Copyright 2024 - Custom text here

Indice articoli


leggende

La fondazione di Oristano

Molti e molti anni or sono era re di Tharros un certo Joneto - grande nemico dei Saraceni, pirati e predatori di beni e di fanciulle dal roseo incarnato.
Ai Saraceni, Joneto rapi il principessa Zulemma - nel corso di una memorabile battaglia nel golfo, tra fassonis cristiani e feluche islamiche, che segnò l'inizio della fine del dominio saraceno di Museto.
Zulemma, come tutte le principesse del passato, era bellissima. Aveva poppe sode e fianchi rotondi, gambe lunghe e ben tornite, carnagione lattemiele e occhi verde smeraldo.
Joneto se ne invaghì. Perse l'appetito e trascurò gli affari di stato, smanioso di far suo quel bocconcino d'infedele. Ma Zulemma, femmina perspicace, fece proprie le usanze cristiane: se le intenzioni del re erano serie, le dimostrasse sposandola in chiesa - altrimenti niente bocconcino.
Si sa come sono le belle donne: se un povero maschio s'innamora ne approfittano. La bella Zulemma chiese, per soprammercato, una congrua dote: una città, da edificarsi precisamente al posto dello Stagno d'Oro che luccicava a un tiro di schioppo da Tharros, ormai in decadenza dopo tremila anni di storia.
La richiesta di Zulemma mise in crisi Joneto e tutto quanto il suo governo. Si riunirono ministri, sacerdoti e generali per esaminare a fondo la questione. Costruire una città non era dificile: la manovalanza generica anche allora non mancava - per le pietre si potevano riutilizzare quelle già squadrate degli ormai disusati monumenti romani; per le case popolari si sarebbe potuto ripiegare su costruzioni in ladrini, mattoni di fango. Ma prosciugare uno stagno, con i mezzi di allora era una faccenda maledettamente complessa - per non parlare dei diritti esclusivi di pesca in tali acque, ricche di muggini, cefali e anguille, che fruttavano fior di marenghj alla Corona e ai Nobili.
Come sogliono fare tutti i governanti in situazioni difficili, Joneto - dice la leggenda - chiese aiuto al Diavolo, che al richiamo dei potenti prontamente appare.
Luziferru - così veniva nominato il Diavolo da quelle parti - di buon grado acconsentì ad accollarsi l'onere del prosciugamento dello Stagno d'Oro, chiedendo in cambio due anime. Due anime solvibili - naturalmente. Per la precisione, l'anima di Joneto e di Zulemma.
Il contratto venne stilato come d'uso su carta pergamena legale, con timbri, sigilli e firme tutto in regola. Nacque così l'attuale Oristano, da un concordato tra Stato e Inferno.

La leggenda continua e dice che Joneto, giunto al vecchiaia, entrò in crisi di coscienza, pentendosi amaramente di aver venduto la propria anima - dell'anima di Zulemma non se ne preoccupava: le belle donne, si sa vanno all’Inferno comunque. Il vecchio Joneto cominciò a far penitenze, si dedicò a opere pie, promulgò leggi per alleviare le plebi nelle annate siccitose e infine, non sapendo più come uscirne, si rimise nelle mani di San Madre Chiesa.

Su intercessione del Vescovo, il caso fu affidato alla Madonna del Rimedio - tutt'ora allogata, per grazia ricevuta, in una vicina basilica. Nostra Signora riuscì a sottrarre (la leggenda non dice come) il contratto in pergamena al Diavolo Luziferru, liberando il re Joneto dalla dannazione eterna...

Fin qui la leggenda. Che non é poi tanto campata in aria, se ancora oggi si verificano vendite di anime notabili in cambio di seggi parlamentari, appalti di opere pubbliche e altri privilegi, e se ancora oggi é frequente la sparizione di documenti compromettenti per evitare la dannazione di scandali e galera.
Tharros fu fondata dai Fenici nel IX - VIII sec. a. C. Situata nella penisola del Sinis, nell'arco a Nord del golfo di Oristano, dove sorgevano precedenti insediamenti umani, di cui reperti archeologici sono stati datati al secondo millennio avanti Cristo.
Con Nora e Sulci, Tharros é considerata il più antico insediamento fenicio nell'lsola. La città ebbe notevole sviluppo con le dominazioni cartaginese e romana. Dopo il dominio bizantino divenne capitale di un principato autonomo (giudicato di Arborea). Intorno all'Anno Mille - scrive uno storico - il giudice Onroco abbandonò Tharros seguito dal clero e dal popolo e si rifugiarono tra gli stagni dell'entroterra dove fondarono la città di Oristano.
DaII'VIII al X secolo si susseguono le incursioni arabe. Si vuole che la Sardegna sia stata invasa e sottomessa dai Saraceni da una armata comandata dal re Museto (Mùsà). "Al comando dell'armata - scrive Carta Raspi - sembra anzi vi fosse proprio Mùsà, ben noto per aver capitanato con Tarik gli eserciti che invasero la Spagna. Gli Arabi, dice Ibn al Atir, s'impossessarono della Sardegna, nella quale fecero grande bottino. L'azione non appare però condotta su vasto territorio né in profondità, bensì concentrata su una città e questa più probabilmente poté essere Cagliari, o Solki,o Tharros".
Dello stesso avviso lo storico Manno: "La sola cosa che si può fermare per vera nel riferire l'occupazione della Sardegna fatta da Museto, re dei Saraceni dell'Africa, si é che nei primi anni del secolo XI era egli già possessore, se non dell'isola intiera, almeno di qualche porzione ragguardevole della medesima".
Anche il tentativo di invasione in forze da parte dei Saraceni sarebbe stato frustrato dalla tenace resistenza dei Sardi, i quali avrebbero respinto gli assalitori arrecando loro gravi perdite.
Nella leggenda, così come a me piace raccontarla, il riferimento alla battaglia navale tra forze cristiane e islamiche é in chiave ironica: is fassonis sono rudimentali imbarcazioni ricavate da erbe palustri legate in fascio, galleggiano in acque stagnanti e sorreggono pochi uomini.
Dopo la decadenza di Tharros, dovuta alle frequenti scorrerie dei Saraceni, sorge, più distante dal mare, la città di Oristano (staniu de oru, stagno d'oro), fondata appunto su o in prossimità di uno stagno.
Sulle vicende archeologiche della necropoli punico-romana di Tharros, che delineano una inaudita storia di saccheggi e rapine ad opera di illustri colonizzatori, si veda il capitolo IX - pagg. 457 - 466 vol. II - del saggio "Quali banditi?" di Ugo Dessy edito da Bertani nel 1977

Questo sito utilizza cookie per migliorare la tua esperienza e offrire servizi in linea con le tue preferenze. Chiudendo questo banner acconsenti all’uso dei cookie.