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Indice articoli


CAPITOLO SESTO

I CENTRI DI CULTURA POPOLARE - ESPERIENZE

1 - L’unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo

L’UNLA nasce il 5 dicembre 1947 raccogliendo l’eredità della Associazione nazionale per gli interessi del Mezzogiorno (fondata da Giustino Fortunato nel 1910 e poi integrata dal fascismo) e in concomitanza alla legge che istituisce nello stesso anno la scuola popolare (D.L. 17.12.1947 n. 1599 ratificato dalla legge n. 326 del 16.04.1953).

L’art.1 della legge 16 aprile 1953 dice:

«E’ istituita una scuola popolare per combattere l’analfabetismo, per completare l’istruzione elementare e per orientare alla istruzione media e professionale.  La scuola  gratuita, diurna e serale, per giovani e adulti, e viene istituita presso le scuole elementari, le fabbriche, le aziende agricole, le istituzioni per emigranti, le caserme, gli ospedali, le carceri e in ogni ambiente popolare, specie in zone rurali, in cui se ne manifesti il bisogno».

Se lo Stato avesse attuato integralmente, rispettando lo spirito della legge e con adeguati mezzi e metodi il disegno di alfabetizzare il popolo attraverso i corsi previsti (corsi A), di completare l’istruzione elementare (corsi B) e di dare un orientamento professionale (corsi C), l’UNLA sarebbe stata un doppione e non avrebbe avuto motivo di esistere se non come Ente privato che fiancheggia l’opera pubblica.
E’ tristemente noto, invece, il pressapochismo, l’assoluta mancanza di strutture e di mezzi, l’impreparazione dei docenti (rilevati nella massa dei giovani disoccupati della categoria magistrale) della scuola popolare e il consuntivo decisamente fallimentare dell’iniziativa statale, risultata in pratica, come tante altre, un carrozzone di sottogoverno, un serbatoio di voti per il partito clericale al potere.
In questa realtà, l’UNLA ha bene o male avuto una propria funzione e ha dimostrato di saper meglio assolvere allo stesso compito della ventilata scuola popolare.  Ciò anche per la maggiore apertura dell’UNLA alle istanze socio-culturali delle comunità:  i Centri dell’Unione, per la stessa spinta dei frequentanti, non si limitavano al problema dell’alfabetizzazione ma finivano per diventare un luogo di incontro e di dibattito di problemi socio-affettivi, socio-economici e socio-politici del gruppo e quindi della stessa comunità.
In Sardegna l’UNLA inizia le attività nel 1950 istituendo i Centri di cultura popolare a Bono e a Siniscola.  Quindi, si diffonde, nel 1951, con la istituzione dei Centri di Santulussurgiu, Fonni (chiuso nel ‘52), Orgosolo (chiuso nel ‘52), Orune (chiuso nel ”58), Ossi (chiuso subito dopo l’apertura, nello stesso ’51) e Porto Torres (chiuso nel ’53).  Nascono poi, nel 1952, i Centri di Ittiri, Tonara (chiuso nel ’61) e Calangianus (chiuso l’anno successivo, ’53).  E ancora:  nel 1957, Bauladu;  nel ’58, Bonarcado, Bosa, San Nicolò di Arcidano, Terralba e Sedilo (chiuso nel ’60);  nel 1959:  Muravera, Oristano e Samugheo (chiuso nel ’62);  nel 1960:  Giba e Tempio Pausania;  nel 1961:  Riola Sardo (un centro che i sostenitori del Progetto S. dell’OECE considerano promosso per loro intervento).
L’attività sociale e assistenziale dell’UNLA interessa circa 32.000 persone.  Tutti i Centri sardi operano in locali presi in affitto dall’Unione.  Fa eccezione il Centro di Santulussurgiu, per il quale - con il Premio Feltrinelli per un’opera di eccezionale valore umanitario assegnatole dall’Accademia dei Lincei - l’Unione ha acquistato l’edificio che costituisce la sede di quel Centro.
L’UNLA è presente nell’Isola con una quindicina di Centri, prevalentemente dislocati nell’Alto Oristanese.  Interessante rilevare che i Centri aperti nelle Barbagie non hanno avuto vita lunga, né hanno lasciato “eredità di affetti”.  Ciò dovrebbe dare ragione a quanti hanno sostenuto e sostengono la irrilevante importanza della educazione degli adulti istituzionalizzata (cioè di “modificazioni” nella crescita delle popolazioni in senso culturale-politico per intervento di iniziative “esterne”), tanto più nelle comunità dell’interno dell’Isola, che dimostrano di possedere ancora una loro identità culturale.
Per dare un quadro delle attività svolte dall’UNLA in Sardegna si ritiene sufficiente presentare i suoi Centri meglio organizzati, più attivi e che hanno avuto maggiori incidenze nella vita comunitaria.  Questi sono certamente i Centri UNLA di Santulussurgiu e Bauladu (seppure meriterebbe di essere privilegiato, con questi due, il Centro di Bosa, animato da Battista Columbu).  Bisogna riconoscere che i dati positivi riscontrabili in particolare in questi Centri sono anche da attribuirsi alla preparazione, alla sensibilità e alla dedizione dei loro animatori.

Santulussurgiu

Nasce nel 1951.  Inizia la sua attività con 8 corsi popolari.  Si articola in 2 sezioni:  1 culturale generale maschile;  1 culturale musicale.  Nel 1952, si aggiungono alle due sezioni precedenti:  gruppi di cucito;  una sezione di ricamo;  una sezione di storia sarda;  una sezione filodrammatica femminile e una maschile;  una sezione agraria;  una sezione per il cinema;  un comitato per le gite;  un laboratorio di meccanica, uno di falegnameria e uno di legatoria;  la biblioteca e il giornale murale maschile e femminile.  Nel 1954, si aggiungono:  una sezione pre-culturale femminile;  una di igiene;  un gruppo di iniziativa per i problemi del paese;  un corso di educazione per adulti.  Diminuiscono, scendendo a 2, i corsi popolari.  Nel 1955, inizia l’attività sportiva;  si aggiunge la sezione di segretariato sociale maschile.  Nel 1956-57, viene istituita la cooperativa tessitrice e si realizza un corso di lingua inglese.  Inizia la collaborazione con l’amministrazione comunale, per le sedute del consiglio.  Nel ’56, si svolge la prima inchiesta per l’accertamento della situazione dell’analfabetismo nel paese, che dà il 26,41% di analfabeti.  La seconda inchiesta è del 1960 e vede ridotta la percentuale di analfabeti all’8,96%.  Nel 1956-57 i corsi popolari sono 5.  Nel 1960, viene istituito un gruppo autonomo di studio e 5 sezioni culturali, a livelli e contenuti diversi;  vengono avviate 2 sezioni di aggiornamento;  si svolgono 5 corsi pratici.  Alle sezioni di ricamo e di cucito, si aggiungono le maglieriste.  Si realizza un corso professionale di frutticultori e i corsi popolari diventano 10.  Nel 1961 i gruppi autonomi svolgono attività civica e collaborano con la commissione economica comunale;  le sezioni culturali, a livello diverso, sono 4;  le sezioni di aggiornamento 2;  sono all’opera 4 sezioni di insegnamento pratico;  i corsi popolari salgono a 11;  viene istituita una sezione permanente sperimentale di analfabeti;  vengono svolti 2 corsi CRACIS e funziona una sezione di aggiornamento per collaboratori.
Così il dirigente Francesco Salis, traccia la storia del Centro di Santulussurgiu:

«Il centro...  è nato con il desiderio di mutare le condizioni di arretratezza economica e sociale che sono il patrimonio, vecchio di secoli, della più gran parte dei paesi sardi.  Prescindiamo da ogni questione teorica sulla natura e sulle cause di tali condizioni, cose che per altro sono state messe a nudo con esatta chiarezza nelle opere di economisti e di sociologi, e accettiamo il principio che alla base di ogni progresso e di ogni benessere devono stare degli uomini culturalmente e socialmente capaci di realizzare e di mantenere quelle condizioni che la vita moderna impone, senza le quali non si può sperare nella rinascita del nostro paese e della nostra Isola.
Con questo spirito...  incominciò il nostro lavoro, in un paese che contava un migliaio di analfabeti, dove prosperava l’analfabetismo di ritorno, dove l’agricoltura è quasi impossibile, l’allevamento brado soggetto alla precarietà delle annate e alle razzie degli abigeatari, il commercio inesistente, l’artigianato in crescente declino, l’emigrazione, sola speranza aperta ai giovani, in continuo aumento.»(1)

Il “prescindere sulla natura e sulle cause” della situazione di arretratezza in Sardegna, appare già come una scelta di carattere ideologico, propria dell’UNLA;  la scelta cioè di un intervento socio-educativo “non contaminato” da impegni politici, di tipo esclusivamente tecnico seppure improntato a un certo umanitarismo assistenziale e paternalistico.  Si arriva così a diagnosi sulla tragica situazione dell’allevamento a Santulussurgiu, dovuta alla “precarietà delle annate” e alle “ladronerie” degli abigei, ignorando che sono le due componenti sfruttatrici del sistema capitalistico-coloniale, il latifondista che affitta ad alto costo i pascoli e l’industria casearia che rapina il prodotto del lavoro, che immiseriscono l’allevatore di Santulussurgiu e della Sardegna e producono “l’arretratezza” economica e culturale.
Continua Francesco Salis:

«L’attuale situazione economica di Santulussurgiu è pressoché identica a quella del secondo dopoguerra immediato.  Sebbene il tenore di vita degli abitanti sia più elevato a quello di dieci o dodici anni fa (anni 50), non si può dire che ci sia stata una espansione della economia del nostro paese.
Non si sono create nel decorso decennio nuove fonti di lavoro, l’incremento del reddito è stato irrilevante.  I dati relativi alla emigrazione dimostrano chiaramente il mancato sviluppo economico.
Molto diverse erano le condizioni sociali e culturali della popolazione lussurgese:  numero elevato di analfabeti, adulti e giovani, nessuna possibilità di occupare proficuamente il tempo libero, scarsissima sensibilità per i problemi locali.
Anche tra di noi, maestri e studenti, non c’era nessuna attività culturale.  Passavamo la maggior parte delle ore libere nella sede del Circolo di lettura, ma intenti soprattutto a giocare a carte.  Per non restare completamente inattivo mi ero dedicato a riordinare la biblioteca popolare presso le scuole elementari.
Intanto, nei periodi di vacanza, un giovane professore di filosofia, Diego Are, reduce dai campi di concentramento della Germania, si sforzava di distoglierci dall’apatia e dal disinteresse, di cui erano piene le nostre giornate, cercando di allargare il nostro orizzonte culturale...  Il lavoro di Diego Are, per quanto non abbia diretta relazione con l’istituzione del Centro, fu utile per il Centro stesso, perché servì a sensibilizzare un gruppo di persone del luogo che in seguito furono i primi collaboratori del Centro.
L’istituzione di questo, poi, fu dovuta, in parte, a una serie di fortunate coincidenze:  un incontro con il prof. Graziano Camillucci, nel 1950, durante un convegno didattico a Cagliari, mi offrì l’occasione di partecipare ad un corso per insegnanti elementari che si tenne a Locarno.  Qui conobbi la signora Lorenzetti e sentii parlare del lavoro che l’UNLA andava svolgendo nel Meridione d’Italia.
Rientrato in paese, mi dedicai di nuovo al mio normale lavoro nelle scuole elementari ed a quello di incaricato locale della biblioteca comunale.  Intanto accettai l’invito fattomi dal parroco di prendere la presidenza dell’Azione Cattolica e di tenere lezioni di catechismo agli iscritti.  Mi accorsi però che molti giovani avevano necessità di imparare a scrivere e a leggere.  Perciò, oltre alle normali riunioni dell’Azione cattolica iniziai a tenere delle vere e proprie lezioni scolastiche, specialmente di storia della Sardegna:  un giorno alla settimana, il giovedì, nella stessa casa parrocchiale.  L’iniziativa ebbe successo.  Il numero dei giovani andò sempre crescendo, tanto che ritenni più opportuno riunirli, anziché nel salone parrocchiale, nella stanza adibita a biblioteca popolare, della quale potevo disporre a mio piacimento.
Nel frattempo accadde un fatto che servì da presupposto per la creazione del Centro.  Un corso per frutticultori, organizzato dall’Ispettorato agrario di Oristano, rischiava di non essere neppure iniziato data l’impossibilità di reperire una sede per le lezioni e un ripostiglio per gli attrezzi...  Il Comune, infatti, non aveva locali disponibili.  Invitammo perciò gli iscritti al corso a servirsi della biblioteca popolare come loro sede;  anzi, ci impegnammo a propagandare l’iniziativa e a procurare nuove adesioni.
In questa occasione trovammo la possibilità di avvicinare persone che non avevano ancora frequentato le nostre riunioni serali, di conoscere i loro interessi, chiari ed evidenti, i desideri, le aspirazioni.  Le cose andavano di bene in meglio, la frequenza cresceva e così pure l’impegno e l’attenzione.
Questi contatti con gli adulti ci convinsero maggiormente della necessità di continuare il nostro lavoro;  non solo, ma anche di ricorrere all’Unione nazionale per la lotta contro l’analfabetismo, per avere consigli ed aiuti.  Come risposta fui invitato a partecipare ad un corso per dirigenti di Centri di cultura popolare, che si tenne a Roma nel marzo-aprile 1951.  Ero l’unico partecipante che non avesse la qualifica di dirigente e che non aveva mai lavorato in un Centro di cultura popolare...  non avevo la minima idea delle attività che si sarebbero dovute svolgere in un Centro.  “Lei faccia come vuole:  lavori...  Veda lei, insomma” - mi disse la signora Calogero.
Di ritorno a Santulussurgiu, due fatti ci offrirono l’occasione di sviluppare il nostro lavoro e di richiamare un gran numero di persone.  Un gruppo di ragazzi che dovevano sostenere un esame per l’arruolamento volontario nell’Arma dei carabinieri mi chiese se potevo tenere alcune lezioni di grammatica italiana e di aritmetica, a pagamento.  Accettai volentieri gratuitamente;  anzi li invitai a far venire anche i loro amici.
Un giorno poi accennai all’esistenza della stenografia.  Si dimostrarono tutti molto attenti e ansiosi di riuscire a scrivere rapidamente...  In seguito alla loro richiesta dedicammo quindi un giorno della settimana all’insegnamento della stenografia.  Fu anche fatto diffondere un bando e vennero affissi dei manifesti.  Le adesioni furono moltissime.  Di fatto il Centro era già sorto - mancava soltanto l’autorizzazione ufficiale dell’UNLA.
I locali della Biblioteca popolare intanto cominciavano a diventare insufficienti.  Nel frattempo il dottor Antonio Cossu, io ed alcuni altri giovani allestimmo una mostra dell’artigianato lussurgese (luglio 1951).  Non potendo reperire altri locali, dovemmo accontentarci dello scantinato delle scuole elementari in stato di completo abbandono da molti anni, rifugio sicuro dei topi e cimitero dei gatti.  I frequentanti delle lezioni serali si occuparono di ripulire i saloni in modo da poter ospitare la mostra.  E grazie al dinamismo di quei giovani si riuscì ad alloggiare l’esposizione in locali decenti.  Quasi come premio di questo lavoro di risanamento il provveditore agli studi di Cagliari, venuto in paese per visitare la mostra, ci concesse l’uso dello scantinato.
Nello stesso mese di luglio arrivò anche l’autorizzazione ufficiale dell’UNLA.  Nel novembre del 1951 ebbe inizio l’attività delle sezioni femminili.  Sino a quel momento, infatti, avevano frequentato il Centro solo uomini.  L’apertura delle sezioni femminili provocò le prime difficoltà.  Infatti non tutti in paese vedevano di buon occhio il tentativo di rottura con le vecchie concezioni per cui alle donne era permesso soltanto di occuparsi delle faccende domestiche, senza poter partecipare attivamente alla vita della comunità...  L’accusa principale che veniva rivolta contro la nostra giovane organizzazione era che il Centro, permettendo la frequenza delle ragazze, favoriva la promiscuità offrendo l’occasione di atti immorali...»(2)

Salis dà una testimonianza umanissima della militanza comunitaria di quelli che sono stati i misconosciuti pionieri sardi della educazione popolare;  c’è nella rievocazione umiltà e orgoglio insieme, entusiasmo e commozione, e parrebbe quasi irrispettoso nei confronti di chi ha dedicato tutta una vita a un compito qui da noi “missionario”, muovere critiche - tanto più a posteriori - sulla ideologia, sui metodi, in una parola sulla impostazione del lavoro educativo svolto nella comunità.  Tuttavia non posso sottacere (come non ho taciuto in quegli anni, fraternamente) che trovo estremamente negativo quel continuo rivolgersi alla “propria” gente per “dare” qualche cosa che “si presume importante”.  Il paternalistico-assistenziale intervento di “dottori”, “parroci”, “provveditori” e intellettuali di vario livello nella gerarchia degli “eletti”, ha certamente influenzato negativamente una iniziativa che avrebbe dovuto invece sorgere spontaneamente, autonoma, gestita dalle stesse componenti della comunità.  La preparazione di futuri carabinieri e la conoscenza della stenografia - che risultano i due primi “centri di interesse” nella storia del Centro UNLA di Santulussurgiu, dimostrano quanto i promotori dell’iniziativa fossero lontani dai problemi reali della loro comunità.  Ancor più illuminanti i programmi che si sono svolti nel Centro.  Valga per tutti questo esempio di svolgimento delle lezioni di un “centro di interesse” annuale (“argomento base”) realizzato nel 1956-57 per cicli in una sezione culturale del Centro in esame:

