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Avrei dormito per chissà quanto ancora. Dio, che nottata! Sono le dieci. Con uno sforzo di Volontà apro gli occhi, poi si mette in moto il senso del Dovere, e lascio, non senza rammarico, il tepore femmineo del letto.
L'acqua del catino è gelata. Penso: - Il Piccolo Faraone dovrebbe provvedere al riscaldamento, almeno per i pozzi dei Sottoprefetti. C'è una Legge, che diamine! La Centoquarantasette: prevede Mutui fino al settantacinque per cento. I Soldi ci sono, no? vogliamo lasciarli congelati in Banka? E' tempo di finirla con l'immobilismo, basta coi sistemi arcaici, non si cava un ragno dal buco: è un'ora che la gente del mio ospite tiene le mani dentro l'acqua del catino per riscaldarmela, anche l'Orsa del Sottoprefetto, con tutto il daffare che ha. Non si possono sottrarre tante energie riservate a compiti più vitali: chi la fa girare la macina del grano?
La lametta è quasi nuova, eppure strappa i peli, radendo ... Manca la Volontà di creare il Benessere. Chissà quando arriveranno qui, i Ritrovati della Teknika, le tempere calibrate alla durezza del Maschio indigeno.
Stanno tutti intorno ad ammirare e servire il Buana, con le mani tese: specchio, asciugamano, sapone, pettine, brillantina, fetta di pane imburrato, uovo alla coque, tazzina di caffè con lo zucchero già mescolato. Più Funzionalità, ecco quello che ci vuole! Me ne sono accorto subito. Cambieremo molte cose, a Iknusu, con l'aiuto del Signore, e se il Piccolo Faraone ascolterà i miei consigli.
Mi sono lavato accuratamente collo e orecchie, che loro non si lavano mai. Non sanno nascondere lo stupore, vedendo come è rosea e morbida la pelle di uno Stregone con un velo di Kalogenus Attiva glicerika: le femmine se ne stanno innamorando, scrutano il tubetto con occhio concupiscente - farò mettere Serrature di Sicurezza, alle Guardie Zivil.
E' simpatico, Roby-snap, vestito di grigio col cravattino a farfalla. Presto avrà il suo primo paio di scarpe: mi fa sfigurare così. Aspetta paziente in strada, con lo zaino dei Valori Bollati a tracolla e una fetta di Pane in mano. Dice: - Bene arrivato, Buana!, la Piccola Casa Bianca è lì vicina. Me la fai vedere la Chiave che apre il portone?, soltanto vederla.
Ecco un giovane attaccato alle Istituzioni, proteso verso il Futuro. - Me ne compiaccio, Roby. Presto la vedrai, e se ne sarai meritevole, un giorno potrai anche tenerla in mano durante tutto il tragitto.
Ci siamo. Da un'ampia arcata senza portale, si accede nel vasto cortile acciottolato di basalto nero - viene usato anche per i Plenum Elettorali Quinquennali e per le Partite di Calcio domenicali. Nel mezzo garrisce sul Pennone la Bandiera Bicolore, frondeggia l'Ulivo simbolo della pace, si erge la Forka della Giustizia e il Pozzo in mattoni ricoperti di glicine in fiore: vi si gettano le Fanciulle che hanno perso l'Onore.
Sul lato sinistro si allineano i Magazzini di Stato per l'Ammasso dei cereali, della lana ovina e caprina, delle olive, delle lumache, del sughero, dell'aglio selvatico e dei pancia nuda in soprannumero destinati ai Brefotrofi. L'ammasso era obbligatorio, in passato; è diventato facoltativo con la Legge delle Aprende, che ha dato il via ai Liberi Mercati; purtroppo, i manovali produttori continuano a versare all'Ammasso, non hanno Spirito imprenditoriale e mungono lo Stato.
Sul lato destro sorgono i Padiglioni del Lavoro, le prime Industrie di Iknusu, Speranza dell'Avvenire. Sono due: l'Export e l'Import. Quattro telai di quercia per arazzi, tappeti e ora anche per cuscini; dieci bacinelle in lamiera zincata per la conservazione delle olive in salamoia; un tritacarne a manovella per gli insaccati, con tutti gli ingredienti necessari: sale, pepe e semi di finocchio; una moderna pressa-defilatrice a stampi per far tappi di sughero - nel terzo Stralcio del Piano Ventennale è prevista una Fabbrika di bottiglie per gassosa; infine una caciara calibrata per la produzione del pecorino in serie, da uno o da due chili, il cui ritmo è in diminuzione per una serie di cause negative. Il Padiglione dell'Import occupa un maggior numero di Addetti, per adesso tutti di fuori, un attesa di dare le Consegne agli indigeni che prima devono assimilare i concetti di Spesa-Ricavo-Guadagno. E' suddiviso in due file di Bancarelle e viene aperto al pubblico ogni giovedì, quando arrivano i motofurgoni. Mi chiedo come facciano i nostri Grandi Alleati a venderci per pochi Denari fucili in Plastika che sparano come quelli veri. Accidenti!, che Perfezione teknologica. Beati loro!, neppure in mille anni li raggiungiamo, se non ci insegnano il trucco.
Di fronte, ecco la Piccola Casa Bianca, così denominata per la facciata tinteggiata col latte di calce. Ai lati del portone, due Marines, dono dei nostri Grandi Alleati, montano la Guardia: capelli a spazzola, occhio di lince, memoria elettronika. Mi hanno riconosciuto prima ancora che mostrassi il Tesserino. Salutano con scatto sincrono, impeccabili, perfetti.
