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Indice articoli


Tratto da ABC settimanale del 04.05.1973

di Ugo Dessy

I PRURITI DELLA POLIZIA

CAGLIARI: CHIUSI 57 CLUB GIOVANILI. SCHEDATI CIRCA 2000 GIOVANI E RAGAZZE SOSPETTATI DI VIOLAZIONE DEI SACRI PRINCIPI MORALI DELLA GENTE SARDA.

 

Cosa si nasconde dietro questa guerra scatenata contro la gioventù cagliaritana? A colloquio con i soci di alcuni club. I pretesti della droga, della corruzione giovanile, della prostituzione. L'offensiva mira a eliminare i circoli culturali e politici?

CAGLIARI, aprile
La guerra mossa dalla polizia ai circoli giovanili, a Cagliari, è in pieno svolgimento. I giovani sostengono validamente l'urto repressivo, e non ci tengono ad apparire vittime. Snidati da una parte si riorganizzano da un'altra. "La questura ci ordina di chiudere, ma non di non aprirne un altro" dice un fondatore e habitué di club, provocando tra i soci sorrisi sfottenti. La prima massiccia operazione di polizia si è conclusa un mese fa. Su ordine della procura della Repubblica sono stati perquisiti e chiusi 30 circoli. Il quotidiano che si stampa a Cagliari esalta la brillante operazione, rimasticando il comunicato stampa della questura.

Contro di noi senza motivo
"Per stroncare la dilagante corruzione che trova un ambiente assai favorevole nei circoli giovanili, il procuratore della Repubblica ha disposto una serie di controlli e perquisizioni che hanno portato alla chiusura 30 clubs e alla identificazione (si legga schedatura - n.d.r.) di oltre 1.200 giovani, 300 dei quali, per la maggior parte ragazze, minorenni. A conclusione delle indagini, gli agenti della Mobile hanno trasmesso un dettagliato rapporto all'autorità giudiziaria, denunciando 12 persone per avere aperto pubblici esercizi senza la prescritta autorizzazione, per aver organizzato trattenimenti danzanti. Un altro giovane, invece, è stato deferito alla magistratura per aver riaperto il club senza l'autorizzazione del pretore. Ciò in quanto il circolo, lo Studio 21 di via San Domenico, era già stato precedentemente chiuso durante un altro controllo della polizia".
Giorgio, 18 anni, lavora dove capita, attualmente aiuto-carrozziere, e assiduo frequentatore dello Studio 21: "La polizia si accanisce contro noi giovani senza un motivo. In base alla legge non può farci un tubo, ballare non è mica un reato, e neppure farsi una pomiciata con la ragazza. Che gliene frega a loro? Forse ci sarà qualche figlia di poliziotto col prurito e va nei clubs per farselo passare...".
Nella boutique "2001" di via Garibaldi, commessi e clienti sono giovani habitués di club. Abbiamo tirato fuori l'art. 18 della Costituzione che garantisce ai "cittadini il diritto di associarsi liberamente senza autorizzazione per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale".
Non conoscono la Costituzione, conoscono i loro diritti. "Noi sappiamo che un circolo non è un pubblico esercizio, perciò non occorre licenza o autorizzazione. Ci mancherebbe altro! Va a finire che dobbiamo chiedere il permesso per andare al gabinetto...", dicono.
In effetti è scandaloso che sulla base di imputazioni fasulle si deferiscano cittadini alla magistratura. Non possono considerarsi "fini vietati dalla legge" ascoltare musica, discutere, ballare e fare l'amore con la ragazza. E diventa ridicolo, oltre che illegittimo, il sequestro del "materiale" trovato dalla polizia durante le perquisizioni e trasferito con burocratico zelo d'inventario al palazzo di Giustizia: si tratta di giradischi, dischi, amplificatori, lampadine colorate, posters di divi della canzone e altri "peccaminosi" reperti. Per evitare il ridicolo, la questura sostiene di aver ricevuto "numerosi esposti" da parte di molti genitori, preoccupati dal fatto che i loro ragazzi frequentano i circoli, rientrano tardi a casa e trascurano gli studi, e che in "quei luoghi equivoci e malsani" si avviano "sulla strada del vizio".

