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Indice articoli

CAPITOLO QUINTO
S'IMBRUSCIADURA, un singolare rito terapeutico


S'imbrusciadura (letteralmente: l'atto dell'avvoltolarsi per terra), fra i riti terapeutici praticati in Sardegna contro s'azzicchidu, lo spavento, riveste un particolare interesse per la dinamica rituale, perché è ignorato dalla etnologia ufficiale (se ne parla soltanto in una comunicazione accademica che è un plagio di questo mio studio), e infine perché è rilevabile nel solo centro di Cabras, dove è diffusissimo, e in alcuni paesi limitrofi, dove se ne osservano pochi casi.
Il termine azzicchidu, che si traduce con spavento, è generico e serve per indicare un qualunque trauma psichico. E' chiaro che la minore o maggiore gravità del trauma-azzicchidu non varia tanto in rapporto alla causa che lo ha provocato, quanto a seconda del soggetto e della condizione psichica in cui egli si trova in quel dato momento.
Dagli abitanti di questi paesi vengono fatte delle distinzioni sulla natura del trauma-azzicchidu in rapporto alle cause che lo hanno provocato. Si hanno così: azzicchidu de anima bia, spavento da anima viva, e azzicchidu de anima morta o de umbra, spavento da anima morta o da fantasma.
Alcuni fanno anche distinzione di luogo: logu opertu, luogo aperto, e logu serradu, luogo chiuso.
Tali distinzioni determinano le varianti nel rituale di s'imbrusciadura, in particolare nel numero di volte che va compiuta: da una a tre, a nove.

Un ragazzo, Peppino C., figlio di contadini, racconta:
Una volta, mio fratello, mentre riposavo a letto, aveva preso una boccata d'acqua e, per farmi uno scherzo, me l'aveva spruzzata in faccia. Mi ero svegliato e mi sembrava di affogare e avevo preso un azzicchidu forte, un brutto spavento. Ricordo che era il giorno di san Giuseppe, e mio padre mi aveva portato al fiume per fare s'imbrusciadura sulla riva…"
Racconta un altro ragazzo, Pinuccio M., pastore: "Era una notte disastrada, spaventosa. Tuoni e lampi uno dietro l'altro. Le pecore lo sentono da lontano il tempo brutto e sentono anche le anime dei morti, e allora si stringono tutte a un mucchio voltando le terga. Io cercavo di coprirmi, come meglio potevo per ripararmi dall'acqua e dal vento, quand'ecco proprio davanti a me, alla luce di un lampo, vedo una figura d'uomo tutto vestito di bianco. Più lo guardavo e più diventava grande. Non potevo neanche muovermi dalla paura. Poi, di colpo, è sparito… Sono rimasto molti giorni a letto con la febbre e con la testa tutta piena di foruncoli, dall'azzicchidu, dallo spavento che avevo preso. Mio padre, quando ha saputo cosa mi era successo, mi ha detto che era umbra, fantasma, e che bisognava fare s'imbrusciadura vicino al cancello del camposanto."


UN RITO DI FACILE USO

A differenza di altri riti terapeutici, s'imbrusciadura può essere facilmente praticata da chiunque, per la semplicità della formula, per l'assenza di brebus, parole magiche segrete, per la materia occorrente (per lo più un po' d'acqua comune), e infine perché occorre un officiante, che possiede conoscenze rituali e virtù taumaturgiche.
Chiunque compia s'imbrusciadura è nello stesso tempo medico e paziente. Ho notato però che i bambini sono di solito guidati nello svolgimento della terapia da un adulto, e che soltanto più tardi, quando ne hanno appreso la tecnica e ne hanno riconosciuto l'efficacia, fanno s'imbrusciadura da soli, subito dopo aver preso unu azzicchidu, uno spavento.
Non di rado, mi è accaduto di vedere per strada bambini buttarsi e rotolarsi per terra, quindi rialzarsi e rimettersi a giocare - lasciando per terra s'azzicchidu. Alla mia curiosità, rispondevano: "Mi 'ndi si seu azziccau!" - Mi sono spaventato!
S'imbrusciadura si fa con naturalezza, anche pubblicamente, specialmente i bambini. Se lo spavento è di rilievo, vengono accompagnati sul luogo del trauma dalla loro madre (più raramente dal padre) oppure da una vicina di casa, una delle tante esperte nella materia. Zia Cabriou è una di queste. E' appena rientrata dall'aver imbrusciau un marmocchio del vicinato. Mi spiega:

"Con gli azzicchidus, con gli spaventi, non bisogna scherzare. Un azzicchidu tenuto dentro può anche far venire la paralisi o portare a Villa Clara (Manicomio di Cagliari - n.d.A.). Zia R. - può anche chiedere in paese - è rimasta dieci anni a letto martura, paralitica, per uno spavento. Uno può anche morire… Io appena vedo un bambino che ha preso azzicchidu lo porto subito a farsi s'imbrusciadura."


I SINTOMI DI S'AZZICCHIDU

Alcuni sintomi del male provocato da un azzicchidu - così come mi sono stati descritti o come io stesso li ho osservati - sono: insonnia e vaneggiamenti; inappetenza e vomiti; volto pallido emaciato; sguardo fisso assente (spriau, scioccato); foruncolosi, specialmente in testa; sonno agitato; febbre anche alta, con delirio.
L'ammalato, e con lui i familiari e i vicini di casa più intimi si preoccupano di frugare nel passato, una sorta di anamnesi, fino a puntualizzare momento, luogo e causa del trauma-azzicchiddu. Talvolta, questa ricerca impegna il gruppo in un lavoro di ricostruzione mnemonica che può durare giorni. Il più delle volte, se non ricorda il malato, è facile trovare un testimone - va tenuto presente che nelle nostre comunità i rapporti interpersonali sono vivi e reali, ognuno sa ciò che fanno gli altri, e la ricostruzione di un trauma occorso a un membro del gruppo non è una inchiesta della polizia, che è sovrastrutturale, esterna ed estranea. Ne consegue che non è difficile situare il luogo e definire il tempo de s'azzicchidu. Per quanto concerne la causa si fanno congetture, se l'ammalato è incerto; e spetta agli esperti, ai guaritori, individuarle con più precisione.

Ho documentato diversi casi di azzicchidus di particolare gravità, in cui i sintomi si manifestavano violenti, con febbre alta e delirio, esattamente alla distanza di un anno.

Racconta M. S., insegnante elementare, celibe:
"Diversi anni fa, mi ero recato alla spiaggia di San Giovanni del Sinis. Mentre facevo il bagno vicino a una barca, i soliti spiritosi fecero lo scherzo di mandarmi sott'acqua all'improvviso. Ricordo di aver cominciato a bere, annaspando nell'acqua, senza riuscire a tenermi a galla. Ormai ero andato… non speravo più di salvarmi, anche perché pensavo di essere rimasto solo e non riuscivo a gridare. Per mia fortuna qualcuno aveva visto e capito che mi trovavo in seria difficoltà. Mi salvarono in extremis…
"Trascorsero dal fatto giorni e mesi. Io non ci pensavo più ormai. Ma ecco, trascorso un anno esatto, nello stesso giorno, alla stessa ora, mi assalì un febbrone. Ricordo di essermi affacciato sull'uscio di casa: mi pareva che sulla strada corresse un lungo fiume verde in piena. Cominciai a vaneggiare… I familiari e gli amici che mi hanno assistito ricordano tutte le mie frasi sconclusionate di quel pomeriggio. Mi misero a letto. Mio padre e i miei familiari ricollegarono subito il mio male con il fatto accaduto un anno prima. E così fu deciso di portarmi il giorno dopo sulla spiaggia di San Giovanni per farmi s'imbrusciadura.
"Misero un materasso sulla carretta, mi avvolsero in una coperta e partimmo. Quando giungemmo ad alcune centinaia di metri dal punto in cui avevo avuto l'incidente, sentii dei lunghi e violenti brividi di freddo. Ricordo che mi misero addosso altre coperte. Poi, man mano che ci avvicinavamo al luogo, cessavano i brividi, la febbre e il delirio. Mi fecero fare s'imbrusciadura sulla sabbia. Quando rientrai in paese, ero completamente guarito."