Argomento base:  il nostro paese Santulussurgiu.
Primo ciclo (7/11 ottobre) Letteratura italiana:  un lussurgese tra i personaggi della tragedia dannunziana “Più che l’amore”.  Lettura e commento delle scene ove agisce il personaggio di Rudu, che rivela, attraverso le sovrastrutture di una pesante retorica i pregi e i difetti della nostra gente.
L’interesse dei centristi per l’argomento è stato assai vivo, perciò sono state bene accette le notizie sulla vita di G. D’Annunzio, e la lettura, dettatura e commento delle sue poesie:  “Settembre” e “Consolazione”.
Secondo ciclo (15/18 ottobre) Civica:  il nostro paese e le cooperative.  Presentazione e commento degli statuti delle cooperative di lavoro, di servizio, di consumo esistenti ed esistite nel nostro paese.  Notizie sul cooperativismo in generale.
Grande interesse e animate discussioni.
Terzo ciclo (22/25 ottobre) Aritmetica e geometria pratica:  risoluzione di problemi di calcolo tratti dalla vita reale dei centristi nell’ambito della nostra economia e proposti dai centristi medesimi.
Quarto ciclo (29/31 ottobre) Lingua italiana:  esercizi collettivi di traduzione in italiano delle più ricorrenti espressioni dialettali tipicamente lussurgesi.
Quinto ciclo (5/8 novembre) Scienze:  le campagne del nostro paese.  Evoluzione della morfologia terrestre (cause endogene ed esogene);  l’atmosfera (aria, temperatura, pressione, i venti, le nuvole e le precipitazioni);  clima del nostro paese.
Sesto ciclo (9/14 novembre) Civica:  i requisiti mutualistici delle cooperative.  La cooperativa, la famiglia e la società.  I principi di Roodhale.  Leggi e previdenze in favore delle cooperative.
Settimo ciclo (15/19 novembre) Italiano:  compilazione di relazioni e domande agli uffici del paese ed agli Enti pubblici.
Ottavo ciclo (20/25 novembre) Civica:  elezioni degli organismi democratici del Centro.  Votazione del regolamento elettorale.  Presentazione delle liste dei candidati.  Votazioni, scrutini.
Nono ciclo (26/30 novembre) Letteratura italiana:  un grande poeta sardo contemporaneo di Gabriele D’Annunzio:  Sebastiano Satta.
Decimo ciclo (1/7 dicembre) Letteratura italiana:  continuazione del ciclo precedente.
Undicesimo ciclo (10/15 dicembre) Storia:  lettura e commento del volume “Sette fontane” scritto da un lussurgese, Giuseppe Massaridda, e contenente una interessantissima monografia sul villaggio distrutto di San Leonardo, frazione di Santulussurgiu.  La chiesa di San Leonardo (periodo di fondazione, il medioevo in Sardegna;  Pisa e le repubbliche marinare;  lo stile romanico e gli altri stili).  Le adiacenze della chiesa.  L’ordine di San Giovanni di Gerusalemme.  La morte di Guelfo della Gherardesca.  I documenti relativi alla storia di San Leonardo.  Lo spopolamento.  La commenda.  La cappellania.  La distruzione della foresta.
Dodicesimo ciclo (16/23 dicembre) Continuazione del ciclo precedente di storia.
Tredicesimo ciclo (2/5 gennaio) di conferenze di attualità:  si è tentato un esperimento di conferenze alle quali hanno partecipato, oltre i centristi di tutte le sezioni, numerosi altri cittadini.  Si è osservato il seguente calendario:  2 gennaio:  Agricoltura nel Montiferro (dott. Paolo Pili);  3 gennaio:  il Consorzio di bonifica:  che cosa è, i vantaggi che possono derivarne per la nostra zona (dott. Giovanni Mura);  4 gennaio:  la cooperazione (prof. Stelio Bacchiorrini, preside della scuola professionale statale per l’agricoltura di Banzos, Santulussurgiu);  5 gennaio:  Lineamenti di storia lussurgese (Cherchi).
Quattordicesimo ciclo (7/11 gennaio) Aritmetica e geometria pratica:  risoluzione di problemi di calcolo tratti da difficoltà reali incontrate dai centristi nell’esercizio del loro mestiere.
Quindicesimo ciclo (15/18 gennaio) Computisteria e contabilità:  calcoli rapidi e proporzioni (l’amministrazione domestica).
Sedicesimo ciclo (22/25 gennaio) Agraria:  concimi, concimazioni e concimaie.  L’umus.  La legge della restituzione (argomenti riferiti all’agricoltura del nostro paese ed ai suoi terreni).»
Per concludere la presentazione del Centro UNLA di Santulussurgiu, si riportano alcuni stralci delle osservazioni dello stesso dirigente Salis sulle attività svolte:

«E’ apparso chiaro fin dal primo momento delle nostre attività che il Centro di cultura popolare, sorto spontaneamente quale frutto di una profonda e sincera esigenza della nostra popolazione, non poteva limitarsi ad orientare la sua opera esclusivamente verso la lotta contro l’analfabetismo strumentale e a caratterizzare il suo lavoro come un freddo, unilaterale e stagionale intervento in favore dell’analfabeta in quanto tale.
Fin dai primi incontri con coloro che noi chiamiamo i nostri centristi, è subito risultata chiara la necessità di impostare tutta la nostra azione didattica sul concetto della formazione integrale della persona umana, concetto che presuppone una relazione con l’adulto assai più completa e profonda di quella che comporta in genere la scuola, intesa nel suo significato tradizionale, e che presuppone quindi la creazione intorno ad esso di un ambiente a carattere comunitario in cui l’adulto possa non solo trovare la risposta alle sue necessità evidenti o no di carattere culturale, civile, sociale, morale, ricreativo...  ma nel quale possa donare affabilmente ai compagni l’aiuto che la sua preparazione gli consente di dare...»

Passando ai rapporti di collaborazione con altri Enti, Salis fa riferimento alla esperienza con il Progetto Sardegna dell’OCSE (OECE):

«In modo speciale il Progetto Sardegna dell’OCSE/AEP, operante nella zona, ha visto utilizzati i suoi interventi di consulenza tecnica e commerciale nel nostro paese grazie allo spirito di iniziativa e di sacrificio delle centriste, le quali, frequentanti da vari anni e conseguentemente assai affiatate e socialmente pronte, hanno dato vita alla prima vera e propria cooperativa di tessitrici sorta in Sardegna e a una cooperativa tra allevatrici di animali da cortile.  Queste società, per essere nate in seno al Centro, sono considerate, nonostante la loro personalità giuridica privata, come una naturale propaggine del Centro stesso, e per ciò continuamente seguite e sorrette.»(3)

La lotta a suo tempo combattuta tra OECE e UNLA per aggiudicarsi la paternità di alcune iniziative cooperativistiche sorte a Santulussurgiu si colora di tinte umoristiche, nascondendo in concreto la necessità per ambedue gli enti di giustificare in qualche modo i contributi ricevuti da quel singolare “appaltatore” di servizi sociali che è lo Stato italiano.  Per quel che si sa dell’OECE e dell’UNLA, il merito delle iniziative cooperativistiche nell’artigianato va certamente a quest’ultima;  mentre l’idea di costituire cooperative di allevatrici di polli è una esclusiva dell’OECE, sulla cui vocazione di “massificare i polli ruspanti sardi” è sorta perfino una letteratura.  (4)
Interessanti i rilievi sulla “collaborazione volontaria”.  Salis dice:

«La collaborazione degli studenti e dei professionisti del luogo è stata sempre volontaria.  Essa ha avuto una grande importanza perché l’opera educativa del Centro si è potuta realizzare pur non disponendo quest’ultimo di possibilità finanziarie adeguate.  Inoltre, e questo è ancora più importante, la collaborazione volontaria...  ha costituito un nobilissimo esempio di altruismo e di dedizione al bene comune, che, dal punto di vista dell’educazione degli adulti riveste un valore fondamentale...»

Il valore del mutualismo diventa una impostura nel contesto di iniziative promosse da enti i cui vertici ricevono dallo stato cospicui contributi.  i concetti “nobilissimi" di Salis, d’altro canto, sono contraddetti da ciò che egli stesso dice appresso:

«Dobbiamo dire che il Centro ha usufruito ben poco della collaborazione data dai corsi ai collaboratori, perché, questi, dopo un periodo più o meno lungo di permanenza nel Centro, spinti soprattutto dalle loro esigenze professionali, sono stati costretti ad allontanarsi e a farsi sostituire da altri...  Ci permettiamo di dedurre da questa situazione una considerazione tanto amara quanto ovvia che si riferisce alla collaborazione volontaria:  questa, dal punto di vista di una adesione iniziale al lavoro fra gli adulti rappresenta un fatto di efficacia insuperabile.  Però dal punto di vista di un ulteriore approfondimento di questo lavoro, presenta grave insicurezza, dando all’organizzazione un carattere di provvisorietà e genericità...»(5)

Quale influenza e quali modificazioni ha avuto e ha prodotto il lavoro del Centro nella comunità?

«Dopo 11 anni di lavoro, viene spontaneo chiedersi fino a che punto il Centro abbia contribuito nel determinare l’attuale situazione socio-culturale del nostro paese.  Questa domanda nasce dal profondo desiderio di giustificare l’efficacia della nostra presenza nell’ambiente quali persone impegnate in una lotta contro strutture, sistemi, mentalità statici e perciò incapaci di seguire il ritmo della storia.
Avremmo certamente voluto vedere progettati e attuati nella misura del nostro impegno, nella comunità operante del nostro paese, i nostri ideali di una vita il più possibile umanizzata.  Avremmo anche voluto constatare quale sia stato precisamente il merito che ogni centrista dovrebbe attribuire al Centro per la sua progressiva e più chiara presa di coscienza di se stesso e del momento in cui vive.  Sappiamo però che questo è impossibile, perché lo spirito è aperto a tutte le influenze contrastanti dell’ambiente e sfugge ad ogni controllo.
Siamo però convinti che tutte le energie che il Centro ha speso per il progresso del nostro paese non sono state sprecate, anche se non possiamo stabilire la giusta misura della loro efficacia».(6)

Bauladu

Il centro inizia le attività nel 1957 con la istituzione nello stesso anno di corsi popolari, sezioni culturali e un laboratorio di cucitrici.  Il secondo anno, alle iniziative precedenti il Centro aggiunge un corso di educazione per adulti e un laboratorio di falegnameria.  Il terzo anno, oltre le attività dette, organizza un corso professionale (non specificato nel documento).  Il quarto anno, 1960-61, il corso di istruzione professionale viene sostituito con una sezione di aggiornamento.  Dal quinto anno in poi, le stesse attività con aggiunte di corsi professionali.
Il dirigente del Centro UNLA di Bauladu, Italo Ortu, testimonia sulla nascita dell’Unione, l’organizzazione, i rapporti con la comunità, le iniziative:

«Il Centro...  ha una sua singolare storia.  Subito dopo l’8 settembre coloro che avevano trascorso diversi anni nei campi di battaglia cominciarono a far ritorno alla loro casa:  ai primi congedati seguirono, nel 1944 e 1945, i prigionieri di guerra.  Tutti tornavano da una durissima esperienza che aveva fatto crollare tutto un loro mondo di illusioni, di sogni che erano stati fatti nascere in loro e che sono stati alimentati da una distorta formazione, da un’errata impostazione della vita.  Avevano incontrato genti diverse e posto a confronto la propria con l’altrui cultura:  il germe critico aveva iniziato con ciò il suo lento ma salutare lavorio nella coscienza di ciascuno di questi giovani.  Prigionieri di guerra, avevano avuto a disposizione dei libri e in questi avevano iniziato la ricerca delle ragioni del bene e del male che dividevano e sconvolgevano il mondo.  Tornati a casa con grandi speranze e generosi propositi, sentirono ancora il bisogno di alimentare la loro coscienza con la lettura...»

Ritengo più verosimile che questi uomini, più che coscientizzati esasperati dalle esperienze della guerra imperialista, rientrati nella loro terra sentissero non tanto “il bisogno di alimentare la loro coscienza con la lettura” quanto quello di organizzarsi e di battersi concretamente in una nuova guerra:  per la liberazione dalla oppressione e dallo sfruttamento, per la realizzazione di un mondo di uguali.
Un gruppo di giovani - prosegue la storia del Centro - costituisce allora a Bauladu una Biblioteca circolante.  Da questa prima aggregazione sorta sull’interesse alla lettura sorgono, mosse da altri interessi, diverse iniziative:  una squadra sportiva, una filodrammatica e per dare un significato al tempo libero dei cittadini viene chiesta l’istituzione di un centro di lettura.  Nel 1957, con il centro di lettura, i promotori dell’iniziativa chiedono e ottengono l’affiliazione all’UNLA.

«Le prime difficoltà furono di carattere logistico:  per le attività che si intendevano svolgere (una sezione culturale maschile e una sezione femminile con un corso popolare di tipo B) la disponibilità di una sola aula (quella del centro di lettura) era di assoluto impedimento.  In collaborazione con la società Singer si organizzò per le donne un corso di taglio-cucito e ricamo.  Una centrista mise a nostra disposizione gratuitamente una vasta sala della sua abitazione ed il corso ebbe luogo...
Dopo pochi mesi dall’inizio delle attività ci fu comunicato dall’autorità comunale che il locale da noi occupato doveva essere demolito servendo la sua area per la costruzione del nuovo ambulatorio comunale.  Ci fu allora impossibile trovare un locale da prendere in affitto e continuammo le nostre attività per il periodo estivo in casa di un nostro centrista...  Si riusciva intanto a trovare una casa che però per ospitare il Centro andava riparata e adattata...
Nel novembre del 1958 il dirigente del Centro partiva per frequentare un corso sui metodi di educazione per adulti...  al ritorno dal continente...  trovò la bella sorpresa che i centristi gli avevano preparato:  un vecchio locale rinnovato, reso pulito e decoroso, recante una grande scritta:  UNLA-Centro di cultura popolare...
L’inizio dell’attività nei nuovi locali andava festeggiato convenientemente.  I centristi prepararono una briosa festicciola alla quale furono invitate le autorità, i collaboratori, i centristi tutti.  Pavesato di alloro e di bandiere, il nuovo locale fu benedetto dal parroco ed accolse solennemente le attività del Centro».

Le attività svolte, accanto alle due sezioni culturali già citate, sono un corso popolare di tipo A (per analfabeti) frequentato da 18 donne;  potenziamento del laboratorio di cucito;  studi e inchieste d’ambiente sul tema “il nostro comune”;  dimora di piante nel viale di ingresso del paese;  attività culturali:  circoli del cinema e circoli di lettura, cioè visione di film e lettura di libri seguite da una discussione guidata, secondo le tecniche OECE riprese dall’Umanitaria;  esperimentazioni agrarie:  coltura del sorgo in terreni ingrati (salini);  attività ricreative:  sport, organizzazione di una squadra di calcio;  folclore, organizzazione di un gruppo in costume sardo per la partecipazione alle sagre isolane;  infine 8 corsi (dal 1958 al 1963) per analfabeti che vede recuperati 45 analfabeti.  Infine il Centro ha svolto attività assistenziali, in particolare verso propri centristi:

«Ne hanno beneficiato 154 famiglie con la distribuzione di kg 27.091 di farina, kg 8.758 di latte in polvere, 2.688 scatolette di carne, kg 64 di marmellata di pere, kg 1.135 di fagioli, kg 4.800 di grasso vegetale, litri 3.600 di olio vegetale ed un gran numero di indumenti usati e nuovi».