Andiamo a prender vento?
Detto senza perifrasi, significa che imparano a fare all'amore smettendo con le esercitazioni solitarie.
Nello stesso mese di marzo, la polizia effettua un secondo massiccio rastrellamento che si conclude con la chiusura di altri 27 circoli. La motivazione ufficiale, data alla stampa, è sempre la stessa: "Per prevenire la delinquenza minorile". Stavolta però si cerca un giustificazione più seria, si fa balenare il pericolo della droga e della prostituzione. Infatti - si sostiene - a Cagliari droga e prostituzione passano attraverso i clubs.
Qual'è la risposta dei giovani all'ondata moralizzatrice che vede congiunte procura, polizia, stampa e borghesia nella crociata contro i circoli? La prima più diffusa risposta dei giovani è quella divertita di chi ci passa su perché non ha nulla da perdere. Per la maggior parte, gli habitués dei clubs sono sottoproletari, vengono da esperienze di lavoro minorile, hanno fatto i garzoni e gli schiavetti dei bar e dei negozi già a10-12 anni. Anche ora che hanno trovato un lavoro più dignitoso rifiutano un inserimento in una società che già da piccoli li ha emarginati. Non cercano un inserimento in un gruppo politico giovanile, parlamentare o extra, dove dettano legge gli studenti e i figli di papà. La città non dà loro alcuna possibilità di trascorrere in gruppo il tempo libero. Cagliari è una città che non offre distrazioni. Sopperiscono da se stessi a una carenza di strutture socio-rocreative.
I soci del club di Piazza Martiri - uno dei più chic e ricercati della città - si sono riuniti per discutere con ABC. Per la circostanza sono convenuti anche numerosi soci di altri clubs e ne è venuto fuori una specie di "congresso di clubisti".
"Come e perché nasce un club è presto detto" - attacca un anziano di 25 anni. "Siamo un gruppo di amici scoglionati perché non sappiamo dove andare a sbattere la testa nelle ore in cui non lavoriamo. Che fai? Ti chiudi in un cinema o te ne stai a zonzo? Oppure ti chiudi in casa con i vecchi? O se anche hai la ragazza, dove te la porti, a prendere vento passeggiando in via Roma? Allora troviamo un buco da qualche parte, ce lo attrezziamo come piace a noi e ci facciamo i cavoli nostri senza rompere le scatole a nessuno".
Sono sorti così un centinaio di circoli, dei quali - mi si dice - almeno una cinquantina funzionano egregiamente. Cagliari è una città cresciuta a dismisura, in funzione delle industrie petrolchimiche e delle basi militari che circondano l'abitato. Da un lato, con la forte imigrazione e il pullulare di militari americani e tedeschi, c'é una spaventosa carenza di abitazioni, che sono tra le più salate d'Italia (oltre centomila lire, tre vani più servizi con riscaldamento); da un altro lato c'è abbondanza di vecchie costruzioni inabitabili, specialmente nella zona alta di Castello: gli antichi palazzi spagnoleschi nobiliari offrono cantine e sottani che i giovani, con qualche ritocco, trasformano in caves all'esistenzialista, in accoglienti dancings o discoteche, dove essi trovano una dimensione loro autentica e libera dagli schemi repressivi e ipocriti della società.

Chiuso cinque volte
Un altro "anziano" fa la storia del club di Piazza Martiri: "Il nostro è uno dei più vecchi, ha sei anni di vita, un vero record, ed è stato chiuso almeno cinque volte dalla polizia. Prima ne avevamo uno in Via Lanusei; questo va meglio, è più centrale e ci vengono più ragazze. Siamo una quarantina di soci, più le ragazze che vengono con il loro ragazzo o con amici o anche sole o in gruppo. Paghiamo per i locali tutto compreso 45 mila lire mensili e dovremmo pagare 2.500 lire a testa di quota mensile, dico dovremmo perché non sempre abbiamo i soldi per pagare, tant'è che siamo cinque mesi in arretrato col fitto. Il nostro scopo è di stare insieme a divertirci, ascoltare musica, chiacchierare, leggere e ballare. Non credo che ci sia niente di criminale in questo."