Non ho fatto in tempo a scaldare la sedia che squilla il Telefono Nero. Urgente: un Lasciapassare per L'Aldilà. Cominciamo bene - proprio oggi doveva crepare. Il Dovere innanzitutto - Roby-kar, ora tocca a te: prendi la cassetta dei Timbri, attacca l'asino, ti raggiungo subito.
Il carretto è pronto. Roby-kar frusta l'asino e partiamo di gran carriera infilando poco dopo un sentiero incassato da muriccioli ricoperti di rovo. Rientrando, raccoglieremo una cappellata di more.
L'hanno trovato le donne spigolatrici al margine della strada, stecchito supino con la nuca nel fango della cunetta. Una Guardia Zivil gli ha coperto la faccia col fazzoletto - fa impressione la morte, guardarla in faccia; non devono guardarla, i vivi, se vogliono dormire in Pace la notte e lavorare freschi di buon mattino.
- Andate via, andate via ... - dicono le donne ai pancia nuda curiosi, e stanno lì a commiserare, a raccontare di lui che ieri sera era ancora vivo, vispo come un passero. - I pancia nuda correvano a nascondersi, all'apparire del cappellaccio teso a chiedere, ricordate?
... - Parlando, ricorrono con lo sguardo al lungo scuro mucchio di stracci, immaginandone le scheletriche membra di cui vedono caviglie e polsi neri duri come legno antico di fumo. - Andate via, andate via ... non lo sapete che i pidocchi vanno sui vivi? La Morte dà pascolo soltanto ai vermi. Ve lo vedrete in sogno, stanotte, Likumaku, tirarvi la stuoia da sotto ... E dire che ieri era ancora vivo, e mangiava con fame la ciottola di fave bollite, sulla pietra dell'uscio.
Dicono che non fosse del tutto matto, Likumaku. Correva dietro le Vergini, tendendo loro le mani e il muso bavoso, chissà, cosa voleva dire: non sapeva articolare parola, altro suono non veniva fuori dalla sua gola che un abbaiare di cucciolo. Le Vergini fuggivano, incontrandolo, dopo avergli lanciato lo Scongiuro e un sasso con la mano sinistra ...
Una volta l'avevano sorpreso sotto la tettoia di un cortile, dietro le botti, mentre palpava una Vergine ignara. Likumaku ululava e sbavava felice, con una mammella innocente nella mano color cioccolata; e lei zitta, non sapeva e lasciava fare. Alle urla della Madre erano corse tutte le donne del Villaggio: avevano subito pensato al peggio. - State attente alle Vergini: ammonivano i manovali agricoli andando a zappare, - con Santi e con Matti non bisogna scherzare. - Avevano tirato un sospiro di sollievo, sollevandole la gonna - il Signore sia lodato! - non c'erano tracce di sangue. Si erano ugualmente invelenite, le donne. - Guai a te, Likumaku, se entri di nuovo in un cortile! Ti tagliamo quella cosa e non ti diamo più fave bollite. Capito bene hai? E le Vergini non le devi nemmeno guardare, anche se hanno mammelle grandi; te le devi togliere dalla testa, altrimenti assaggi nerbo di bue. - Likumaku aveva ripreso sacco e bastone mugolando contrito, tentando di sgattaiolare fuori dal cerchio vociante irto di mani dure, di canne, di olivastri. - Una lezione ci vuole, le prediche non bastano: a cavallo scorticato la sella pizzica. - Gli avevano abbassato i calzoni, disteso sul selciato. Latrava e scalciava, riparandosi le natiche col dorso delle mani. Gliele avevano arrossate per benino, anche la pipì addosso si era fatto. Piangeva, rialzandosi. Non l'avevano mai visto piangere... Che strana faccia, Likumaku piangente... Le lacrime scivolavano, striando di chiaro le gote di cioccolata barbuta. Le donne gli erano andate dietro, a mettergli in mano il bastone e sulle spalle il sacco.
Da quella volta, Likumaku non era entrato più in nessun cortile; soltanto in casa delle sorelle Giustina e Nerina entrava, ma con regolare permesso. - Entra, entra, Likumaku, per Carità di Dio!, mangia e bevi, siedi e riposa. - Lo facevano sdraiare sulla stuoia davanti al fuoco, frugandolo golose per vedere com'era fatto. Mai uno ne avevano visto, poverette, sempre sole, chiuse nella loro Veste nera di Orfane, da Casa al Tempio e dal Tempio a Casa, neppure in faccia avevano mai osato guardare un uomo. Lo satollavano, lo scaldavano alla fiamma dei sarmenti, e gli toglievano i calzoni. - Lascia che tel li rammendiamo, per Carità di Dio! - E avevano visto un uomo, finalmente, ché Likumaku era uomo davvero, anche se frocio in testa. Mugolava beato disteso. - Ti piacciono le spazzole, Likumaku? Gioca con le spazzole, così ...
Le donne sapevano e ci ridevano su; ma se appena faceva per entrare in una Casa lo cacciavano via in malo modo. E i pancia nuda gli lanciavano pietre.
Adesso le donne dicono: - Andate via, andate via ... Non vedete che è morto? E i sassi non glieli potrete lanciare più, poveretto, non era cattivo ... Adesso dovrà rendere conto a Dio dell'Anima sua.
- Alla Giustizia di Dio, perché giunga a Dio! - ho esclamato, mettendo fine ai commenti donneschi. Si è fatta ala silenziosa al mio passare. Ho ordinato a una Guardia Zivil di scoprirgli la natica destra e la spalla sinistra; è morto bocconi: sono sufficienti due Timbri Nulla Osta per la Rimozione. Nullatenenza e Incapacità d'intendere e volere: Beati i poveri di Spirito.

 

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