Dal tipo di generi alimentari in elenco non è difficile comprendere che tra l’UNESCO, l’OECE, l’UNLA e la Pontificia Opera di Assistenza ci sono stretti legami di collaborazione:  insieme ai bambini degli asili e delle scuole dell’obbligo, gli adulti sottoposti al processo educativo nei nostri paesi più poveri hanno ingurgitato tonnellate di latte in polvere e di margarina:  una carità dell’imperialismo USA ai Sardi, ripagata dal governo italiano cedendo la nostra terra come area di servizi.  Abbiamo così contribuito a sostenere e a diffondere la civiltà occidentale del dollaro.
In relazione ai risultati conseguiti, il dirigente del Centro UNLA di Bauladu, Italo Ortu, esponente del partito sardo d’azione, scrive:

«Tutta la vita del paese ha sentito l’influenza dell’opera svolta dal Centro.  Le bettole, escluso qualche solitario vecchietto, non sono più frequentate;  lo spettacolo triste e sconfortante degli ubriachi per le vie del paese è ormai definitivamente scomparso.  Si trascorrono le ore libere nei locali del Centro, dedicandole alla lettura di libri, riviste, giornali, partecipando alle conversazioni e discussioni nelle varie sezioni del Centro, prendendo parte ad attività ricreative, ascoltando della musica.  Tutto il tempo libero occupato in attività tendenti al miglioramento della personalità umana ed i giovani sono tenuti lontani dalle vie del male...»(7)

C’è un equivoco moralistico che determina scelte ideologiche estremamente negative nella educazione degli adulti, quando si parla di bettole come sentine di vizi, di ubriachi come di oscenità e di giovani “tenuti lontani dalle vie del male”.  C’è da parte dei dirigenti del Centro UNLA un voler spalleggiare, se non sostituire nelle loro funzioni un po’ la chiesa, un po’ il maresciallo dei carabinieri e un po’ il partito comunista.  C’è un perbenismo bigotto (del tutto estraneo alla dignitosa volgarità della nostra gente) dispiegato per compiacere l’antagonista di classe, la borghesia, per accattivarsene la simpatia e accedere anche in funzione subalterna all’Olimpo del potere e dei privilegi connessi.  Eppure non dovrebbe essere difficile capire, a chi vive nelle nostre comunità, anche se intellettuale, l’importanza della bettola nella vita sociale e culturale del popolo.
In quegli stessi anni e non molto lontano da Bauladu, iniziavo a occuparmi con alcuni compagni di cultura popolare a Cabras.  Prima di costituire un Centro di cultura ci sembrò opportuno conoscere la realtà del mondo che un po’ idealisticamente volevamo aiutare a “crescere”.  Per anni, il nostro lavoro culturale e politico di animazione lo svolgemmo nelle bettole e in piazza.  Più che dare, prendemmo;  più che far capire, capimmo.
Questi che seguono sono alcuni stralci della presentazione in una rivista sarda delle esperienze culturali fatte nelle bettole di Cabras:

(Alla domanda di una banalità provocatoria:  «Lei perché beve», un pescatore di 30 anni, S.N. risponde:)
«Se uno non beve, che cosa fa quando è con gli amici?  A leggere nella Biblioteca?...  Lo so che è una cosa molto bella, che fa molto bene leggere.  Ma quando un povero cristo come me ritorna in paese con le ossa rotte dalla stanchezza, chi ce la fa a leggere?  Me ne vado a svagarmi un poco con un bicchiere di vino insieme agli amici.  Se uno lavora e non può prendersi qualche soddisfazione, allora non è un uomo è una bestia...»
(Il vino è una droga istituzionalizzata che può produrre danni rilevanti alla integrità, all’equilibrio psico-fisico dell’individuo:)
«Ma il vino, in una società basata sullo sfruttamento del lavoro umano, in una società feudale, ha una grande funzione liberatrice.  Il vino diventa materia religiosa di liberazione.
Bisogna viverci con questa gente...  per capire.  Si pensi ai secoli di schiavitù che hanno dovuto subire.  Si pensi alle violenze, agli arbitri, alle umiliazioni, alla galera che hanno dovuto patire...  Sono diventati esseri che hanno vergogna e paura.  Mai saprebbero dire con sincerità ciò che pensano...  Mai riuscirebbero a sputare sulla faccia del padrone, perché hanno ancora il terrore di lui nel sangue.  Ma c’è di più:  senza il vino alcune manifestazioni d’arte popolare, come la poesia e il canto estemporanei, non si estrinsecherebbero.  Tali manifestazioni sono strettamente legate e conseguenti a uno stato di euforia alcoolica.
Il vino, dunque, è molto più di un vizio o di un passatempo.  E’ un mezzo per sentirsi uomini liberi;  è condizione per esprimere - qualunque ne sia il livello - i propri valori...
Esiste nell’Oristanese una vasta e remota tradizione poetica; e, come alle origini della civiltà umana, la poesia  espressa dal veggente (da chi ha bevuto, nel nostro caso) viene ritmata con il canto accompagnato dal nenioso ronfare delle “launeddas”, il remoto strumento a tre canne già usato nel proto-nuragico...
La poesia...  si scopre nella bettola.  Un osservatore affrettato non riuscirebbe a scovarla, legata e nascosta com’è tra il fumo e il frastuono delle osterie...  in essa (poesia)  lo spirito popolare più genuino, con i suoi interessi, le sue superstizioni, le sue sofferenze, la sua morale, le sue ribellioni.
I giovani apprendono nella bettola dagli anziani e si cimentano con il canto estemporaneo, una volta sopraggiunto lo stato euforico.  Alcuni, forse dotati, forse più costanti, divengono celebri nel loro mondo, e sono ascoltati con religiosa attenzione da numeroso pubblico in occasione di sagre e festività varie.  Tali poeti sono contesi nelle “compagnie”, il cui prestigio è dato dalla fama del cantore che vi è inserito.
L’indolenza dell’Oristanese è tale che tutta la produzione poetica andrà perduta con il tempo (quella rintracciabile in loco è conservata nella memoria di alcuni, tramandatasi oralmente di padre in figlio), perché nessuno è capace di fare la fatica di scrivere sulla carta, se per avventura sa come si usa la penna».(8)

Le valutazioni che emergono nell’ultimo capoverso, scritte quasi venti anni fa, mi appaiono inesatte e superficiali.  Non credo proprio, oggi, alla “indolenza” come causa della mancata scrittura della produzione poetica estemporanea e di gruppo e che tale produzione vada perduta se non fissata sulla carta “sacramentale”.
Al contrario ritengo, oggi, che la cultura del popolo abbia una maggiore validità, una più alta espressività umana affidandosi unicamente a moduli orali e corali, e che tramandandosi in forme non scritte (non immobili e fossilizzate) di generazione in generazione si perpetui e si evolva attualizzandosi con l’apporto continuo di nuove esigenze e di nuove esperienze nei contenuti e nelle forme.
Rifiuto come mistificanti e in definitiva reazionari i concetti che derivano dalla definizione di “cultura egemonica e cultura subalterna”, propri della storiografia ufficiale di ispirazione marxista e borghese.  Dove per cultura egemonica si intende quella proposta e imposta dalle élites al potere (con tutti gli attributi positivi), ritenuta conditio sine qua non per la crescita civile e politica del popolo, al quale si attribuisce una sorta di cultura degradata, frammentaria, folcloristica (con tutti gli attributi negativi), incapace di crescere fino a imporsi (magari con le armi, colonialisticamente), a prevalere fino a diventare “egemonica”.
Personalmente credo che al popolo non interessa un accidente (già per il solo fatto che non si pone neppure la questione) di brigare per dare vita a una “cultura egemone”, diversa da quella in cui ciascuno può realizzarsi lasciando gli altri liberi a loro volta di realizzarsi come meglio credono.  Se “cultura civile” vuol dire “capacità di acquisire potere”, cioè di monopolizzarsi sopprimendo le altre forme di cultura (ritenute incivili, primitive, e “subalterne”), io la rifiuto, coerentemente a ciò che fa il popolo.
Io trovo, molto semplicemente, che tra cultura del popolo (volgare) e cultura delle élites al potere (“culta”) si evidenziano espressioni di sostanza e forme differenti e contrapposte, come differenti e contrapposti sono gli interessi, le esigenze, i fini che oppressi e oppressori perseguono.
Sono convinto (pur usando talvolta moduli espressivi ripresi dalla cultura delle élites) che l’uomo si realizzi più appieno, più autenticamente, più liberamente attraverso la tradizione orale, per quel fenomeno di sicurezza sociale che “su connottu” (le regole non scritte ma vissute) dà, di ritrovare se stesso negli altri, e per la possibilità per ciascuno di utilizzare e sviluppare in chiave nuova, individuale e collettiva, le esperienze del passato.
Soltanto i “vangeli”, le leggi che si vogliono imporre agli altri, pena la galera, vengono incise nella pietra, vengono stampate sulla carta.  L’uomo non ha bisogno di leggi scritte per vivere e per amare.
Un bisogno di adesione totale alla mia gente, mediante la riappropriazione della “mia” cultura (accettarla per farla crescere, crescendo), in contrapposizione agli interventi ufficiali nella “mia” cultura, per disgregarla e sostituirla con un’altra presunta di “livello superiore”, è già in me in quegli anni di lavoro nella educazione degli adulti.  Il dubbio sulla validità di modificazioni “civili” operate dall’esterno nella cultura del popolo (che si è conservata nonostante tutto) è chiaro nel brano di chiusura del saggio citato, sul tema “Vino e poetica”:

«Non è un mestiere, qui, quello del poeta.  E’ uno stato d’animo che dura quanto l’effetto euforico di qualche bicchiere di vino.  Forse per questo nessuno si preoccupa di cercarsi carta e penna in un vano desiderio di immortalarsi.  La poesia, qui, - e questo mi pare l’aspetto veramente positivo - è soltanto esercitazione pubblica per esprimere i temi che la scuola della vita assegna a ciascuno.  E chiedo scusa ai cantori di aver rotto, scrivendole, la bellezza genuina delle loro poesie».(9)

2 - L’Associazione italiana per la libertà della cultura

Fra gli Enti e le Associazioni sorti nel secondo dopoguerra e presenti in Sardegna, l’AILC si differenzia per il suo intransigente spirito laico e radicale.  Si è già accennato nella prima parte di questo lavoro alle sue origini e ai principi ideologici che la animano.  E’ sostenuta da un movimento di opinione cui fanno parte intellettuali di estrazione salveminiana, come Nicola Chiaromonte, Ignazio Silone, Enzo Tagliacozzo, Ebe Flamini e altri:  movimento che si diffonde nel Mezzogiorno, in numerose comunità, a opera di intellettuali che danno vita a Circoli autonomi di cultura.

I primi circoli AILC in Sardegna vengono costituiti a Cabras e a Guspini, promossi dallo scrivente.

L’idea di un Circolo AILC a Cabras è del 1959.  L’OECE (OCSE), mobilitando i membri della équipe del settore educazione degli adulti, batte a tappeto la zona dell’Oristanese, alla ricerca di agganci con insegnanti, parroci e intellettuali per portare avanti il suo programma di “sensibilizzazione del fattore umano”, che in pratica si riduce ad affidare corsi del ministero della P.I. con aggiunta di servizi dell’Umanitaria (“circoli del libro”, cioè lettura di libri “montati”, ridotti in «scheda», con discussione) e della FICC (Federazione italiana circoli del cinema), “circoli del cinema”, cioè visione di films “impegnati” e discussione “guidata”.
Gianni Atzori e io, maestri a Cabras, accettiamo di svolgere un primo corso di educazione degli adulti in paese, nell’anno 1958/59, che si tenne nel magazzino del “monte granatico”.  I frequentanti furono 36:  manovali, braccianti, pescatori, artigiani - nessun intellettuale o studente.  Il programma proposto dall’OECE (“L’uomo alla scoperta del mondo”) venne stravolto:  si discusse liberamente di ciò che si voleva;  si finì per parlare di politica e si concluse con l’esigenza di costituire un gruppo che svolgesse attività non episodiche.  Gli scopi di tale iniziativa erano semplici:  trovarsi insieme per parlare dei propri problemi, di quelli del paese, occupare nel modo migliore il tempo libero.  Fra le altre attività, Gianni Atzori propone la lavorazione artigianale del corno, inciso o pirografato.
Atzori e io, in occasione di convegni, conosciamo alcuni esponenti dell’AILC.  Proponiamo allora al gruppo di chiedere l’affiliazione a questa Associazione per avere quella base economica che di norma l’AILC concede:  contributo fitto locali, arredamento, libri, riviste, incontri a livello nazionale.
L’AILC risponde sottoponendo al gruppo le proprie condizioni:  possono aderire:

a) i Circoli che svolgano un’attività coerente con i concetti di cultura e di libertà, che non siano cioè soltanto luogo di ritrovo e di divertimento e che si preoccupino di promuovere nei propri soci e nell’ambiente locale tutte quelle iniziative dirette a contro-battere l’attività culturale dei totalitari di tutte le tendenze, come pure a mantenere sveglio lo spirito critico contro l’oppio della cultura di massa;
b) i Circoli che non siano infeudati a nessun partito, ma aperti ai democratici di tutti i partiti o senza partito;
c) i Circoli che non limitino il proprio reclutamento ad una sola categoria sociale (ad esempio gli studenti), dato che essi possono più proficuamente giovarsi del collegamento con organismi democratici della propria categoria.»(10)

Inoltre l’AILC sottopone al gruppo di Cabras uno statuto tipo.  L’art. 2 dice:

«Gli scopi del Circolo sono:  difendere permanentemente la libertà di espressione, di comunicazione e diffusione della cultura nell’ambiente in cui opera e secondo i principi definiti nel Manifesto agli intellettuali italiani, pubblicato in Roma il 1-12-1951;  promuove nell’ambiente medesimo uno scambio culturale più attivo, una più vivace circolazione di idee consone allo spirito del tempo.»

Sembra al gruppo di rientrare abbastanza nello spirito AILC e di poter accettare le condizioni poste senza sentirsi limitato.  Il 15 gennaio 1960 il gruppo chiede e ottiene di associarsi all’AILC assumendo la denominazione di “Circolo Autonomo di Cultura”.
Le attività del Circolo di Cabras si articolano in due direzioni convergenti, una culturale e l’altra politica:  corsi di educazione degli adulti con temi proposti dai partecipanti e su problemi reali della comunità;  iniziative politiche (dibattiti, giornale murale, ciclostilati) contro l’egemonia delle due famiglie notabili (e rispettivamente clan), una DC e l’altra MSI, che detengono il monopolio del potere economico e amministrativo nel paese:  in primo piano la battaglia con i pescatori contro i feudatari degli stagni.
I corsi di educazione degli adulti svolti a Cabras (come gruppo spontaneo e come Circolo AILC) sono:  1958 - 59 - 60 tre corsi con una media di 36 frequentanti, esclusi intellettuali e studenti:  tema proposto dall’OECE “Cultura generale”;  temi svolti:  la comunità, organizzazione socio-economica;  la terra;  lo stagno;  aspetti della religiosità;  la cultura del popolo negli usi, nei costumi, nei rapporti socio-comunitari.
1961.  Il Circolo AILC di Cabras rompe con l’OECE (OCSE).  Ottiene i corsi ministeriali attraverso l’Istituto Confederale di Assistenza della Camera del Lavoro di Oristano o direttamente dal Servizio centrale della P.I. su richiesta dell’AILC.
1961.  2 corsi di cultura generale per lavoratori e lavoratrici;  1 corso di inglese (dati in gestione dall’INCA).
Lo stesso anno viene inoltrata domanda e documentazione per ottenere un corso di istruzione professionale alla Regione sarda, che rifiuta senza motivazione.  Il Circolo ne deduce che le attività culturali e politiche che va svolgendo sono bene impostate:  evidentemente anche all’assessore regionale Abis deve essere giunta voce che il Circolo autonomo di Cabras è “un covo di sovversivi”.  Al Servizio centrale della P.I. ancora non lo sanno;  Roma è più lontana di Cagliari.
1962.  Ultimo corso ministeriale, concesso senza intermediari dal ministero P.I.  E’ rivolto a lavoratrici.  I temi:  cultura generale;  educazione civica;  realtà socio-economica del paese.
In quegli anni, contemporaneamente allo svolgimento dei corsi, con la collaborazione dell’AILC (E. Flamini, Ferrarotti, N. Chiaromonte) si realizza a Cabras un’ampia inchiesta di comunità che documenta ed esamina tutti gli aspetti della vita del paese.  Alla inchiesta ha collaborato saltuariamente Anna Anfossi, la quale, dal canto suo, aveva chiesto la collaborazione al Circolo di Cabras per realizzare una inchiesta sociologica - non so bene se su mandato dell’OECE (OCSE) o di una grossa società petrolchimica (Rovelli).
I risultati dell’inchiesta sono soddisfacenti, dato che praticamente ha contribuito a realizzarla tutta la comunità.  Le testimonianze e i documenti sulle lotte antifeudali e sulle lotte popolari contro l’egemonia padronale dal 1919 sono state pubblicate in varie riviste del continente(11) e in parte raccolte in volume.(12)
Abbandonata la tradizionale attività dei corsi ministeriali, dei circoli del libro e del film, la vita e le iniziative del Circolo di Cabras si intrecciano e si confondono con la vita e il movimento di liberazione della stessa comunità, di cui attualmente elemento più avanzato è la categoria dei pescatori.
Questa la cronaca di uno dei momenti di lotta comune con i pescatori:

«E’ il pomeriggio del 15 maggio, lunedì (1961).
Una sessantina di pescatori al centro dello stagnetto di Sa Mardini sosta sotto il sole.  Sono pochi, stavolta, ma decisi come non mai a non uscire da lì fin quando non sia fatta giustizia.  Li hanno riempiti di promesse e di belle parole, li hanno sempre ingannati:  ora vogliono fatti.
Sulle rive dello stagnetto, a qualche chilometro dal paese, le loro donne e i loro bambini, prevedendo una lunga agitazione, hanno improvvisato attendamenti e ripari con canne e frasche, coperte e stuoie, per stare vicini ai loro cari e sostenerli nella lotta.
Decine di camion di carabinieri affluiscono da ogni parte dell’Isola, per circondare e stanare i rivoltosi.  Per ospitare le forze dell’ordine, l’amministrazione comunale fa sgombrare un plesso scolastico e il refettorio.
Oltre trecento bambini, quel lunedì , vengono rimandati a casa a stomaco vuoto.  molti sono figli dei pescatori in agitazione.
Il direttivo del Circolo AILC si riunisce d’urgenza.  Una parte dei dirigenti si dilegua, con il pretesto che “la cultura deve restare al di sopra delle parti”, che “non deve fare politica”.  Pochi restano, disposti a battersi con i pescatori...  Vengono immediatamente mandati telegrammi di protesta al Prefetto e al Questore di Cagliari minacciando uno scandalo:  i trecento bambini devono ricevere la normale assistenza scolastica, ora più che mai;  i carabinieri che si arrangino dove credono ma non a scuola e nel refettorio:  che si accampino all’aperto, come le famiglie dei pescatori o che vadano al Jolly Hotel se il loro ministero ha un bilancio di manica larga.
Il giorno dopo Prefetto e Questore tirano le orecchie al sindaco democristiano di Cabras:  la repressione deve salvare la faccia, è controproducente colpire i bambini direttamente.  Ripristinate immediatamente la refezione:  siete matti?
I bambini riprendono posto nel refettorio.  Il Circolo si è bruciato:  l’amministrazione comunale non gliela perdonerà mai.
Il vice sindaco Marongiu, asservito ai feudatari degli stagni, attacca i responsabili del Circolo sul quotidiano padronale di Cagliari “L’Unione Sarda”.  Le solite accuse di sovversivismo.  Lo stesso quotidiano, in dispregio della legge sulla stampa, rifiuta di pubblicare la replica del Circolo.  In via privata risponde un redattore del quotidiano, Giuseppe Fiori.  Egli dice di avere raccolto la nostra lettera dal cestino del direttore, al quale era indirizzata:  era finita lì perché troppo polemica:  suggerisce di riscrivere in tono più moderato.  Gli si risponde:  chi si crede di essere?  Andreotti, Elkan o Catone?  Bisogna parlar chiaro, costi quel che costi.  E’ tempo di dire pane al pane, in una situazione come quella di Cabras.
Dopo alcuni giorni la refezione scolastica viene definitivamente sospesa.  Stavolta c’è un pretesto giuridico:  le ore di assistenza regolamentari sono finite.  Ma è sempre accaduto che la refezione prosegua fino all’esaurimento delle scorte viveri.  Quintali di pasta inutilizzati finiscono nell’immondezzaio.  La giustizia ha dato un primo colpo ai rivoltosi affamando i loro figli.
Il Circolo AILC in accordo con il PCI e il PSI organizza un comitato di solidarietà.  Nottetempo, sommozzatori attrezzati di respiratori forzano il blocco di polizia, facendo giungere sacchi di viveri ai pescatori nello stagno di Sa Mardini.»(13)

La questione degli stagni - allora e per molti versi ancora oggi - era a Cabras il punto focale della oppressione e dello sfruttamento padronale e quindi del movimento di liberazione popolare.  Gli stagni, uno specchio d’acqua di natura chiaramente demaniale fra i più vasti e pescosi del Mediterraneo, erano (e sono) posseduti ingiustamente da una famiglia di notabili in virtù di privilegi feudali risalenti al 1660.  La comunità era quasi totalmente esclusa dai benefici derivanti da quell’immenso patrimonio naturale.
Il lavoro culturale di informazione e coscientizzazione sulla questione degli stagni portato avanti dal Circolo AILC non si limitò ai soli adulti ma toccò anche i fanciulli della scuola dell’obbligo.  Nonostante l’aperta ostilità e le minacce da parte delle autorità scolastiche e comunali, alcuni maestri aprirono il dibattito anche a scuola.  Questi alcuni elaborati svolti da scolari di quarta e quinta, raccolti e pubblicizzati a cura dell’AILC:

«Stamattina quando sono venuta a scuola ho visto tante automobili e carabinieri;  e dentro il refettorio era tutto pieno di paglia e così nelle aule.  Questi carabinieri sono venuti in paese a guardare se i pescatori stavano nello stagno.  I pescatori di Cabras vogliono che lo stagno sia di tutti per poter lavorare.  I carabinieri stanno tutto il giorno vicino alla riva a guardare se le mogli dei pescatori portano roba da mangiare e non lasciano passare neppure vino e sigarette.  Di notte quando i carabinieri vengono nella scuola per dormire, allora le barche vicino alla riva portano tutta la roba da mangiare.  Ma se qualche uomo si avvicina alla riva lo mettono in prigione.  Un certo T. che viene da Oristano dice che lo stagno deve essere vinto dai pescatori se la Democrazia si mette d’accordo.  Invece la democrazia fa il bene sempre al ricco.  Tra questi pescatori che vogliono lavorare nello stagno C’è anche mio padre e mio fratello.  A casa siamo molto preoccupati, ma ieri la mia mamma ha portato loro da mangiare ed è rimasta sulla riva notte e giorno».  (Anna Maria Z. di 11 anni)

«I pescatori questi giorni stanno facendo sciopero, cioè lottando perché i padroni che molti anni fa avevano una piccola palude adesso hanno uno stagno che frutta tonnellate e tonnellate di pesce e vendendolo possono guadagnare milioni.  I pescatori hanno preso le loro barchette e si sono radunati nel centro dello stagno dove lì quasi muoiono di fame.  I pescatori secondo me hanno ragione ma non ce la faranno a prendere lo stagno perché il paese non si unisce tutto a loro, perché non li aiuta, perché non li incoraggia.  Si parla in tutti i posti di questo sciopero, nei giornali, nella radio e specialmente a Cagliari.  I carabinieri hanno arrestato un pescatore che non so come si chiama, ma non aveva fatto niente, la gente lo chiama “Minestra” di soprannome.  Questa dei carabinieri è un’ingiustizia perché si mettono contro il popolo e con i ricchi.  Queste cose non si devono fare più, si facevano al tempo del fascismo perché prima chi era ricco era amico di Mussolini, i poveri invece venivano trattati come schiavi.»  (Eleo di 9 anni)

«Questa mattina, quando siamo venuti a scuola non ci hanno lasciato entrare perché c’erano dei carabinieri e facevano loro da padroni.  Mentre loro si lavavano faccia, collo, denti e si mettevano la brillantina, abbiamo visto la refezione che sembrava una stalla di cavalli.  i carabinieri erano armati con le mitraglie.  Non capivo per quale ragione erano venuti ma i miei compagni mi hanno detto che la gente di Cabras vuole lavorare nello stagno e il padrone dello stagno manda la “forza” per non lasciare entrare a pescare.  Non sapevano dove rifugiarsi e si sono installati a scuola.  Ieri sera i bambini del maestro Lo B. hanno messo nella porta un banco, per non farsi padroni di scuola.  Questa mattina, quando eravamo per entrare a scuola un carabiniere ha detto:  Vietato l’ingresso!  Indietro!  Ieri notte gli scioperanti volevano gettare le barche nello stagno per lavorare.  I carabinieri sono qui che stanno cercando tre fuggitivi, due sono fatti prigionieri, allora cercano l’altro fuggitivo.  Il padrone dello stagno per non dare qualche quintale di pesce al popolo di Cabras a meno di cinquecento lire al chilo ne ha bruciato ottanta quintali.»  (Salvatore E. di 11 anni)

«Questa mattina siamo arrivate a scuola e c’erano i carabinieri facendo baccano;  hanno messo tutta la nostra scuola in disordine e scrivevano sulla lavagna.  Invece nella refezione, nel cortile e nelle aule hanno messo paglia per poter passare la notte, e sembrava una stalla di asinelli.  Questi carabinieri sono stati piazzati nella peschiera poi i padroni dello stagno pagano i carabinieri.  I carabinieri si mettono tutti in fila di fronte alla gente per non farla passare dove sono i loro mariti e i fratelli.  Non lasciavano passare neanche quelli che avevano la roba da mangiare per i pescatori.  L’anno scorso in peschiera hanno bruciato molti pesci per non darli ai poveri.  Le donne, le mogli hanno passato la notte nella riva nell’erba a poca distanza dalle barche dei loro parenti.»  (Aurelia S. di 11 anni)

«Io penso di aver ragione i pescatori perché le acque che entrano nello stagno non sono di nessuno perché una parte entra dal fiume di Riola e il fiume di Riola non è di nessuno è solo dello Stato cioè di tutti e l’acqua del mare è di tutti lo stesso. Quando l’aveva comprato il padrone era una palude piccola piccola, poi hanno gettato il fiume di Riola e un canale di mare e quando era inverno si riempiva molto e allargava allargava fin quando  diventato grande così e mangiava terra e non guardava se era terra di ricco o terra di povero. E quando è diventato grande così era diritto di pescare di ciascuno e per questo hanno fatto sciopero.» (Pierangelo M. di 10 anni)

Nel loro sincero umanitarismo, tutti i bambini sono d’accordo nel sostenere la ragione dei diseredati.  E’ una grande lezione che in maniera schietta sanno dare ai grandi.  E’ chiaro anche quale interesse, quale impegno vi siano in questi fanciulli nell’affrontare un tema di carattere sociale ed economico che li coinvolge direttamente.  E’ assurdo, oltre che ipocrita, pretendere di tenerli al di fuori della problematica del mondo in cui essi vivono e soffrono.  Come ogni adulto che usi il proprio cervello, i bambini hanno la loro parola da dire, la loro spiegazione da dare, il loro giudizio da esprimere.  Oserei dire che nel piccolo spesso vi è una adesione, una partecipazione più viva e integrale ai problemi della collettività di quanto non vi sia in molti adulti, apatici e insensibili per istruzione, per paura, per tornaconto.  Mi piace chiudere questa raccolta con un tema di un bambino di 10 anni il cui nome scriverò per esteso.  L’episodio dell’agitazione dei pescatori nel 1961 è reso con forza drammatica.  La lotta degli sfruttati assurge a canto epico nelle pur semplici parole degne di ben figurare nelle pagine della storia della liberazione dell’uomo:

«Lo sciopero dei pescatori è iniziato lunedì.  I protestanti sono nelle barche.  Io dello sciopero so poco.  C’erano uomini e donne e nella mischia c’era molto baccano.  Oggi nella Biblioteca popolare del Circolo di cultura hanno scritto che i bambini non debbono andare a vedere lo spettacolo, perché oggi di sera ci sarà una grande battaglia con i carabinieri, i pescatori, i negozianti, i braccianti, i contadini, ecc.  Ieri notte alle otto e mezza c’era una riunione per tutti i cittadini di Cabras.  I carabinieri hanno deciso di far passare roba da mangiare ma di non avvicinarsi i bambini.  Nella Biblioteca popolare c’era scritto che trecento bambini non mangiano da lunedì .  E perciò oggi hanno deciso di farli mangiare.  Quasi tutta Cabras oggi sarà alla battaglia e i nostri padri lotteranno per noi povere creature e per mangiare del pane buono, perché hanno fatto uno scherzo ai pescatori:  hanno detto che c’era pane e invece c’era ossi e altre porcherie e i pescatori sono stati fregati.  Oggi di carabinieri non ne arriveranno altri, ma saranno molti.  I nostri padri lotteranno per il pane e quello che sta succedendo in Cabras è come in tempo antico.  Forse un giorno in Cabras non ci sarà più miseria come adesso, ma tutti saranno contenti e mangeranno bene e lavoreranno tutti e forse i nostri figli leggeranno sui libri quello che è successo a Cabras nel 1961.»  (Salvatore Sardu di 10 anni)(14)

Le scelte ideologiche progressiste, le attività culturali e politiche a sostegno delle lotte popolari di liberazione che ormai caratterizzano il Circolo AILC di Cabras (cui si è aggiunto nel ”61 il Circolo di Guspini) muovono la rabbia del sistema a tutti i livelli.  Il lavoro del Circolo viene ostacolato e denigrato;  si fanno addirittura pressioni sulla presidenza e sulla segreteria nazionale dell’Associazione accusando i suoi dirigenti sardi di anarchismo, chiedendo il rigetto dell’affiliazione per violazione dello statuto.  Le accuse più lievi sono infeudamento al partito comunista.  La cultura ufficiale in Sardegna fa il vuoto;  niente più assistenze, niente più corsi, nessuno degli animatori viene più chiamato a frequentare corsi di aggiornamento;  la regione, le amministrazioni comunali (fatta eccezione per Guspini e più avanti per Borore), le autorità scolastiche ignoreranno le attività educative dell’AILC (Direzione didattica e Comune di Cabras non pagheranno neppure la loro quota di fitto locali del Circolo che tiene e gestisce il Centro di lettura delle scuole locali).  Fanno eccezione alcuni che sostennero e incoraggiarono, con la loro presenza e anche con contributi in denaro e in libri, la lotta per una nuova cultura popolare in Sardegna.  Tra questi  doveroso citare Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte, da Roma;  Luciano Codignola, da Comunità di Olivetti di Ivrea;  Enzo Tagliacozzo, Cesare Casula, da Cagliari.  Spesso, per non incorrere nelle rappresaglie della polizia, manifesti, giornali murali e comunicati stampa venivano firmati con il nome del presidente dell’AILC Silone - per il quale il sistema repressivo mostrava una certa tolleranza.
Valga per tutti l’esempio di questo manifesto affisso nel periodo caldo della lotta antifeudale che ci evitò la denuncia per istigazione alla violenza:

«ONDATA DI BORBONISMO A CABRAS
continuano gli arresti dei pescatori delle paludi

L’insensibilità delle autorità competenti
il permanere di una economia feudale
e la mancata applicazione della legge reg. n.39
hanno determinato la situazione drammatica per la quale
MOLTI LAVORATORI HANNO PERSO LA LIBERTA’
60 FAMIGLIE SOFFRONO LA FAME

Facciamo appello all’opinione pubblica affinché
dimostri solidarietà e fraternità
MANIFESTI LA PROPRIA DIGNITA’ DI POPOLO DEMOCRATICO E LIBERO»

Bruciandosi con le istituzioni della cultura ufficiale, il Circolo di Cabras dimostrava di assolvere a quella che i dirigenti ritenevano la funzione essenziale di ogni iniziativa nel settore della educazione degli adulti:  costituire un servizio di strumenti rivoluzionari per il popolo, che il popolo fa propri e utilizza per la propria lotta e per i propri fini, e che da quel momento non ha più motivo di esistere come “servizio” perché diventato “qualcosa” che è del popolo.
E’ del marzo 1963 un documento dell’AILC sarda, da cui si stralciano alcuni fra i più significativi brani:

«...  L’espansione e l’evoluzione della cultura popolare è direttamente connessa all’emancipazione delle masse lavoratrici, al loro inserimento nella vita politica ed economica, al loro acquisire parità di diritti...  Fintanto che le grandi masse popolari restano ai margini della vita pubblica, la cultura...  rimane privilegio di pochi e per ciò stesso un fatto caratteristico di dominio e di discriminazione...
In una situazione in cui permangono larghi profondi residui feudali e borbonici, il problema della cultura è sostanzialmente un problema di impegno economico-politico.  Si vuole cioè dire che non è concepibile una attività culturale, né una adesione a questa, se non si sono fatte scelte ideologiche aperte e democratiche che pongano l’accento sul rinnovamento delle strutture economiche come base di redenzione umana...
Il fenomeno di diffusione dei mezzi di conoscenza, dipende da interessi di produzione economica, sfugge alle intenzioni stesse dei gruppi reazionari che li producono...  I pericoli al privilegio economico e politico che comporta un allargamento della cultura, con la capacità di giudizio e di scelta, costringe tale privilegio a un aggiornamento dei sistemi di difesa...  Si tenta...  (i mezzi di diffusione delle idee) di svirilizzarli, vuotandoli di contenuti critici, coltivando e divulgando...  una sotto-cultura...  infarcita di luoghi comuni...  in questo discorso rientrano le scuole medie e superiori, con la loro discriminatoria divisione in umanistiche per i ceti abbienti e tecniche per i ceti poveri.  Ci rientrano buona parte degli interventi di educazione degli adulti, promossi con i soldi dello Stato da organizzazioni religiose e da enti e associazioni ideologicamente equivoci, pullulanti specialmente nel Meridione.
... Rilevando che la cultura tende a essere condizionata da interessi di varia natura, è impossibile disgiungerla dalla politica;  più precisamente disgiungere cultura popolare da politica progressista e cultura d’élite da politica reazionaria...
Molta confusione e diffidenza hanno generato, in questi ultimi anni, alcuni interventi culturali in Sardegna, nel cui ambito ci fermeremo avendo maggiori esperienze...  In realtà, anche quando non siano presenti interessi reazionari, alcuni interventi programmati finora...  risultano, sul piano della realizzazione, vuoti di contenuti concreti, sganciati dall’interesse del pubblico cui sono rivolti, incapaci di educare, cioè di produrre mutamenti degni di rilievo nella comunità.
Non possiamo qui non accennare brevemente al Progetto Sardegna dell’OECE-OCSE che ha chiuso di recente i battenti dopo circa 5 anni di attività...  anche perché è stato un intervento a livello internazionale, fatto con grande spiegamento di forze, in uomini e in denaro.
... Nonostante le intolleranze e i risentimenti che prevediamo nei nostri confronti, diciamo subito che noi non crediamo che si possa giudicare una qualsiasi attività - come alcuni pretendono - dalle somme di denaro investite, dalla quantità e internazionalità degli operatori e dei mezzi adoperati.  Non negando la loro importanza, noi riteniamo che un lavoro si giudichi da ciò che produce:  nel nostro caso, dai mutamenti, dal progresso avvenuto nelle cose e nella gente.  Se si tirano in tal modo le somme dell’attività del Progetto Sardegna non si può non constatare un bilancio decisamente scadente;  e quel che è peggio, ritroviamo una diffusa diffidenza nei singoli, nei gruppi, nelle comunità...
A nostro avviso, le cause di tale consuntivo deficitario sono da ricercarsi nell’avere adoperato formule maturate in situazioni e ambienti che poco o nulla avevano in comune con la situazione e l’ambiente nostri...  (inoltre) il Progetto impegna...  operatori stranieri e del Nord-Italia, i quali, ricchi di studio e di “allenamento mentale”, ignoravano però del tutto la storia, le tradizioni, la lingua delle comunità...  Questi operatori qualificati non potevano non appoggiarsi, e rifarsi, che ad animatori del luogo, i volontari.
Fu allora che nacque il maggiore equivoco della storia del progetto...  che chiedeva a questi collaboratori una attività gratuita...  riservando nel contempo ai propri operatori stipendi scandalosamente alti, in una società in cui molte famiglie vivono con redditi annui di 150 mila lire...
Un colpo decisivo alle promesse ideologiche di programmazione - Funzione essenziale dell’educazione degli adulti è quella di aiutare tutti gli individui di una società a comprendere meglio la parte dell’universo dove essi sono situati - lo si diede quando cominciarono, più o meno apertamente, le discriminazioni nei confronti dei gruppi impegnati politicamente a sinistra, quando i ceti più reazionari dei paesi diventarono i sostenitori dell’intervento.  Si assisteva così allo spettacolo tutt’altro che educativo di programmatori e operatori di un piano di rinnovamento economico-sociale andare a braccetto proprio con quelle forze che si battevano e si battono per il mantenimento delle “acque stagnanti”.  I corsi di educazione popolare, le iniziative consimili non potevano non decadere quindi sul piano del più vieto conformismo e scolasticismo, diventando un rivolgersi di “provveduti” a “sprovveduti”, un insegnare paternalisticamente il far di conto, l’allevamento dei polli, il timore di Dio, la storia di Renzo e Lucia e la distanza tra Roma e Milano.
Fra gli strumenti usati dal Progetto merita un accenno il film.  Ricordiamo uno stage per animatori nell’albergo ESIT di Sorgono sulla presentazione e utilizzazione del film choc (uno dei tanti termini brillanti coniati dal cerebralismo oecino), cioè a dire film di contenuto sociale stimolante.  La grande preoccupazione...  fu che non si potevano dare certi films senza conoscere con anticipo fin dove sarebbe arrivata la reazione del pubblico.  Quindi, la tecnica della discussione di gruppo, che doveva portare dopo la visione del film al dibattito delle idee, diveniva per l’animatore uno strumento di controllo, di convogliamento in una direzione prestabilita, di quel tanto di fermento prodotto dallo stesso film.
E quando il Progetto cominciò a organizzare i primi Circoli di cultura (ciò non rientrava nei suoi compiti, dichiarava;  ma erano evidentemente essenziali per avere un pubblico a cui rivolgersi) non poteva non trovare difficoltà nell’agganciare la gente, nonostante il prodigarsi di qualche parroco e amministratore beneficati.
La gente sarda - già diffidente per sua natura - era rimasta a guardare, come fanno tutte le volte che arrivano funamboli...  nei loro paesi...  I contadini, i pastori, i pescatori erano troppo impegnati con le cattive annate, con i pascoli, con i contratti, con le mutue, con le tasse, con i padroni e con tanti altri malanni per poter seguire con profitto il metodo dell’allenamento mentale.
Siamo d’accordo con Salvatore Manca, responsabile di un Circolo AILC, quando afferma, come ha fatto di recente in un convegno di Centri di cultura dell’Oristanese, che da noi l’educazione degli adulti, oggi come oggi, bisogna farla dove la gente vive e parla, in primo luogo nelle bettole;  dove lavora e soffre, nelle campagne, negli stagni...
... Le cose non si muovono senza l’intervento dell’uomo;  ma l’uomo resta fermo se le cose da muovere non ci sono o sono troppo pesanti.  La ricerca delle responsabilità si sposta dunque nel settore delle pubbliche istituzioni.  La responsabilità del singolo, pur restando, è attenuata, quando non cede il posto alla responsabilità in primo luogo di coloro che hanno nelle mani le leve del potere...
... I partiti politici, le organizzazioni di massa, i sindacati e le cooperative, i servizi sociali, gli enti culturali risultano in crisi, non sono capaci di assolvere ai loro compiti, scadono sempre più fino a far temere per la sopravvivenza delle stesse istituzioni democratiche...
A questo punto, dopo un’amara panoramica, ci sia concesso di guardare con un certo ottimismo al futuro, facendo conoscere alcuni interventi culturali...  Abbiamo avuto l’occasione di seguire da vicino il formarsi di Circoli AILC...  e di vedere come, per esempio, in una comunità di pescatori a regime economico feudale, l’azione di un gruppo culturale impegnato abbia contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica, a mobilitare le forze del lavoro, a stimolare e accelerare la trasformazione di fondo di una tale economia, sostituendosi, quando era necessario, al partito politico, al sindacato, alla scuola, alla cooperativa, all’amministrazione comunale - assenti o incapaci di assolvere alla loro funzione...
In un mondo economico sottosviluppato...  come il nostro, è da ritenersi sterile o superficiale un lavoro di educazione degli adulti che si preoccupi di istruzione e professione, dimenticando di battersi per un rinnovamento delle strutture economiche e di impegnarsi sul piano delle scelte ideologiche...  Per noi, il problema dell’educazione, oggi, è essenzialmente un problema di scelte politiche.»(15)

L’altro Circolo AILC è nato a Guspini il 22 maggio 1961.  Promosso da intellettuali e operai, con la collaborazione del Circolo AILC di Cabras, viene denominato “Circolo Autonomo per la Libertà della Cultura”.  L’amministrazione comunale comunista vede con favore il sorgere della iniziativa e presto fornirà al gruppo locali e assistenza.
Questo il documento costitutivo:

«I sottoscritti promotori, riuniti in assemblea, hanno deciso la fondazione di un circolo culturale ricreativo nel centro di Guspini.
A questo fine hanno deliberato:
1) Il Circolo ha per denominazione “Autonomo per la Libertà della Cultura” con sede in Guspini in via Martini 2;
2) il Circolo è autonomo ed intende mantenersi al di fuori di ogni partito o movimento politico, restando libero di prendere la posizione politica, sociale e morale di giudizio e di azione che crederà più opportuna, fermi restando come valori di base insostituibili nella struttura del Circolo:
a) la libertà - democrazia interna - libera manifestazione del pensiero come espressione di progresso umano;
b) laicismo:  intransigente reazione verso ogni possibile minaccia di ingerenze e di infiltrazioni dell’integralismo clericale nelle strutture dello Stato, centrali o periferiche, e nella vita sociale del paese;
c) accettazione e difesa dei valori politici della costituzione repubblicana che ne è la più diretta emanazione;
d) condanna di qualunque ideologia che si basi sulla dittatura di uno o più per opprimere e sfruttare gli altri, che neghi all’uomo i diritti elementari, naturali e sociali, quali la libertà di lavoro, di idee, di associazione.»

3 - L’A.A.I./ASEM - Attività sociali educative Mezzogiorno.

Mentre il Progetto Sardegna dell’OCSE (già OECE) sta per chiudere i battenti, sbarca in Sardegna l’AAI (Amministrazione per le Attività Assistenziali Italiane e Internazionali) con un organismo denominato ASEM (Programma di Attività Sociali ed Educative per il Mezzogiorno) che lavora - si fa per dire - in convenzione con la Cassa per il Mezzogiorno.  L’AAI è una delle tante figliolate della legge n.196 del 9 aprile 1953.  Possiede cospicui capitali (dello Stato) e organizza o dice di voler organizzare una ventina di centri sociali e almeno cinque centri residenziali.  Si occupa anche di educazione degli adulti mediante corsi.  Per una documentazione più ampia si veda la rivista “Assistenza Oggi” n. 5 (dicembre 1960) e n. 2 (aprile 1961).
Il “significato” e gli “scopi” del Programma (ASEM) sono:

«I mezzi finanziari messi a disposizione allo scopo ammontano a 1.450 milioni per circa quattro anni di attività, ciò ha impedito di pensare ad attività diffuse su tutto il territorio delle regioni meridionali, o ad attività che considerino tutti i problemi di carattere sociale (assistenziali, educativi, culturali) ai quali può riferirsi un’azione pubblica a carattere straordinario in zone depresse, in corso di trasformazione.
Pertanto del programma è stato accentuato il carattere sperimentale, come applicazione delle tecniche di azione sociale in una regione in corso di sviluppo, limitatamente ai quattro settori dell’educazione civico-sociale dei giovani, dell’educazione sanitaria, dell’educazione degli adulti e della maggiore qualificazione degli organismi di pubblica assistenza, opportunamente dimensionando gli strumenti operativi previsti.»(16)

L’AAI per realizzare il Programma ASEM costituisce ad Alghero, presso il Park Hotel, il Centro Residenziale per la Sardegna.  Si tratta di una specie di Superservizio sociale che, tra gli altri compiti, dovrebbe dare strumenti per sostenere le iniziative di educazione degli adulti nell’Isola.
I funzionari dell’ASEM cominciano la loro attività con incontri e corsi, cui invitano animatori dell’UNLA, della FACCS (Federazione autonoma centri di cultura della Sardegna - eredità del defunto progetto OECE), dell’AILC e del MCC.
Dal 19 al 24 agosto 1962 si tiene ad Alghero, al Park Hotel, un polemico corso per animatori e dirigenti dei centri di cultura e di lettura della zona di Oristano.  Il corso riprende il dialogo iniziato con il Convegno zonale del 4 marzo e si conclude con l’incontro del 16 dicembre.  Sono presenti i 5 centri di cultura della FACCS (Seneghe, Zeddiani, San Vero Milis, Tramatza, Nurachi), un solo centro AILC-MCC (Cabras), un centro dell’UNLA (Bauladu) e altri gruppi non “ufficialmente” costituiti come centri.
Nonostante lo sforzo da parte dell’équipe dell’ASEM di comporre i dissidi e di redigere verbali e documenti diluiti, dagli atti di questi convegni e del corso balza evidente da parte dell’UNLA il rifiuto a collaborare con il centro residenziale di Alghero, e da parte dell’AILC-MCC una intransigente denuncia contro iniziative come quella della FACCS (OECE) e dello stesso ASEM che ingenerano confusione e diffondono qualunquismo nelle nostre comunità.
A parte una cartella di stampati spessa due dita, il centro residenziale di Alghero (ASEM-AAI) non ha lasciato nulla in Sardegna, volatilizzandosi nel giro di un anno insieme al miliardo e ai quattrocentocinquanta milioni stanziati dalla Cassa per il Mezzogiorno per quattro anni di “attività”.

In quegli anni di “invasione” della Sardegna da parte di “operatori” specializzati nella educazione degli adulti e nel vendere fumo, si tiene a Oristano dal 1° al 3 giugno del 1962 il VI Congresso nazionale della Unione Italiana della Cultura Popolare e della Federazione Italiana delle Biblioteche Popolari (Umanitaria).  Sono presenti delegazioni e rappresentanze di tutti gli Enti associati all’UICP (che erano allora 54).  Unica assente, perché non associata,  l’AILC.  Alla FIBP sono associate circa 400 biblioteche popolari.
L’UICP rappresenta l’Italia nella International Federation of Workers Educational Associations di Londra.  L’Unione collabora con il governo per la realizzazione di un ampio programma di educazione di base e di educazione degli adulti e collabora con le più grandi organizzazioni internazionali per lo studio dei problemi dell’educazione di base, dell’educazione degli adulti e dell’educazione dei lavoratori in generale.
La FIBP è un Ente autonomo dell’UICP costituito nel 1908 e ricostituito nel 1948.  Ha il compito di promuovere la costituzione di nuove biblioteche nei centri che ne sono privi e di aiutarle con doni di libri, assisterle con consigli tecnici e culturali, preparazione del personale, eccetera.(17)
Il Congresso UICP a Oristano nel 1962 getta le basi per un vasto programma di intervento nel Mezzogiorno, ripartito concordemente tra i vari enti laici e cattolici, ciascuno dei quali si batterà per ottenere proprie “zone di influenza”.  La Sardegna spetta all’UNLA e al MCC (per il settore laico) che negli anni successivi si equilibreranno con circa 15 centri di cultura a testa.
Bisogna ammettere che gli animatori dei centri sardi (almeno quelli MCC e tra questi chi scrive) non avevano allora ben capito il gioco politico della spartizione della torta sfornata dalla Cassa e della strumentalizzazione che partiti politici, e più specificamente uomini politici, intendevano fare dei centri di cultura nel Meridione e nelle Isole per fini di potere.  Quando questo gioco si fa evidente, c’è da parte dei Centri di cultura MCC - come si vedrà più avanti - il tentativo, purtroppo non riuscito, di dare vita a una federazione degli stessi centri staccata da qualsiasi influenza esterna e autofinanziata.

4 - Il Movimento di Collaborazione Civica.

«Il MCC, maturato nell’immediato dopoguerra nella resistenza antifascista, si è costituito con lo scopo di ridare all’Italia una nuova dignità civile, nell’ambito e in collaborazione con organizzazioni culturali democratiche.  E’ dunque sua caratteristica l’idea di formare il cittadino, fornendogli adeguati strumenti di conoscenza e adeguati stimoli, di portarlo cioè su un piano di responsabilità civica.  Non è un’idea certamente nuova, ma è ancora di pochi.  E’ un’idea ancora lontana dal divenire realtà;  pur essendo fondamentale nella nostra repubblica il diritto per ciascuno di avere a disposizione gli strumenti necessari per la propria formazione.  E’ un servizio, questo, a cui dovrà sovrintendere lo Stato, e con proprie articolate istituzioni, e finanziando quelle private che si dimostrano idonee allo scopo comune.
Nella nostra regione, il MCC ha mobilitato la parte più sensibile e attiva del fattore umano di una quindicina di Comuni, suddivisi nelle tre zone dell’Oristanese, del Guspinese e del Marghine.  In ciascuna di queste zone sono stati costituiti Gruppi dotati di locali, di biblioteca, di proiettori cinematografici e di altri strumenti di lavoro.
Ogni gruppo ha svolto programmi annuali autonomi, se pure alcune attività risultano comuni a ciascun Gruppo.
Una delegazione regionale e una delegazione per ciascuna delle tre zone hanno il compito di coordinare le diverse attività dei gruppi e di permettere gli scambi di esperienze tra gli stessi Gruppi.  Inoltre hanno il compito di tenere i contatti con la direzione nazionale del movimento.  Ogni Gruppo, autonomo in ogni sua manifestazione culturale e in ogni sua scelta di natura ideologica e politica, si articola democraticamente nelle sue strutture direttive e nei rapporti sociali.
Il bilancio delle attività svolte dai vari Gruppi nelle tre zone è confortante, ma testimonia sull’immensa mole di lavoro che attende di essere svolto.  Intanto consente di valutare metodi e strumenti usati e ne indica di nuovi.
In primo luogo è già positivo il fatto che si siano costituiti Gruppi composti di giovani di diverse categorie sociali e di differente livello culturale con una identità di scopi:  superare pregiudizi, aprire un dialogo democratico all’interno della comunità, utilizzare strumenti culturali di largo e facile uso, prendere conoscenza dei problemi comunitari, responsabilizzare il cittadino sul piano civico e sul piano delle scelte politiche.  Per meglio raggiungere tali scopi è stata necessaria la presenza di animatori qualificati.
Il Movimento ha utilizzato esclusivamente leader naturali, cioè persone del luogo, maturate a contatto diretto con la loro realtà e che possedevano una certa capacità di comunicare con il loro mondo, di comprenderlo e di rappresentarlo.  Questi animatori sono stati inoltre qualificati mediante corsi speciali organizzati dallo stesso MCC, svolti parte in Continente e parte nella nostra Regione.
Le iniziative di maggior rilievo sono state:
- la costituzione di biblioteche popolari.  A questa iniziativa se ne legano altre:  il montaggio, la presentazione e la lettura di libri di particolare interesse per la comunità;  la discussione guidata;  il giornale murale;  altre.
- I Cine-forum, per la proiezione di films adatti a stimolare e a migliorare nel pubblico la conoscenza di certi aspetti della vita comunitaria.
- I corsi di educazione degli adulti del tipo concesso dal Servizio centrale del Ministero della PI.  Un’attività che rompendo lo schema tradizionale del “corso popolare” scolastico si sposta e si articola su un moderno piano di dialogo, di scambi di esperienze di vita comunitaria, dove cultura è impegno di ricerca, di dibattito, di scelte.
- La costituzione di gruppi giovanili di ascolto e di studio presso le amministrazioni comunali del luogo.  Tali gruppi hanno il compito di seguire il lavoro del consiglio comunale, elaborare in propria sede il materiale acquisito, di fungere da tramite con la popolazione.
- Il giornale per gli emigrati, un opuscolo redatto dal gruppo con la collaborazione del paese e diretto a quanti per ragioni di lavoro hanno abbandonato il paese»...(18)

I primi Gruppi MCC in Sardegna nascono innestandosi all’AILC, nei Centri di cultura di Cabras e di Guspini, nel 1962.  Il MCC ha ottenuto l’approvazione della Cassa per il Mezzogiorno per un programma di attività educative e culturali.  Nel giro di due anni si costituiscono in Sardegna una quindicina di Gruppi così dislocati:  
Zona dell’Oristanese:  Oristano, Cabras, Mogoro.
Zona del Marghine (con un delegato di zona):  Borore, Sedilo, Norbello, Paulilatino, Bolotana.
Zona del Guspinese (con un delegato di zona):  Guspini, San Gavino, Arbus, Gonnosfanadiga, Villacidro.
A se stanti il Gruppo di Buddusò e il Gruppo di Nuoro (Quest’ultimo rimasto in fase di gestazione).
Le attività “ufficiali” in convenzione con la Cassa iniziano nell’ottobre del 1963.