Trovano i pretesti più matti
L'ultima incursione della polizia risale a febbraio scorso. "Noi stavamo ascoltando musica e giocando a tombola, guarda che combinazione! Si sono presentati con un mandato di perquisizione. Chissà che bombe cercavano! Hanno perquisito, rovistato ma non hanno trovato nulla. Allora ci hanno chiesto se tutti i presenti erano soci. Abbiamo detto di sì. "E le ragazze?", hanno chiesto. Le ragazze non sono mai le stesse, vanno e vengono, non sono socie. E questo è stato il pretesto per farci chiudere.
Prima di andarsene hanno minacciato di denunciarci per sottrazione consensuale di minori, perché - hanno detto - ragazze inferiori ai 21 anni non possono entrare nei clubs senza l'autorizzazione scritta dei genitori. Roba da ridere...".
"Per farci chiudere trovano i pretesti più matti", dice un giovane di un club del Castello. "Da noi, durante l'ultima perquisizione hanno trovato una bottiglia vuota di liquore, che usavamo con la candela infilata sopra per ornamento. Qui voi spacciate liquori - ha detto un appuntato - senza la prescritta autorizzazione. Noi abbiamo fatto presente che si trattava di una bottiglia vuota. Ma loro sono intelligenti e hanno risposto che prima era piena. Con questa scusa ci hanno fatto chiudere. Dopo un paio di giorni abbiamo riaperto".
"In effetti, la polizia, per farci chiudere, trova sempre qualcosa che non è in regola", dice un altro socio. "Ma che cosa vuol dire essere in regola?".
"Vuol dire avere il permesso dalla questura. Ma a chiunque l'ha chiesta o la chiede per aprire un club la questura non rilascia mai autorizzazione. Quindi siamo sempre fuorilegge, perciò quando non si trovano altri pretesti, si tira fuori la barzelletta della autorizzazione".
Le ostilità nei confronti dei circoli giovanili - nell'attuale forma esasperata e puntigliosa - sono state aperte dal procuratore generale Cocco nella sua relazione alla inaugurazione dell'anno giudiziario in Sardegna. Il Cocco dopo aver rilevato (contorcendo i suoi stessi dati) un aumento della criminalità giovanile (che si riduce a furti di auto, moto e accessori); dopo aver dissertato sui reati di libertà sessuale, afferma "doversi riconoscere, sempre in tema di delinquenza minorile, che è assai deprecabile la crescente diffusione di circoli e club frequentati da giovanissimi, che assumono talvolta tendenze antisociali e di sovvertimento di quei più sani princìpi che costituivano un tempo uno dei più ambiti pregi della gente di Sardegna".
Quali siano "quei più sani princìpi" che verrebbero sovvertiti nei clubs non è chiaro.
"Veniamo al sodo - abbiamo chiesto un pò provocatoriamente al congresso dei clubisti di Piazza Martiti -: se come voi dite siete bravi ragazzi che si riuniscono tra loro per ascoltare musica, fare tombolate e parlare delle faccende vostre, come vi spiegate che la magistratura e la polizia mostrino tanto accanimento contro i vostri clubs, ritenuti anticamera di criminalità, luoghi di perdizione, ricettacoli di drogati e di donnacce?".

Magnaccia di alto bordo
Si è scatenato un putiferio.
Mario, 22 anni, commesso: "E' difficile capire il perché di questo accanimento contro di noi. I motivi possono essere tanti. A Cagliari c'è un ambiente di preti, contrario alle iniziative dei giovani, se escono dall'oratorio della parrocchia... Forse pensano che nei nostri clubs succedono fatti strani, orge, perversioni, ragazzine scannate... Nel nostro club le ragazze sono una quindicina, non sono bambine, la polizia pensa che qui vengono traviate, ce n'è qualcuna qui, si può interrogarla... non è vero, perché se vogliono fare l'amore possono farlo in auto o fuori, dove vogliono, non è necessario venire qui...".
Tony, 17 anni, studente: "Perché ce l'hanno coi clubs? Dicono perché i ragazzi rientrano tardi a casa e non studiano. Balle! Tutti i clubs chiudono alle otto e mezzo, massimo alle nove di sera, perché le ragazze specialmente a quell'ora devono rientrare in famiglia, se no sono guai coi genitori.
Dicono che i clubs corrompono le ragazze che poi finiscono sui marciapiedi di viale Trieste...
Lo interrompe un anziano che ha qualcosa da dire sulla prostituzione: "E' un altro giro, quello della prostituzione, una società organizzata col benestare delle autorità, magnaccia di alto bordo che hanno la villa nelle spiagge della Villasimius, guadagnano milioni... ma che si vede che noi siamo di quella razza!?".
Riprende Tony: "Ma quale prostituzione! Una ragazza che va a letto per soldi sì, è una puttana, ma, se fa l'amore per il suo gusto col suo ragazzo, non si può parlare di prostituzione... può far l'amore con chi vuole, sempre se c'è la simpatia, e non c'è niente di male. Per la gente arretrata e per la polizia o anche per il borghese questo è prostituzione. La nostra mentalità, almeno credo, nel nostro circolo, è questa: se tu hai una ragazza e ci vai a letto e poi lei va con un altro ragazzo e fa l'amore con lui, tu non te la prendi... Perché non lo dovrebbe fare? E' giusto che ci sia una parità anche in questo. Non tutti la pensano così, i giovani, molti sono gelosi della ragazza, ma la mentalità si sta evolvendo in questa direzione, magari non apertamente, ma sotto sotto si cominciano a vedere i primi frutti...".