Quando finisce di parlare, M. S., insegnante, figlio di umile contadino, mi scruta con un sorriso incerto. Forse pensa che si possa giudicarlo superstizioso: ancora parte nobile di una realtà ritenuta a torto miserabile, da cui egli, come altri, ha creduto di riscattarsi studiando. Dice:

"Alcuni ridono delle nostre cose, chiamandole fattucchierie, ignoranze. Anche io, solo per il fatto che ho studiato, non davo molta importanza ai vari riti che si compiono nel mio paese come rimedio contro gli spaventi e le loro conseguenze. Le psicoterapie alla Freud qui da noi sono arrivate in ritardo… A Cabras, per quel che ne so, sono centinaia di anni che si curano alcuni traumi psichici con il metodo della analisi e della presa di coscienza delle cause… oltre, naturalmente, ad una buona dose di autosuggestione."

Appunto per non dover ricorrere in extremis ai rimedi, quando il male troppo a lungo covato ha provocato gravi danni, con il pericolo, inoltre, di non ritrovare il luogo e la causa dello spavento, le mamme si preoccupano di fare subito s'imbrusciadura, non appena rilevano in essi i primi sintomi.
Confida una mamma:

"Anche se non ci fosse veramente un azzicchidu, male non gliene fa a ddus umbruscinai. Mellus a timì chi a provai! - Meglio temere che subire!… Io, tanto per non sbagliare, se mi accorgo che la bambina o il bambino tornano a casa un po' strani, e a me sembra spavento, chiedo subito che cosa abbiano fatto o visto e dove siano stati. Li riporto subito nel posto; quasi sempre stanno giocando nella strada dove passano macchine, carrette, biciclette, e li faccio imbrusciai. Così mi sento tranquilla e tornano tranquilli anche loro."


I BAMBINI E IL RITO

Interrogando i bambini, si ottiene un quadro molto vivace del fenomeno.

Giancarlo C., nove anni: "Un giorno, mentre accendevo una lampada, la corrente mi aveva tirato via e io ero spaventato e mi avevano fatto fare s'imbrusciadura e mi era passato lo spavento…"

Rita C., undici anni: "Un giorno avevo visto un carro. Arrivato a un fosso si era rovesciato dall'altra parte. Tutti si erano spaventati e si erano fatti male. Il giorno dopo erano ritornati dove si era rovesciato il carro e s'imbrusciarono…"

Luigi F., otto anni: "Una bambina stava andando per la strada e c'era un uomo nascosto in un fosso. Quell'uomo ci aveva un coltello in mano, è uscito fuori dalla strada e quella bambina si era spaventata ed era scappata a casa. La mamma le ha fatto s'imbrusciadura. Prima ha fatto una fontana piccolina e ci ha messo acqua dentro, e quella bambina si è coricata sopra, si è rotolata e ha bevuto l'acqua…"

Angelo P., dieci anni: "Un giorno un manovale ritornava a casa e aveva incontrato una vecchia. E a quel ragazzo gli sembrava un demonio in persona ed era scappato a casa gridando forte. La gente vide quel ragazzo gridando forte e una donna aveva un bicchiere di acqua in mano e gliela spruzzò in faccia e gliene fece anche bere. Un giorno dopo, quel ragazzo ripassò con la sorella grande e gli fece s'imbrusciadura. Lo rotolarono nel tappeto e lo fecero rotolare a destra e a sinistra, e da quel giorno non ebbe più paura della gente vecchia."

Maria Bonaria E., dodici anni: "Un giorno un camion stava vicino a investire una bambina. L'hanno vista due donne e le hanno detto: Spaventata ti sei? E quella bambina ha risposto di sì, e l'hanno imbrusciata. Dove l'hanno imbrusciata hanno fatto una chea (fossetta) piena d'acqua e l'hanno fregata lì, e aveva tutto il vestito sporco di fango…"

Giorgio C., nove anni: "Una volta ero andato a una casa vicina e stavo giocando e mi è entrata una lucertola nelle spalle. Mi ero levata la camicia e la lucertola era caduta per terra e il cane l'aveva mangiata. Il giorno mi ero imbrusciato e dopo mi avevano fatto fare la croce."

Gianni P., dieci anni: "…Un uomo della nostra via era caduto da un albero e gli avevano fatto s'imbrusciadura. L'avevano portato al posto dov'era caduto. Avevano portato un lenzuolo, l'avevano messo per terra e l'avevano fatto rotolare nel lenzuolo."