«... In coincidenza con le attività scolastiche...  Il Movimento di collaborazione civica ha approvato un programma di interventi atto a sensibilizzare il fattore umano, per adeguarlo alle necessità storiche presenti, in vista specialmente del Piano di Rinascita, delle prospettive di sviluppo socio-economico dell’Isola.
Il MCC si presenta in Sardegna - fermi restando valori e finalità suoi statuari - con una chiara fisionomia regionalistica, con quella libertà e scioltezza di azione che ogni vera autonomia comporta.  In ciò è chiara la lezione appresa da altre precedenti esperienze fatte in Sardegna nel settore della educazione degli adulti, esperienze che, se hanno potuto mobilitare preziose équipes di programmatori e di animatori ad alto livello tecnico, con un dispendio di mezzi degni di miglior risultato, non avevano però tenuto conto di un dato di fatto, che cioè la storia della Sardegna, con i riflessi economici politici sociali morali, è storia di un’Isola che si differenzia sostanzialmente...  da quella di ogni altro paese sottosviluppato, compreso lo stesso Meridione d’Italia...   per ciò priva di incidenza la realizzazione di un programma studiato e predisposto da estranei e dall’esterno.
Qui, in particolare, deve essere regionalistico, deve essere impregnato di realtà sarda, deve muovere dalle profonde radici della storia e della tradizione, qualunque intervento che voglia mobilitare i Sardi, che voglia essere capace di portarli su un piano di responsabilità attiva...  Non si tratta di indulgere...  a chiusure risentite...  alla mitizzazione dei propri stracci...  La nostra storia ci insegna che...  la Rinascita della Sardegna si potrà fare solo con i Sardi.»(19)

Gruppo di Cabras - denominato Circolo autonomo di cultura.

«Il Gruppo cabrarese svolge, alla luce delle esperienze fatte nel passato con l’OECE e con l’AILC, una attività di educazione degli adulti particolarmente impegnata politicamente, senza alcuna ricercatezza di metodi e di tecniche...  Le attività del gruppo - dalla diffusione e presentazione del libro al corso di cultura popolare, all’inchiesta, al dibattito - utilizza metodi e tecniche forse eterodossi, forse improvvisati ma sempre maturati nella realtà stessa della comunità, sempre della massima semplicità e chiarezza, ponendo come primo obiettivo lo smantellamento delle strutture economiche feudali, affrettando i tempi fino a rendere esplosive le contraddizioni tra la situazione e le esigenze e la nuova mentalità dei lavoratori.  Mettere in crisi con metodi illuministici, legati di volta in volta all’azione politica organizzata, le attuali strutture, additando soluzioni nuove e promuovendone altre, è il fine che il Circolo di Cabras si è posto fin dalle sue origini.
L’incidenza del Gruppo nell’ambiente è profonda, relativamente alle reali condizioni di coscienza e di capacità di lotta dei lavoratori, pescatori, contadini, pastori.  La prova di tale incidenza - oltre che nei mutamenti di rilievo riscontrabili nella realtà - si rileva anche nella opposizione, nella lotta senza esclusione di colpi con cui i ceti padronali...  hanno cercato di far tacere, se non di eliminare, il Circolo.
Non esistono altre organizzazioni culturali:  tali non possono dirsi il circolo della “Giovane Italia”, missino...  il circolo di lettura, dove i notabili giocano a carte e fanno maldicenza, il circolo dell’Azione Cattolica...
Il Gruppo MCC mantiene rapporti di fraterna collaborazione con le locali cooperative di pescatori...  Mantiene contatti e collabora con tutti i partiti dell’area democratica...
L’iniziativa più recente e di maggiore rilievo...  è la costituzione di un organismo giovanile di controllo dell’amministrazione pubblica...  composta da una decina di giovani volontari, provenienti da ceti sociali diversi e di differente livello culturale, si impegna a seguire presenziando le riunioni del Consiglio comunale.  Prende conoscenza dei problemi comunitari per poi esaminarli in propria sede.  Approfonditi tali problemi li porta a conoscenza dell’opinione pubblica con diversi strumenti:  manifesti, riunioni, assemblee.  Le istanze dell’organismo - che risultano istanze popolari - vengono presentate in forma di documento allo stesso Consiglio comunale...  Una iniziativa in via sperimentale che si dimostra uno strumento semplice e valido per operare un concreto controllo dei pubblici servizi, per preparare quadri nuovi e più democratici, per sensibilizzare l’opinione pubblica contribuendo a sbloccare la situazione di distacco e diffidenza, di assenteismo che caratterizza i rapporti tra il cittadino e le istituzioni di comunità.»(20)

Gruppo di Oristano

Si costituisce il 10 marzo 1963 promosso da intellettuali del PCI, del PSI e indipendenti di sinistra.  Vi figurano il pittore Antonio Corriga, Ignazio Orrù, Roberto Montisci, Massimo Torrente.
Questo il documento di costituzione:

«I sottoscritti cittadini, considerato che pur esistendo buone risorse naturali e possibilità di sviluppo, la situazione economica resta per certi aspetti a livello medievale;
che sono largamente diffusi:  uno stato di irresponsabilità civica, una carenza di valori ideologici e un estremo individualismo;
che i rapporti umani, in ogni loro aspetto sono basati sulla diffidenza, e si estrinsecano in forme instabili e superficiali;
che le pubbliche istituzioni non funzionano nel vero interesse della collettività:
decidono di costituire un Gruppo di Collaborazione Civica, con la denominazione di “Centro di Cultura” con sede provvisoria presso il Centro sociale giovanile - palazzo So.Ti.Co. - Oristano, che accetta, facendolo proprio, lo statuto del MCC - via Tacito 23 Roma - al quale chiede di affiliarsi, con i doveri e i diritti che ne conseguono.
Si impegnano:
di studiare la situazione socio-economica della comunità, utilizzando strumenti i più largamente aperti e democratici;
di programmare una conseguente serie di attività atte a sensibilizzare e a valorizzare l’elemento umano locale, in particolare nello spirito comunitario, nell’attivismo e nell’impegno civico, nell’accettazione dei valori laici e di libertà.»

E’ il primo Gruppo MCC che si costituisce in una città.  L’incidenza nella comunità è scarsa, se non irrilevante.  Interessa soltanto studenti, intellettuali e qualche artigiano.
Questo un programma di lavoro tipo del Gruppo MCC di Oristano:

«Il gruppo, tenendo presente la realtà socio-economica di Oristano, le disponibilità del fattore umano, il suo livello culturale ed i mezzi e gli strumenti a sua disposizione, decide di svolgere per il prossimo anno 1964/65 il seguente programma:
1) Inchiesta d’ambiente rivolta ai giovani (si allega questionario).  Sarà condotta da un gruppo di giovani diretti da Emanuele Masala con la collaborazione dell’assistente sociale del C.S. giovanile.
Gli scopi che l’inchiesta si prefigge sono:
a) conoscenza del livello culturale;
b) situazione socio-economica;
c) tempo libero.

2) Costituzione di un comitato studentesco col compito di rappresentare gli studenti presso il signor Preside e i signori Professori, nonché di studiare i problemi della scuola e operare affinché questi migliorino.

3) Presentazione dei partiti politici.
L’iniziativa tende a presentare e a far conoscere:
a) origine dei partiti;
b) principi dei partiti;
c) dichiarazioni programmatiche.
Tutti i partiti politici firmatari della Costituzione italiana saranno presentati dai singoli responsabili a livello federale;  l’ordine di presentazione dei partiti sarà dato da un sorteggio.  Inoltre, il gruppo, per fissare meglio l’ideologia e alcuni problemi di fondo di politica attuale, porrà dieci domande “standard” a ciascun oratore, quindi si articolerà a ogni conferenza un dibattito con domande direttamente poste dal pubblico.

4) Fascismo e invasione hitleriana dell’Italia.

5) Resistenza e Costituzione repubblicana.

6) Differenza tra democrazia popolare e democrazia borghese (concorreranno alla presentazione di questi temi una serie di conferenze-dibattito, proiezione di films e presentazione di libri).

7) Piano di Rinascita.

8) Prospettive di Oristano nel Piano di Rinascita (presentazione e illustrazione da esperti regionali);  ogni relazione sarà seguita da un dibattito.»

Tra le iniziative prese dal gruppo MCC di Oristano, quella che ebbe maggiore successo di pubblico fu la “presentazione dei partiti” (una anticipazione della “tribuna politica” televisiva), che fu ripresa da tutti i Gruppi MCC sardi, contribuendo in quelle comunità a meglio chiarire l’ideologia, la posizione dei partiti e più in particolare conoscerli nelle soluzioni da essi prospettate sui problemi di comunità, contribuendo quindi a determinare nella gente scelte politiche meno superficiali.

Gruppo MCC di Guspini

Questo Centro è anche sede di una delegazione di zona per i collegamenti tra i cinque Gruppi MCC di Villacidro, Gonnosfanadiga, San Gavino, Arbus e Guspini).  Costituito nel 1962, convive per alcuni anni con il Circolo autonomo per la libertà della cultura (AILC).

«All’estremo Sud della pianura Oristanese, Guspini apre la porta alle zone minerarie della Pertusola e della Montevecchio.  Centro di vecchia tradizione antifascista (uno dei pochi in Italia che mantenne viva durante il ventennio una vera opposizione popolare) l’unico paese sardo dove alla caduta della dittatura ci fu la caccia al fascista.  Mentre nell’Isola il fascismo crollava senza infamia né gloria, perché veramente non attecchì mai fascismo qui da noi ma si limitò a vestire d’orbace piccoli ras di provincia, i quali già da secoli facevano tale e quale i dittatorelli, a Guspini, nelle piazze e nelle case dei “compromessi” volavano le prime bombe ed esplodevano le prime cariche di dinamite, quella stessa che i minatori usavano per arricchire società straniere.
A Guspini, il PCI amministra con la maggioranza assoluta, ma affida ai socialisti alcuni assessorati.  I fascisti di ieri si sono riorganizzati nel MSI e nel Partito Liberale, ma contano relativamente poco nell’opinione pubblica.
Facile in tale situazione organizzare un centro di cultura:  la gente politicamente attiva e capace di organizzarsi.  Il pericolo stava nel non farsi condizionare dall’egemonia del PCI.  Ma i giovani, gli intellettuali in particolare, mostravano una certa intolleranza per i metodi organizzativi del partito e un profondo desiderio di dialogo aperto e di rinnovamento.  D’altro canto, impegnato fino in fondo nella mobilitazione politico-sindacale delle masse operaie e contadine, il PCI aveva perso di vista la formazione culturale di queste masse e delle giovani leve in particolare.  E quando nuovi strumenti di conoscenza hanno dato ai giovani una nuova dimensione della realtà storica, una nuova capacità di giudizio e nuove aperture ideologiche, l’assenza del partito (comunista) nel fenomeno si è dimostrato preoccupante e pericoloso per l’avvenire stesso della classe operaia.
Anche un partito rivoluzionario può cadere nel qualunquismo culturale:  Guspini, uno dei più grossi centri dell’Isola, non possedeva alla costituzione del Gruppo MCC, una biblioteca popolare, né era presente alcuna organizzazione culturale che raccogliesse esigenze e fermenti, che aprisse un dialogo diverso e “apartitico” su problemi e situazioni che - proprio perché monopolizzati da un solo partito - tendevano a sensi unici, quando non a distorcersi, a semplificarsi demagogicamente o addirittura a eludersi.
Il Gruppo di C.C. intende mantenere rapporti di fratellanza con le organizzazioni operaie;  ma non accetta ipoteche partitiche e colma con attività che sono sue proprie un vuoto nei servizi sociali della comunità.  In verità, l’amministrazione comunale non ha mai tentato apertamente di condizionare l’iniziativa;  ha capito anzi benissimo l’utilità, la funzione di un centro culturale:  ha affidato a questo il compito di costituire e gestire una Biblioteca civica (che oggi, al 1964, conta circa 400 volumi ed è assai frequentata);  stanzia a tale scopo una certa somma e dona libri e fornisce scaffalature.
Le vie della democrazia sono infinite, e nessuna “teologia” può sostenere che i comunisti siano “dannati” alla dittatura perenne:  siamo convinti che la libertà sia valore e fine di ogni vera cultura.»(21)

Gruppo MCC di Borore

Il Centro è anche sede di una delegazione di zona per i collegamenti tra i gruppi del Marghine.
Il Gruppo di Borore è tra quelli che hanno svolto in modo organico e compiuto attività educative a tutti i livelli di comunità, forti anche dell’appoggio dell’amministrazione comunale;  è il Gruppo che ha avuto la più larga eco di consensi anche fuori dell’Isola, per alcune sue originali iniziative, come il giornale per gli emigrati, e che ha avuto una forte incidenza nello sviluppo sociale, economico, politico della comunità.
Il Gruppo si è costituito il 12 dicembre 1963.

«I sottoscritti, riuniti nella Sala consiliare del Comune di Borore, con la partecipazione del delegato regionale del MCC Ugo Dessy, presa visione dello statuto che regola il Movimento ed approvatene le finalità, deliberano di costituire in Borore un centro di Cultura al fine di attuare quelle attività che riterrà più idonee a raggiungere lo scopo di sensibilizzare un maggior numero possibile di cittadini ai problemi che più strettamente li riguardano.
Il Gruppo si propone di stendere un programma che comprenda le iniziative che intende prendere per il corrente anno 1963/64.
All’uopo prega codesta Segreteria MCC voler inviare tutto il materiale e i chiarimenti che ritiene utili a una presa di conoscenza delle linee generali, in relazione ai metodi di prima organizzazione e ai mezzi su cui può contare per un proficuo lavoro.»

Fatto veramente unico nella storia dei Gruppi MCC (un caso di compromesso storico ante litteram) fra i promotori figurano democristiani e marxisti:  sindaco, segretario comunale, vice parroco, direttore didattico, dirigente del centro di lettura, insegnanti di scuola elementare e media, medico condotto.
Il primo programma di attività per il 1963/64 è il seguente:

«1) Dibattiti su problemi comunali e regionali, con particolare riguardo al Piano di Rinascita della Sardegna.  Costituzione di un gruppo che segue, le riunioni del Consiglio comunale e ne riferisca periodicamente al centro.
2) Organizzazione di corsi di addestramento professionale e di corsi di educazione degli adulti.
3) Proiezione e discussione di film a carattere sociale e di altri ambientati nel periodo della resistenza italiana ed europea.
4) Corso di educazione stradale per la formazione di futuri utenti della strada, con ricerca ed analisi delle cause di incidenti e delle loro conseguenze.  Si prevede l’impianto traffico per le esercitazioni pratiche di circolazione stradale.
5) Il Gruppo si propone di riallacciare rapporti con i numerosi emigrati con l’invio di una pubblicazione periodica che li tenga informati della vita del loro paese e delle prospettive di lavoro, in vista di un loro rientro in patria.
Per svolgere il loro programma, gli animatori del centro di Borore danno vita a otto gruppi di lavoro (ciascun gruppo ha anche il compito di svolgere una inchiesta locale relativa al proprio settore.)»