La droga qui non passa
Da qualche mese si fa un gran parlare di droga, a Cagliari, e anche apertamente, sul quotidiano del capoluogo, la droga si lega ai clubs. Non c'è nulla - e non si è ancora capito quali meccansimi si mettano in moto - che faccia spavento o che mandi in bestia i moralisti di tutte le categorie più della droga. Cosa dicono i clubisti ?
"Sì, lo sappiamo, ne abbiamo discusso. Qui siamio molti, di diversi circoli e questa è l'occasione buona per una smentita, per far sapere la verità alla gente. Il club è uno dei pochi posti dove la droga non passa, non può passare anche perché siamo sorvegliati speciali della polizia, saremmo fessi a farci incastrare. Noi vogliamo divertirci, stare con le nostre ragazze, e basta. La droga può passare più facilmente nelle scuole o in altri ambienti, che non sono sorvegliati, qui no. Possiamo smentire... Come principio, la maggioranza di noi è contraria alla droga e se qualcuno la pensa così è libero, ma se viene qui a proporre una cosa del genere la maggioranza lo prende a calci... Non escludiamo che qualche ragazzo o ragazza che si droga sia passato di qui, ma questo non vuol dire nulla. Per essere sinceri c'è stato una volta un socio, non facciamo nomi, è venuto a proporci di fare una fumatina, ma nessuno ha accettato... Pensiamo che la droga è una cosa che non porta a niente, ammesso che non danneggi la salute, è un piacere breve, insignificante. Ci sono tanti altri modi per star bene...".
C'è tra loro un anarchico, morde il freno, vuol dire la sua: "Non stiamo dicendo nulla di concreto. Non è un caso che la polizia ce l'abia coi giovani dei clubs, c'è un motivo politico, perché noi giovani la pensiamo in modo diverso da loro, i nostri modi sono spregiudicati, come li chiamano loro, specialmente con le ragazze, soprattutto per le ragazze, ma essenzialmente per ragioni politiche, perché la maggior parte dei giovani dei clubs sono di sinistra, anche quando non fanno politica, e la polizia non è certo di sinistra, quindi riunendoci possiamo diventare un gruppo politico, fare manifestazioni e dare fastidio alla polizia. Per questo, ci fanno chiudere...".
Sulla scia dell'anarchico, interviene un altro clubista politicizzato, uno studente liceale di 17 anni: "Non credo che la polizia sia diventata l'esercito della salvezza, che viene a farci la predica in difesa della verginità delle ragazze; della donna, vergine o no, a quelli non gliene frega nulla... Credo che ci perseguitano perché sfuggiamo al controllo, non sanno cosa facciamo e quindi pensano chissà quali diavolerie rivoluzionarie si nascondono qui... Infatti, come si spiega che i cosidetti circoli politici, fiancheggiati dai partiti, non li chiudono? E che cosa fanno in quei circoli? Mica parlano di politica! Ballano e pomiciano tutto il giorno e forse lì fumano anche l'erba... Vedi il caso del Club 53 di via Barcellona, l'hanno chiuso e allora si sono associati a un'organizzazione politica.