VARIANTI DEL RITO

Andando con ordine, dal più semplice al più complesso, si possono distinguere cinque varianti dello stesso rito.

A) Imbrusciadura semplice.
Su azziccau, chi ha preso lo spavento, si avvoltola per terra tre volte. Alcuni usano spruzzare sul volto del paziente dell'acqua comune, prima o durante o dopo s'imbrusciadura.

B) S'imbrusciadura con aqua abrebada, con acqua taumaturgica.
Si scava nel luogo del rito una fossetta e la si colma di aqua abrebada. S'azziccau si avvoltola sul terreno in cui è compresa la fossetta, tracciando una croce col proprio corpo disteso. A conclusione beve un sorso dell'acqua contenuta nella fossetta, dopo di che questa viene ricoperta di terra.

C) S'imbrusciadura fatta in casa.
Quando s'azzicau per ragioni speciali non vuole e non può recarsi nel luogo dove ha ricevuto il trauma, si va lì e si raccoglie un pugno di terra del luogo. Questa terra si sparge sopra una coperta preventivamente stesa in casa. Sulla coperta cosparsa di terriccio si fa s'imbrusciadura.
Questa variante - usata di solito da giovinette e da vecchie, alle quali non è decoroso esibirsi in tal modo in pubblico - è molto complessa, sia che venga eseguita dalla sola paziente, sia che venga assistita da una esperta. Si dà molta importanza, per l'efficacia del rito, l'avvoltolarsi nude coperte da un lenzuolo. Si devono di regola effettuare tre imbrusciaduras, secondo i tre bracci di una croce immaginaria, per poi sollevarsi e uscire dalla coperta sulla linea del quarto braccio. E' altresì necessario scuotere - facendo molta attenzione a non voltarsi indietro - le falde del lenzuolo con cui si è ricoperte: affinché s'azzicchidu resti nel terriccio.
Zia Pisabella, ritenuta in paese un'esperta della materia, mi ha spiegato che a conclusione de s'imbrusciadura è sempre opportuno gettare, nella camera dove si è svolto il rito, un gatto o un cane o un qualunque altro animale. Questo assorbirebbe, senza alcun danno, s'azzicchidu lasciato dalla paziente nel terriccio e nessuna creatura umana, che ne venisse a contatto, correrebbe alcun pericolo. Comunque, il terriccio contenente s'azzicchidu viene sempre gettato nel fuoco del camino o in luogo dove nessuno possa venire a contatto. Zia Pisabella puntualizza: "Per maggior sicurezza, qualora lei ne avesse bisogno, si ricordi sempre di raccogliere dopo, o di far raccogliere la terra che ha sparso sulla coperta. La raccolga senza toccarla, sollevando i quattro capi, e la butti in un fossa sotto terra, perché nessuno ci metta i piedi sopra, oppure la getti in un pozzo dove nessuno ci beva."

D) S'imbrusciadura in camposanto
Viene praticata di solito nelle prime ore del mattino, anche fuori, davanti al cancello, quando non è possibile accedere all'interno del camposanto.
E' ritenuto risolutivo nei casi di spavento causato da umbra, fantasma, spirito dannato.

La signora M., moglie di un agiato commerciante, me ne descrive il rituale:
"…Si traccia una croce per terra e alle quattro estremità si scavano quattro buchi che si riempiono d'acqua. S'azziccau s'imbrusciad rotolandosi prima verso destra, fino ad arrivare alla fossetta d'acqua dove ne beve un sorso; si avvoltola poi verso sinistra, fino all'opposta fossetta dove beve ancora un secondo sorso d'acqua. Si sposta quindi col proprio corpo sul secondo asse della croce, ripetendo quanto ha fatto precedentemente: rotola verso destra e verso sinistra, bevendo dalle altre due rispettive fossette. Quando ha finito, si alza facendosi il segno della croce."
S'imbrusciadura in camposanto, oggi, è molto meno frequente che in passato, e viene sempre fatta in ore in cui è possibile evitare gli sguardi curiosi di eventuali estranei.