I gruppi di lavoro coprivano i seguenti settori:  agricoltura, pastorizia, emigrazione, problemi dei giovani, industria e commercio, bracciantato, problemi delle donne, cinema ed educazione stradale.  (Quest’ultimo settore verrà abolito, come si desume dal successivo documento)
La relazione del Gruppo MCC di Borore sulle attività svolte nel primo anno di vita (63/64) è estremamente positiva, nonostante l’inesperienza e le difficoltà di ogni genere che sempre tali iniziative trovano per realizzarsi, e testimonia la partecipazione vasta ed entusiasta della comunità e delle istituzioni di essa (comune, scuola, partiti, sindacati, chiesa).

«1) Alla definizione del programma (64/65) hanno partecipato una ventina di componenti il nostro Gruppo.  E’ stato prima riesaminato il programma dell’anno 63/64.  Si è d’accordo:
a) nel rilevare che una buona parte di esse non è stata realizzata, come l’organizzazione di tavole rotonde su problemi zonali, un organico lavoro dei gruppi di studio dei vari settori della vita della comunità, la presenza delle donne nell’attività del Gruppo, il funzionamento del comitato per lo studio dei modi e delle possibilità di permute e accorpamenti dei terreni, l’organizzazione di corsi di educazione stradale;
b) nel ritenere che sia i punti realizzati, sia quelli non realizzati concernono problemi sempre vivi ed attuali e quindi validissimi anche per il prossimo programma;
c) nel confermare anche per il prossimo anno lo stesso programma con l’esclusione di corsi di educazione stradale che in passato hanno destato scarso interesse.

2) Alla realizzazione del programma partecipano tutti i componenti dei gruppi di lavoro per i vari settori.  Questi devono ovviamente la loro dinamicità alla solerzia e al dinamismo dei rispettivi responsabili...

3) Per la realizzazione del programma sono stati ripartiti i compiti per settori di attività e di studio, e sono sette:  (seguono le denominazioni dei settori, che sono già riportati, e i nominativi dei responsabili per ciascun settore - nda).

4) Per quanto riguarda i tempi non possiamo stabilire dei limiti esatti trattandosi di attività a lungo respiro, che non si esauriranno nel prossimo anno sociale e che verranno via via puntualizzate ed ampliate a seconda della maggiore o minore dinamicità delle situazioni umane che si presenteranno.
Quanto alle modalità, possiamo dire quanto segue:
i responsabili dei sette gruppi devono presentare una relazione sull’attività svolta nel rispettivo settore ad una riunione dei soci, i quali interverranno liberamente nella discussione della relazione stessa.  Il contenuto di questa, arricchito dall’apporto della discussione e puntualizzato dai vari responsabili, verrà portato in seno al gruppo relatore della Voce di Borore che le esaminerà prima di pubblicarle.
Per la discussione dei films (prevista una serie di pellicole sulla Resistenza) verranno incaricati di volta in volta dei gruppi che ne curino la presentazione e ne guidino la discussione.
Quanto al giornale (La Voce di Borore) ci proponiamo di compilarlo con maggiore frequenza (bimestrale):  ciò contribuirà anche a stimolare i sottogruppi nel loro lavoro...»

Relazione sulle attività svolte nell’anno sociale 1964/65.

Il Gruppo di CC... ha sede provvisoria presso il centro di lettura delle scuole elementari.
Attualmente i soci sono 62, appartenenti alle seguenti categorie sociali:
Professionisti 18
Studenti 15
Operai e braccianti 15
Artigiani e contadini 6
Pastori 8
... Del programma sono stati realizzati o in via di realizzazione i seguenti punti:
1) Dibattiti su problemi comunali e regionali, con particolare riguardo al Piano di Rinascita della Sardegna.  Costituzione di Gruppi di lavoro per inchieste sull’ambiente economico e sociale di Borore.
a) 24 marzo ”64 - Dibattito sull’agricoltura locale e i suoi problemi.  La relazione tenuta dal 1° Gruppo di lavoro ha posto in evidenza la grave crisi in cui versa l’agricoltura locale perché conserva ancora una struttura arcaica ed una evidente difficoltà a rinnovarsi.  E’ stata riconosciuta la necessità di abbandonare la cerealicoltura per l’allevamento, integrato dalle colture foraggere.
La discussione, a cui hanno preso parte numerosi contadini, ha posto l’attenzione sull’insufficienza delle leggi in vigore, sulla necessità che vengano preparati idonei strumenti legislativi perché gli agricoltori possano prima accorpare i propri terreni per trasformarli in aziende razionali, sul sistema ritenuto più idoneo a superare le difficoltà di impianto delle aziende e l’immissione dei prodotti sul mercato, il cooperativismo, sull’importanza soprattutto di educare il fattore umano, condizione essenziale di una rinascita spirituale come base legittima di quella rinascita economica tanto auspicata.
b) 15 aprile ”64 - Dibattito pubblico sui problemi della pastorizia locale.
Hanno preso parte al dibattito le autorità locali, un certo numero di pastori e un nutrito numero di giovani di ogni categoria sociale.
Abigeato, assoluta mancanza di cooperazione, necessità di costituire una “mutua assicuratrice” e una cooperativa di raccolta del latte, sono i problemi più scottanti emersi dalla discussione.
c) (data illeggibile) - Incontro per una panoramica sulla legislazione riguardante l’agricoltura e la pastorizia.  Hanno preso parte il dott. Nino Carrus, funzionario del Centro di programmazione del Piano di Rinascita, le autorità comunali, numerosi pastori e contadini.  L’esigenza di organizzarsi in cooperative è stata ancora ribadita.  Alla fine della riunione si è costituito un comitato di pastori per studiare la possibilità di accorpamento dei terreni eccessivamente frazionati.
d) Sono stati costituiti i Gruppi di lavoro per lo studio dell’ambiente (seguono denominazione settori e nominativi responsabili - nda).  Questo lavoro dei gruppi è stato utilissimo non solo per i risultati ottenuti nello studio dell’ambiente, ma anche e soprattutto perché ha portato dei giovani, che prima si disinteressavano completamente della realtà in cui vivevano, a dedicarsi con entusiasmo e con grande spirito di sacrificio allo studio dell’ambiente che li circonda, con un vivissimo bisogno di fare di tutto per modificarlo dall’interno.
e) Conversazioni sui problemi dell’amministrazione comunale (18 settembre ”64).  Hanno preso parte le autorità comunali, molti giovani delle varie categorie.
La discussione ha messo in evidenza la necessità che ad amministrare il Comune debbano essere mandate persone che rappresentino tutte le categorie sociali e che si ponga mano a un rinnovamento dei candidati, tradizionalmente scelti tra le persone anziane e benpensanti, in modo che vengano elette persone giovani e preoccupate esclusivamente del bene della popolazione.  Di fatto poi l’amministrazione è stata completamente rinnovata negli uomini, la cui età media è di anni 34 (quella dei precedenti era di 58).
f) 28 dicembre ’64 - Incontro tra le autorità comunali e gli emigrati venuti per le vacanze natalizie.
Gli emigrati hanno partecipato con vero piacere e hanno espresso sentimenti di gratitudine nei confronti di coloro che si interessano di loro.  Hanno quindi parlato dei loro problemi, del paese straniero che li ospita, delle difficoltà che incontrano nei rapporti con la popolazione del luogo e nell’adattarsi all’ambiente.

2) redazione del giornale “La Voce di Borore”.  Esso contribuisce:
a) a tenere saldi i rapporti tra i bororesi rimasti e i bororesi lontani, tenendo questi informati della vita del loro paese e delle prospettive di lavoro in vista di un loro rientro;
b) riassume e contiene il frutto di tutta l’attività del Gruppo, elaborando i dati delle ricerche, i risultati degli incontri e l’analisi di determinati problemi occasionali o permanenti;
c) è servito a rintracciare gli indirizzi degli emigrati bororesi sparsi per il mondo e ad avere un quadro completo e circostanziato sulla entità della emigrazione locale:  quadro che nessun comune e nessun ufficio di collocamento è in grado di fornire.

3) 25 aprile ”64 - Celebrazione della giornata della Resistenza.  Programma:
a) deposizione di una corona in memoria dei caduti;
b) discorso commemorativo;
c) presentazione presso il centro di lettura del Diario di Anna Frank;  Diario di prigionia di Diego Are;  Lettere di condannati a morte della Resistenza.
La popolazione ha partecipato con interesse... forse per la prima volta (la resistenza a Borore non era stata mai celebrata) si sono resi conto che vale la pena studiare e conoscere più a fondo quell’importantissimo periodo della nostra storia.

4) Quattro soci del Gruppo hanno partecipato a corsi residenziali indetti dal MCC (due ragazze e due ragazzi)...  Le prime due faranno tesoro della loro esperienza per un corso di educazione degli adulti in via di istituzione;  degli altri due sarà utilizzata l’esperienza per la lettura di libri al pubblico mediante l’uso delle schede di lettura.

Sono stati proiettati i seguenti films:  (seguono i titoli di 11 films - nda).

Relazione del delegato zonale MCC del Marghine (Bolotona, Borore, Buddusò, Silanus) al 1° Convegno regionale dei Gruppi MCC sardi - Santa Caterina Pittinurri - 6/8 dicembre 1964:

«I Gruppi di CC della zona gravitante attorno alla catena del Marghine ritengono che la funzione principale cui i Gruppi stessi possano adempiere consista nell’instillare, nel far discendere nelle loro comunità delle idee atte a sbloccare una situazione di immobilismo.  Parliamo di funzione principale convinti come siamo che le idee precedono l’azione.  Insomma, i Gruppi devono essere anzitutto il mezzo di collegamento tra il mondo esterno, tra esperienze più avanzate e il nostro ambiente.
Come pensiamo di assolvere a questo compito?  Rendendo il gruppo un Centro di discussione di tutti i problemi che interessano le nostre comunità:  problemi che sono di natura economica, sociale, politica.  Nei nostri paesi esistono già altre forme associative come i partiti politici, le organizzazioni dell’azione cattolica e talvolta anche le associazioni sindacali.  Ebbene, noi riteniamo che manchi un organismo associativo come il nostro, che è unico e che deve e può svolgere un compito che nessuno degli organismi tradizionali può svolgere.  Infatti siamo del parere che il nostro Circolo vada concepito come palestra di idee, aperta a tutte le forze politiche perché non abbiamo paura delle idee altrui e soprattutto nella certezza che le idee totalitarie si smussino a contatto di quelle democratiche.  Una palestra dunque, ma una palestra civile in cui tutti possano cambiare le loro idee e sentirsi amici pur in mezzo al divergere delle opinioni e allo scontro di tesi quanto mai opposte.  Non vi è che dialogo che permetta la conoscenza reale dell’avversario.
Riteniamo anche che il Centro debba svolgere una funzione importantissima nel nostro ambiente:  quella di far cadere le barriere sociali che impediscono il contatto tra ceto medio e ceti popolari, che impediscono soprattutto ai diversi ceti di contribuire in comune alla soluzione dei problemi comuni.  Non dobbiamo credere che i nostri pastori, i nostri contadini siano tanto sprovveduti da non conoscere i loro problemi e quindi sarebbe assurdo respingerli ancora ai margini della società non chiamandoli a far sentire la loro voce e a far pesare le loro decisioni.  Se un pericolo vi  che può colpire i nostri Circoli esso è proprio quello di trasformarsi in clubs intellettualistici e snobistici.  Dobbiamo invece lottare per creare un rapporto umano tra il cosiddetto intellettuale e la classe lavoratrice...»

Le affermazioni di principio sulla funzione educativa del dialogo, del confronto delle idee e dell’azione comune di tutti i cittadini a livello di comunità, così come vengono formulate nella relazione del gruppo di Borore, appena riportata, possono sembrare utopiche se non ingenue.  In verità, in tutti i centri dove il MCC ha lavorato, non è stato facile riuscire a mettere insieme uomini ideologicamente “diversi” per realizzare obiettivi “comuni”.  Era e voleva essere, nella teoria e nella prassi, una caratteristica peculiare del MCC in Sardegna quella di mobilitare e organizzare tutte le forze popolari attive della comunità su una base di cultura comune - l’essere sardi, l’essere arretrati e sfruttati o se si preferisce l’essere colonizzati - per raggiungere obiettivi comuni:  in primo luogo l’acquisizione di strumenti culturali per coscientizzare e far progredire la comunità.
Non sempre è stato possibile realizzare una unità di intenti (per un programma di sviluppo culturale e sociale della comunità) nella diversità delle posizioni ideologiche (generali ed esterne, come possono esserlo per noi Sardi l’ideologia marxista o liberale o democristiana).  In alcuni centri, i democristiani e in altri i marxisti - ma questi almeno allora più raramente intransigenti e chiusi al confronto - tentavano di impadronirsi della direzione del Circolo di cultura per strumentalizzarlo ai propri fini di parte.  Ciò è accaduto nel 1965 ad Arbus, dove da qualche anno funzionava un Centro del MCC.
Alcuni esponenti della DC e dell’Azione Cattolica, capeggiati da un insegnante elementare del continente, con una massiccia iscrizione al Circolo di loro giovani reclutati nella parrocchia (dai documenti risultano ben 140 su 220 iscritti aventi diritto al voto) ottengono alle elezioni annuali la maggioranza nel direttivo, impadronendosi in pratica dell’iniziativa.  La reazione dei marxisti (PCI e PSI) estromessi è dura.  Tanto più che sono loro ad aver fondato il Circolo e ad averlo portato avanti con molti sacrifici negli anni precedenti.
In una burrascosa assemblea dei soci, allargata a tutti i cittadini interessati all’iniziativa che vogliono salvare il Centro di cultura, finisce per prevalere all’interesse di parte quello comune.  Il presidente DC è costretto a dimettersi.
L’episodio dimostra quali difficoltà abbiano incontrato le iniziative autenticamente progressiste, che si ponevano tra gli obiettivi primari quello della partecipazione unitaria delle componenti sociali popolari alla iniziativa e alla realizzazione dei programmi culturali.

Gruppo MCC di Norbello - denominato “Il Nuraghe”

Animato da R. A. Manca  stato fondato nell’estate del 1965.
E’ uno dei pochi a essere nato con un proprio autonomo statuto, non ripreso da quello del MCC nazionale.  Se ne riporta il Titolo 1° - Costituzione e scopi:

«Art.1 - E’ costituito in Norbello il Gruppo di Collaborazione civica Il Nuraghe 1°, articolato in un centro di cultura, in una società sportiva e in un circolo folcloristico.
Art.2 - Il Gruppo ha lo scopo di maturare nei cittadini una coscienza civica sui principi irrinunciabili delle libertà civili e della giustizia sociale.
Art.3 - Il Gruppo si propone di perseguire il proprio scopo:
- suscitando e incrementando la libera discussione in ogni campo e su qualsiasi materia;
- favorendo ogni possibile iniziativa basata sul sentimento della solidarietà e della comprensione;
- promuovendo studi ed esperienze atti a formare coscienze socialmente educate.»

I promotori dell’iniziativa - al di là delle possibilità economiche che possono venire loro dalla affiliazione al MCC - ritengono che un Centro di comunità debba essere autofinanziato per essere veramente “autonomo”.  Decidono di ciclostilare una scheda di adesione con un modulo per il versamento di una quota mensile volontaria e le spediscono a tutti i cittadini del loro paese, insieme a questa lettera di presentazione dell’iniziativa:

«Caro amico,
sarai, crediamo, informato che a Norbello è stato costituito il Gruppo di collaborazione civica il Nuraghe...
Lo abbiamo organizzato facendo del nostro meglio, in modo che possa rappresentare una forza valida e vitale nel campo del risveglio delle coscienze, della cultura, dello sport, delle tradizioni che costituiscono l’essenza dell’animo sardo.
Per meglio perseguire tali scopi, abbiamo strutturato il Gruppo:
- in un centro di cultura, al fine di promuovere il dibattito nei campi più disparati della formazione culturale, politica, morale, religiosa, del costume e dell’arte.
Quale utile strumento è in via di avanzata costituzione una biblioteca, cui speriamo di poter presto affiancare l’uso di un proiettore e l’opera di corsi popolari.
- In una società sportiva, con lo scopo di favorire le manifestazioni e la partecipazione dei giovani alle discipline sportive ed agonistiche.
Ad essa è affidato il compito della conduzione della squadra di calcio e l’eventuale acquisizione di attrezzature.
- In un circolo folcloristico, con il fine di attivizzare quei caratteri particolari dell’anima sarda attraverso manifestazioni corali a partecipazione popolare.
Suo compito sarà, tra l’altro, quello di varare un programma di lavoro per l’istituzione e l’organizzazione della “Festa della Gioventù”.
Caro amico, è ovvio che quanto più numerosi saremo, tanto più utile e profonda potrà essere la nostra opera;  è dunque con piacere che ti alleghiamo a questa nostra un modulo di iscrizione e ti invitiamo a sottoscrivere la tua adesione al Gruppo e, se vorrai, l’abbonamento al Notiziario quindicinale.
Da parte nostra, mentre non ti richiediamo l’iscrizione a nessun partito e ti lasciamo in questo campo libera scelta, sottolineiamo il fondamentale carattere democratico e laico del Gruppo, impegnato a favorire e ad affrontare il dialogo, a promuovere e stimolare l’inserimento cosciente e attivo dei cittadini nella vita del paese.»

