano, una difficoltà che li angustiava già da qualche tempo: quella di trovare lo spazio utile per le manovre militari delle truppe della NATO. Spiagge deserte, immense distese, luoghi disabitati: ecco quanto occorreva per le esercitazioni di guerra. La Sardegna si adatta notevolmente alle esigenze degli alti comandi. Ed ecco quindi le truppe alleate sbarcate nell'isola. c'è tutto quel che occorre. Spazio per il tiro missilistico, spazio per le esercitazioni dei reattori, zone libere per gli sbarchi e per il lancio dei paracadutisti…
E' informato di questo rilancio sulle nostre zone dei piani strategici americani e inglesi il nostro Parlamento? Sappiamo bene che no. La militarizzazione dell'isola è portata avanti in assoluta clandestinità ed eludendo ogni controllo democratico. Nella zona di Teulada sono stati espropriati oltre settemila ettari di terreno ed una intera frazione, Foxi, ha dovuto essere evacuata della popolazione. Gli agricoltori scacciati dalle terre sono stati ridotti a mal partito, come essi stessi hanno scritto in un esposto: «Ci siamo attenuti all'ordine di sgomberare, e pertanto oggi siamo senza terra, senza bestiame, senza lavoro e senza casa». A questi contadini non è rimasta altra prospettiva che l'emigrazione. A centinaia i lavoratori sono partiti da Teulada e dai paesi vicini. Così è stato creato quel deserto che la NATO ha occupato…” («Rinascita Sarda», 15 febbraio 1965).
Gli abitanti dei paesi ai margini della base, che sono rimasti, stanno certo peggio di quelli che sono partiti - alla difficoltà di trovare un lavoro con cui sfamarsi si aggiunge il pericolo di vedersi piovere addosso qualche granata uscita fuori dalla linea della parabola di tiro prestabilito.
C'è davvero mancato un soffio che Santino Diana - un emigrato tornato al suo paese per nostalgia - non ci lasciasse la pelle fra le granate uscite dal CAUC e arrivate a Porto Pino. Questa località, aperta ai civili, dovrebbe essere una «fascia smilitarizzata» incuneata nell'area del poligono che va da Teulada a Sant'Anna Arresi.
Santino Diana e altri protagonisti della brutta avventura raccontano:

“Oggi, seduti con della birra fresca a portata di mano la cosa sembrerebbe un'avventura divertente, ma vi confesso che il giorno ho avuto una terribile paura… Erano le 15,30. Avevamo già pranzato. Con mia moglie, i miei bambini e mia sorella Anna ci stavamo inoltrando sotto i pini. Appena percorsi una cinquantina di metri, ad una distanza molto ravvicinata succedeva il finimondo: un'enorme vampata e uno scoppio tremendo, un grosso pino si schiantava alla base. Le schegge dei proiettili si conficcavano sui tronchi degli alberi e si perdevano verso il mare. Terrorizzati, con mia moglie, e i piccoli in braccio, via di corsa nella direzione opposta a quella delle cannonate. Ci ritrovammo a terra abbracciati e fortunatamente illesi, mentre altri tre o quattro proiettili sibilavano sulle nostre teste e, oltre la pineta, scoppiavano dopo qualche istante nella scogliera Porto Pinetto”.

Se l'è vista brutta anche il pescatore Silvio Porcu, di Porto Pino:

“Pescavo a tre miglia al largo della zona di divieto. Mentre tiravo le reti con il pescatore Ignazio Sirigu ed altri, non erano ancora le 16, sentimmo tremendi scoppi nella pineta e nella scogliera… Da quando hanno impiantato la zona militare a noi pescatori ci hanno condannato a morire di fame… Non c'è pace. L'estremo bisogno delle famiglie, le cambiali dell'ufficiale giudiziario, i divieti delle autorità militari, ed ora anche le cannonate…”

Silvio Porcu prosegue:

“Questa è una guerra vera. Questa è una guerra che quando non si vince con l'assedio o con la fame allora si passa alle cannonate e giocoforza ci toccherà sloggiare. Governo e Regione di noi se ne fregano” (Le tre testimonianze sono state raccolte da «Rinascita sarda»).

Con sempre maggiore frequenza - in rapporto al maggiore impegno bellico che gli USA vanno assumendo nel sud-est asiatico - Capo Teulada è teatro di esercitazioni e manovre combinate aria-terra-mare per la sperimentazione di nuove tecniche e nuove armi.
Per i primi giorni di maggio del 1969 sono previste spettacolari manovre aeronavali. Vi partecipano, USA, le nazioni europee della NATO e, stavolta, anche Grecia e Portogallo.
Il «Corriere della Sera» ne dà notizia con un servizio speciale intitolato Sbarco in Sardegna che il corrispondente di guerra Max David stila con piglio eroico stando a bordo dell'incrociatore lanciamissili Andrea Doria.
Le forze aeronavali della NATO, dopo una serie di manovre nelle acque del Mediterraneo centrale, convergono verso le coste Sarde e a Capo Teulada chiudono il programma con uno sbarco d'assalto.

“Una forza avanzata o avanguardia del gruppo anfibio (unità italiane e americane) - spiega il corrispondente di guerra del «Corriere» - è destinata ad aprire la strada ai reparti che, al momento opportuno, tenteranno uno sbarco in Sardegna… Si tratta per questo gruppo, di distruggere le installazioni difensive costiere, di liberare le spiagge dalle mine e dai reticolati… e di spianare il terreno agli uomini del battaglione San Marco che improvvisamente irromperanno sulla costa”.

Il collettivo operai-studenti del movimento studentesco di Cagliari reagisce con un ciclostilato:

“Le truppe della Grecia dei colonnelli e del Portogallo fascista si apprestano a sbarcare sulla costa sarda. Lo sbarco previsto per ieri e rinviato per il maltempo fa parte del piano di manovre della NATO, piano che vede affiancati reparti della Grecia, del Portogallo, dell'Italia, della Gran Bretagna e degli Stati Uniti.
Ancora una volta l'Italia è schierata nel fronte comune dell'imperialismo, a fianco di dittature violatrici di ogni principio di libertà.
Venti anni fa gli interessi monopolistici della grossa borghesia italiana portavano l'Italia a far parte della NATO e ad assoggettarsi così alla politica reazionaria e imperialista degli Stati Uniti.
Dietro il paravento del contenimento mondiale del comunismo, della difesa contro il dilagare del pericolo rosso, in realtà la NATO è tutt'oggi un formidabile strumento al servizio della strategia imperialista americana. Quella strategia imperialista che ha portato all'aggressione del Vietnam, ma che vede coinvolti nello stesso piano di repressione, di sopraffazione e di sfruttamento Brasile e Grecia, Portogallo e Turchia, Indonesia e San Domingo.
Dal 1949 ad oggi la volontà dei governi centristi e dell'attuale governo di centro-sinistra, complici delle oligarchie monopolistiche ha reso l'Italia partecipe di tale strategia. E' ORA DI DIR BASTA ALLA NATO!
La lotta contro la NATO è nel nostro paese un punto di forza nella lotta antimonopolistica e antirepressiva. Dir NO alla NATO significa dir NO alla intensificazione dello sfruttamento, alla scuola autoritaria, alla emarginazione sempre crescente di interi strati sociali.
La lotta per la democrazia nelle fabbriche e contro la repressione nelle scuole non a caso incontrano sulla propria strada la NATO e l'apparato poliziesco dello stato.
La lotta contro la NATO diventa così la lotta per l'affermazione della democrazia nel nostro paese. NO ALLA SARDEGNA PORTAEREI USA. NO ALLA NATO. 1 maggio 1969.

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