E) S'imbrusciadura collettiva
Quest'ultima variante è innestata alla tradizionale festività del Corpus Domini. Per tale ricorrenza è costume erigere e addobbare una cappella presso ciascuna delle monumentali croci che si trovano nelle varie piazze del paese. La processione, partendo dalla chiesa, si snoda secondo un percorso che tocca le varie croci-cappelle infiorate e abbellite di tappeti e arazzi.
La cappella dove s'imbrusciadura collettiva assume ancora un aspetto di rilievo, per il gran numero di azziccaus di tutte le età che vi affluiscono, è quella detta S'Arruga de su Pilloni (testualmente: La Via dell'Uccello), denominazione derivata - pare - da un uccello che sormonta la singolare croce monumentale, dalle cui braccia pendono i simboli della Passione.
Nei loro temi scolastici, così descrivono s'imbrusciadura collettiva due scolari di dieci anni:

Efisio M.: "Il giorno di Corpus Domini avevano messo i tappeti per fare s'imbrusciadura vicino alla cappella e poi avevano messo i vasi sopra i tappeti e in mezzo avevano messo la croce e poi avevano messo rami di alloro e avevano preparato tutto. E poi i ragazzi, i bambini, bambine, donne, giovani, tutti quelli che si erano spaventati facevano s'imbrusciadura..."

Angelo P.: "Ogni anno per Corpus Domini in S'Arruga de su Pilloni fanno una cappella e ci mettono dei lumicini e tanti fiori. Per terra ci mettono tappeti e quando passa la processione tutte le persone che si sono spaventate fanno s'imbrusciadura. S'imbrusciadura, per esempio, si fa a un bambino che si spaventa: lo portano nella cappella e gli fanno s'imbrusciadura, gli mettono un lenzuolo e poi lo rotolano in mezzo e lo fanno rotolare a destra e a sinistra. Ecco perché si fa s'imbrusciadura, e prima di rotolare, le persone si bagnano la faccia."


DIFFUSIONE DEL RITO

Da un'indagine fatta su campionatura (1960), rappresentati tutti i ceti sociali, risulta che nella comunità di Cabras s'imbrusciadura è diffusa nell' 85% della popolazione - nel senso di praticata, con maggiore o minore frequenza.
In relazione ai ceti, la massima diffusione si ha tra i contadini e i pastori; la minima tra gli intellettuali e i pescatori del golfo.
In rapporto all'età, vengono per primi i bambini, seguiti dagli adulti dai 45 anni in su. Gli ultimi, i meno imbrusciaus risultano i giovani dai 16 ai 22 anni. In tutti i casi: i maschi meno delle femmine - esclusi i bambini.
Considerando il sesso - come ho accennato - il rito è più diffuso tra le femmine, a partire dai 14 anni in su.
Le femmine hanno il ruolo di depositarie della tradizione rituale. D'altro canto, essendo affidata esclusivamente ad esse la tutela e l'educazione dei piccoli (i quali, per altro, scorrazzano in libertà per le strade e per la campagna), sono le diffonditrici del rito nelle nuove generazioni. E queste, oggi, superata l'età scolare (10-12 anni) acquistano una mentalità in conflitto con la vecchia cultura della loro comunità, rifiutandola. La rivoluzione provocata dall'arrivo dei nuovi strumenti di diffusione delle idee e dai prodotti della civiltà industriale provocheranno nel breve volger di anni la quasi totale estinzione di questo singolare rito - o lo ridurranno - come sta già accadendo - in termini sempre più privati e simbolici, togliendogli gran parte del suo potere terapeutico, che gli veniva dall'essere esercitato in pubblico, e che dava una sicurezza ai rapporti interpersonali.
Nella città di Oristano, distante sette chilometri da Cabras, s'imbrusciadura è rara. Così nel centro di Santa Giusta, dove è più usato, come terapia contro s'azzicchidu, s'affumentu, il suffumigio - ma anche is vangeus, lettura del vangelo fatta da un prete.
Nei paesi che costeggiano gli stagni e il Sinis di Cabras, Riòla, Nurachi, e Donigala, s'imbrusciadura è ancora diffusa per il 30-40 per cento della popolazione, prevalentemente tra i contadini e i pastori.
Uscendo da questi paesi verso l'interno dell'Isola si nota la completa assenza di questo singolare rito terapeutico.

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