E' una protesta sbagliata
Ora non lo toccano più, perché c'è dietro un partito, che è come un canale, dentro ci puoi navigare tranquillo perché si sa dove si va a finire. I nostri clubs non sono un canale e non si sa dove vanno a finire, perciò la polizia ci mette in allarme, vuole avere tutto sotto controllo, se no s'incazza...".
C'è una categoria di giovani, per lo più studenti di estrazione borghese e politicamente orientati a sinistra, che frequenatno abbastanza assiduamente i clubs perché vi trovano occasione per trascorrere qualche serata piacevole con la ragazza - senza pagare biglietto d'ingresso come in un dancing - o se non hanno ragazza hanno la possibilità di trovarne una. Questi giovani sono severi nel giudicare i clubs, che a parere loro nascono da un modo sbagliato di protestare.
Uno del "Manifesto": "Nei clubs si va da soli o in coppia o in gruppo per ballare e divertirsi senza pensare a nulla. Le ragazze che li frequentano sono moltissime, quasi tutte studentesse, perché sono gli unici locali dove si balli aperti nel pomeriggio, quando è permesso loro di uscire di casa. Le ragazze ci vanno o in gruppo o con il loro ragazzo, mai da sole se sono ragazze serie... Può darsi che il comportamento spregiudicato di queste ragazze sia una forma di protesta alla repressione della famiglia e della società, ma è una protesta sbagliata...".
Una studentessa dello scientifico, assidua dei clubs: "Se cerchi una mentalità aperta nei clubs non la trovi, tutta apparenza. Prima di tutto chi li organizza parte con l'idea di formare un posto dove si pomici, dove sia facile portare le ragazze a fare l'amore, si comincia con qualche puttanella e poi se ne trovano nuove. C'è chi va con la ragazza fissa, e quella guai a chi la tocca... Chi bolla le ragazze poi sono gli stessi soci che se ne vantano e lo dicono in giro; quando si sono serviti, la passano ad altri... Io ci vado solo col mio ragazzo, per ballare".
Abbiamo chiesto a un gruppo di giovani di "proletari autonomi", un gruppo libertario di Cagliari:
"Cosa pensate della chiusura di quasi tutti i clubs della città? Vi sentite interessati a questo problema?".
"Su questo problema si è sviluppato proprio in questi giorni un dibattito fra i compagni. La prima considerazione fatta è stata quella sull'ambiente... insomma il tipo di gente che frequenta i clubs. Si tratta per lo più di ambienti alquanto squallidi, frequentati da studenti qualunquisti alienati, che pensano solo a farsi la pomiciatina... il che, in poche parole, per diversi compagni significa: tutto questo non ci riguarda...".
"Avete quindi concluso che la questione non vi interessa...".
"Eh, no! Il fatto è che abbiamo concluso che non tutti i clubs sono ambienti piccoli-borghesi; ci sono anche diversi clubs frequentati da giovani proletari... ovviamente anche qui la discussione politica è alquanto carente, ma non manca del tutto. In secondo luogo ci vuole poco a rendersi conto del fatto che la repressione poliziesca dei clubs è un primo passo per arrivare alla soppressione dei circoli culturali e delle sedi politiche rivoluzionarie. Ecco quindi che la chiusura dei clubs rivela il suo aspetto politico: attacco alla libertà di riunione; attacco alla liberalizzazione dei costumi sessuali... Non dimentichiamoci che oltre allo sfruttamento e alla repressione economica e politica esiste anche una super reazione, in ritardo con la stessa evoluzione capitalistica, che si oppone alla libertà sessuale... preti, frati suore, militaristi, azione cattolica eccetera, tutti perfettamente inseriti nel sistema capitalista ma ancora più a destra del capitalismo, in materia sessuale.

Ragazze rimaste incinte
"In conclusione: anche se gli stessi ragazzi dei clubs non lo sanno, anche se molti di loro sono qualunquisti, in ogni caso il club rappresenta sempre un possibile luogo di incontro e di discussione, di dibattito delle idee e quindi di sovversione. Per questo i poliziotti reprimono i clubs, a meno che il gestore non sia un delatore della polizia o non faccia del club un dancing e basta. Per quanto riguarda poi tutte le storielle sulla droga, sulla prostituzione e sugli invertiti, non vale neanche la pena di parlarne".
Intanto la guerra ai clubs si è allargata, da Cagliari a Quartu, un grosso centro di circa 50 mila abitanti. Il pretesto ufficiale che ha dato l'avvio alle ostilità a Quartu sono alcune ragazze rimaste incinte. Pare che i tutori dell'ordine abbiano assodato che al momento del concepimento le sopraddette ragazze si trovassero in un circolo. "Le indagini sulla complessa vicenda - scrive il quotidiano di Cagliari - sono circondate dal massimo riserbo".

 

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