Il Gruppo MCC “Il Nuraghe” già nei primi suoi mesi di vita ha svolto una intensa attività  e ha raccolto numerosi consensi nella comunità.
Al 2° Convegno regionale dei gruppi MCC sardi (Santa Caterina Pittinurri 19-23 settembre 1965) Norbello presenta la seguente relazione:

«A pochi mesi dalla costituzione del nostro Gruppo, riteniamo utile e opportuno, prima di esporre le attività e iniziative svolte o intraprese, di presentare le ragioni ideali e pratiche che hanno originato e motivato la nostra responsabile e cosciente adesione al MCC.
Sintomi ricorrenti ed innumerevoli aspetti del mondo e della società contemporanea ci testimoniano palesemente la grave crisi che ha investito tutti i tradizionali organismi di massa;  crisi profonda e, certo, di non facile soluzione, che appare addirittura allarmante a chi ha operato e operi all’interno e in posti di responsabilità in detti organismi;  crisi che trova la sua prima ragione d’essere nella sempre più ristretta ed asfittica manifestazione verticistica, cui rimane costantemente estranea la forza vitale e dinamica rappresentata dalla base in continua trasformazione per effetto del superamento di posizioni raggiunte, che cessano quindi di rappresentare la meta e il punto di riferimento.
Tale crisi, tale frattura ha diffuso in termini qualunquistici l’agnosticismo e l’indifferenza per tutti i fondamentali valori del vivere civile, ne è così derivato un ulteriore sbandamento nei vertici e un diffondersi di una generale incertezza e di forme sempre più disgregatrici.
Così, da una serie di crisi che possono definirsi particolari e circoscritte a determinati organismi, si sta pervenendo ad una crisi integrale della nostra società, che investe gradatamente tutte le coscienze, attraverso una incerta trasformazione di costumi, di abitudini e di rapporti.
Queste constatazioni ci hanno spinto a condividere la linea del MCC nel cui metodo di intervento sta, secondo noi, un’indicazione di fondamentale importanza per la soluzione della crisi e la completa democratizzazione dei rapporti sociali.
Il fatto che su una base comune, accettata e condivisa liberamente, sia non solo tollerabile, ma riconosciuta legittima ogni possibilità di sviluppo autonomo, con manifestazioni di contenuto e forme particolari, prodotti di un particolare ambiente naturale ed umano, rappresenta concretamente l’eliminazione del fattore crisi degli organismi di massa;  rappresenta il ritorno alla valorizzazione delle basi intese non come serie di soluzioni standardizzate, ma come possibilità di manifestazioni libere ed autonome e per ciò le più idonee ad inserirsi nel contesto evolutivo di un ambiente, adattandosi a tempi e modi di esso, ad esprimere, attraverso un logico processo dialettico, sintesi non solo empiricamente, ma anche praticamente valide.
Solo con l’accettazione e la valorizzazione di un tale metodo, noi riteniamo sia possibile risolvere quello che Ugo Spirito definisce “dramma della nostra vita”, evitare cioè di portare l’uomo all’infelicità di guardare sempre fuori di sé, del suo mondo e del suo presente, all’alienazione quindi, e portarlo invece a valorizzare quell’io e quel presente che ne esprimono e rappresentano la vita concreta.
Per questo riteniamo necessario che il nostro Gruppo, come libera espressione di una base autonoma, si manifesti secondo indirizzi e forme capaci di evolvere congiuntamente politica e cultura, intese come somma degli aspetti sociali, etici, artistici e pratici dell’ambiente.
Tali manifestazioni per essere compiutamente libere e pienamente autonome, devono secondo noi, nascere da un substrato comune a tutti gli aderenti al Gruppo, dall’accettazione e difesa della sostanza e delle forme di una coscienza e di una cultura laica.
Coscienza e cultura laica in opposizione allo spirito che, come mirabilmente sintetizzò Kant, tende a far prevalere la fides ecclesiastica sulla fides religiosa, coscienza e cultura laica, capaci di comprendere, criticare e valutare liberamente modi e fatti per operare scelte autonome;  coscienza e cultura laica a difesa di ogni libera e responsabile espressione della persona umana, non conformata secondo predeterminati indirizzi, ma educata a scegliere consapevolmente gli indirizzi più vicini al proprio spirito.
Fatto, questo, di fondamentale importanza, tenuto conto che i giovani di oggi, né eredi di un passato, né vivificatori di una tradizione, tendono a gettare le basi di un futuro dalle linee incerte, di una realtà nuova, di un “io” principio autonomo di un mondo autonomo, trasformato dalla volontà dell’uomo e con l’impronta della sua personalità.»

Dall’aprile al settembre 1965, il Gruppo di Norbello, con 52 soci, in una comunità di 1.034 abitanti, ha svolto le seguenti attività:

«La sezione culturale ha curato l’organizzazione delle seguenti conferenze-dibattito aperte a tutti:
- Dante, il suo tempo e la sua opera.
- Declamazione e presentazione del 1° canto dell’Inferno.
- L’idea sociale dal Vangelo a Marxismo.
- Caratteri sociali del Marxismo.
- La Resistenza come valore unitario e democratico.
- Contributo operaio e popolare alla Resistenza.
- La Resistenza venti anni dopo.
- Umanesimo classico e nuovo Umanesimo.

Ha costituito una piccola biblioteca con prestito gratuito dei volumi.
Ha, a disposizione di tutti, vari periodici, quali:  l’Espresso, l’Europeo, il Mondo, la Fiera letteraria, Diogene, Comunità europee, l’Astrolabio.
Collabora con vari redattori al giornale ciclostilato “L’Avanguardia”.
Ha inoltrato domanda di adesione al movimento Salvemini, all’Ente nazionale per le biblioteche nazionali e scolastiche e alla Federazione italiana biblioteche popolari.
Ha inoltrato domanda per due corsi di educazione degli adulti, uno diretto alle donne e uno agli uomini.
La Sezione sportiva ha organizzato e dirige una Società sportiva con una propria squadra di calcio, sforzandosi di incrementare la pratica dello sport a livello giovanile.
Si sta inoltre interessando presso le autorità comunali e regionali per ottenere la costruzione di un campo sportivo, di cui il paese  ancora privo.

La sezione folcloristica ha organizzato cinque gite per far conoscere le località più caratteristiche della Sardegna ed ha attualmente in cantiere la preparazione di una recita dialettale sarda.

Il gruppo MCC cura inoltre un servizio informazioni in collaborazione con il collocatore comunale per eliminare la disoccupazione e favorire l’orientamento professionale.

I soci del Gruppo si sono impegnati a promuovere due inchieste di ambiente (scuola e occupazione)».


5 - Svolta politica e smantellamento dei Gruppi

Nel 1967 si verifica una svolta politica a livello di vertice.  Il settore educazione degli adulti viene ristrutturato.  La Cassa per il Mezzogiorno decide di chiudere le convenzioni con i vari Enti;  cessano quindi i finanziamenti.
Si parla di ristrutturazione del settore di intervento privato con nuove formule di finanziamento statale;  si parla di creare “supercentri sociali” la cui gestione verrà affidata a esperti.  In concreto è accaduto (non si vogliono ignorare per altro le cause e gli scopi delle “ristrutturazioni” periodiche del sistema nei vari settori chiave) che il potere politico ha fiutato il vento della contestazione che comincia a soffiare prima ancora che nelle scuole, fra i giovani dei centri di cultura delle comunità di provincia, il cui mondo viene messo in crisi con l’avvento dell’era tecnologica.  C’è un vasto movimento di protesta e di rivolta contro il processo di emarginazione e degradazione delle comunità dell’interno e un bisogno di riappropriazione della cultura autoctona da contrapporre alla cultura egemonica violenta e rapinatrice, in difesa dell’uomo, dei suoi valori individuali e collettivi.  Documenti, analisi, iniziative, programmi come quelli di Norbello, di Borore, di Cabras sono per il sistema sintomi allarmanti di una nuova umanità non canalizzabile nei disegni riservati alla Sardegna dal capitalismo internazionale, di cui la classe dirigente isolana è fedele servitrice.
Non certamente per un caso, soltanto i Gruppi di collaborazione civica sardi vengono esclusi da ogni possibilità di finanziamento statale;  né la Regione durante la loro vita, né quando furono esclusi dai finanziamenti della Cassa, ha mai fatto nulla per sostenerli.  Neppure quando la delegazione regionale dei Gruppi sardi, in una riunione drammatica con i responsabili di tutti i Centri di cultura, predispone una bozza di statuto per la costituzione di una Federazione sarda dei Gruppi, mettendo a disposizione della stessa Regione il proprio materiale di lavoro (locali, biblioteche, arredamenti, sussidi didattici) e il proprio patrimonio di esperienze.

«La delegazione regionale del movimento di collaborazione civica ha chiuso i battenti.  Quindici centri di cultura, dislocati nelle zone dell’Oristanese, del Marghine, del Guspinese hanno cessato le attività.  Soltanto due o tre tentano disperatamente di sopravvivere elemosinando qualche lira per pagare i debiti.  Qualcuno, come San Gavino, ha venduto i libri della biblioteca per pagare il fitto arretrato dei locali.  Anni di duro lavoro, di sacrifici e di speranze andati in fumo per l’indifferenza, per il cinico calcolo del profitto elettorale dei responsabili della politica regionale.
La Regione porta la grave responsabilità del fallimento di una delle iniziative più valide tra quante sono state promosse in Sardegna nel settore della cultura popolare.  E di questa responsabilità, il peso maggiore va addebitato all’on. Lucio Abis, già assessore al lavoro e pubblica istruzione, che ha sistematicamente ignorato quanto si stava facendo nel settore, che ha sempre negato, con pervicacia, qualunque riconoscimento o contributo ogni volta che dirigenti qualificati di Centri di cultura o per essi il delegato regionale gliene hanno fatto urgente e documentata richiesta.  L’on. Abis ha ritenuto, forse, che i quattrini della Regione - cioè del contribuente, non suoi - fossero mal spesi, se spesi per sostenere centri come quelli del Movimento di collaborazione civica... che sono le uniche organizzazioni di livello nazionale che abbiano dato, in Sardegna, un contributo concreto nella diffusione della cultura tra le masse popolari, con la costituzione di strutture e servizi sociali.  Ad Abis - oggi assessore alla Rinascita - evidentemente non importa la rinascita del popolo sardo, non gli tornano utili cittadini culturalmente provveduti che ragionano con la loro testa nel momento elettorale...
Uomini di tutte le età, di tutti i partiti politici si sono trovati a lavorare insieme per il bene comune.  E’ stato il primo e più rilevante successo, se si considera il fenomeno di frantumazione che caratterizza i rapporti comunitari nell’Isola.
Fra mille difficoltà, la più grave di tutte:  la penuria di mezzi - spesso si dovevano fare le collette per pagare il fitto o la luce o per acquistare libri.  Talvolta, è vero, essi hanno trovato sostegno, comprensione e fiducia negli amministratori locali.  Alcuni Centri hanno avuto il riconoscimento di pubblica utilità, al fine di ottenere qualche decina di migliaia di lire dai Comuni.
Citiamo il Centro di Borore, su cui il sindaco ha dichiarato:  “Considerata l’importanza e la validità dell’opera che il Gruppo di collaborazione civica ha svolto in seno alla nostra comunità, mediante una serie di iniziative quali:  la pubblicazione di un giornale LA VOCE DI BORORE, con cui si realizza un efficacissimo ed importantissimo rapporto con gli emigrati, si dibattono problemi che interessano la comunità tutta e ne sollecitano la partecipazione;  l’organizzazione di dibattiti, inchieste, incontri sulla varia e complessa problematica sociale ed economica, indicando talvolta opportune scelte e soluzioni politicamente ed economicamente valide;  la costituzione di un gruppo di ascolto al consiglio comunale, che prepara così un ricambio all’attuale classe dirigente a livello locale...»(22)

A proposito di “La Voce di Borore”, il giornale per gli emigrati, la regione ha copiato spudoratamente la formula dell’iniziativa di Borore, dando vita a un bollettino per gli emigrati (il solito carrozzone di sottogoverno), molto simile al Bollettino si Sant’Antonio, sperperando miliardi (era sostenuto infatti dal “Fondo sociale” di un miliardo).
La storia della classe dirigente sarda e delle sue pesanti responsabilità nella situazione di arretratezza culturale del popolo sardo è quella che è, e non è compito di questo lavoro svilupparla.  Qui può interessare conoscere, in breve, quali sono state, in termini di crescita politica e sociale, le incidenze dei Gruppi MCC nelle comunità, e vedere che cosa è rimasto delle strutture sociali create e delle iniziative svolte.
A Cabras, dal dopoguerra fino agli Anni Sessanta, la DC e il MSI si alternavano nella amministrazione del Comune;  la sinistra era quasi assente, e otteneva alle elezioni poche decine di voti (per lo più socialisti, i comunisti 3 - 4).  Negli Anni Sessanta, il PCI supera i 500 voti (su circa 4.000 elettori).  Negli Anni Settanta raggiungeva con i socialisti la maggioranza.  Attualmente le sinistre amministrano il Comune.  Il Centro di cultura è stato salvato dal movimento dei pescatori che si battono per la socializzazione degli stagni padronali, ed è ancora oggi il luogo di incontro e di dibattito, di rilancio di ogni iniziativa del movimento antifeudale.  E’ rimasta la Biblioteca civica (organizzata dal Gruppo MCC, che l’ha lasciata al Comune ricca di oltre 2.000 volumi).
A Guspini, il Comune ha assorbito la Biblioteca del Gruppo, costituendo con propri locali e un bibliotecario stipendiato, la Biblioteca comunale che funziona tuttora ed è rimasta, come all’origine, un centro di animazione sociale.
A Norbello, i dirigenti del Gruppo hanno ottenuto la fiducia del paese che li ha eletti a dirigere l’amministrazione comunale.  Il responsabile del Gruppo è stato sindaco per diverse amministrazioni - i socialisti, prima in minoranza sono attualmente la maggioranza.  Esiste ancora la Biblioteca e sono state create diverse strutture sportive e ricreative.
A Borore, alcune delle attività proprie del Gruppo continuano a svolgersi nel Centro di lettura, e resta la Biblioteca come luogo di incontro e di dibattito.
Tali notizie non sono aggiornate, ovviamente, alla data di pubblicazione di questo lavoro.

NOTE AL CAPITOLO SESTO

1) UNLA - I centri di cultura popolare - Ed. UNLA 1963 pag.169.
2) Ibidem - pagg.176-180.
3) Ibidem - pagg.190-196.
4) Vedi U. Dessy - Il diario di un congressista - in L’Invasione della Sardegna - Feltrinelli 1970.
5) UNLA - I centri di cultura popolare - 1963 - pagg.198-199.
6) Ibidem - pag.200.
7) Ibidem - pagg.21-39.
8) U. Dessy - Vino e poetica nell’Oristanese - in Sardegna Oggi - n. 45 del 1 aprile 1964 e n. 46 del 15 aprile 1964.
9) Ibidem.
10) AILC - Documento per l’adesione dei Circoli - Roma.
11) In Tempo Presente - Umanità nova -  eccetera.
12) U. Dessy - La rivolta dei pescatori di Cabras - primi tre capitoli - Marsilio editori 1972.
13) Ibidem - pagg.44-45.
14) Gli elaborati sono tratti dalla inchiesta di comunità svolta dall’AILC a Cabras nel 1960/63.  Alcuni di questi elaborati sono stati pubblicati in riviste e saggi, già citati.
15) U. Dessy - L’Educazione degli adulti in chiave paternalistica - in Sardegna Oggi - 15 marzo 1963.
16) Il programma di attività sociale ed educative per il Mezzogiorno, estratto da Assistenza d’oggi - n. 6 - dicembre 1960.
17) Dai documenti degli Atti del VI Congresso nazionale dell’UICP-FIBP - Oristano 1/3 giugno 1962.
18) Da un documento MCC di autopresentazione - Radio Cagliari 1968.
19) Da Sardegna Oggi - maggio 1964.
20) Dalla relazione della delegazione sarda sulle attività dei Gruppi MCC - maggio 1964 - anche in Sardegna Oggi dell’1. 6. 64.
21) Ibidem.
22) La Nuova Sardegna - 9 maggio 1967.

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