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Su palamitaiu

Pescatore con palàmite

Il lavoro del palamitaiu è duro, impegna notte e giorno; ma é da uomini liberi, senza padrone. Si esercita in acque basse, golfo o stagno con barchino a fondo piatto in legno o con su fassoni, barchino di erbe palustri - ma di questi natanti se si é molto poveri se ne fa a meno. Indispensabile é la palàmite.
La palàmite consiste in una cordicella di cotone ritorto lunga circa mille metri, cui sono fissati, a distanza di circa trenta centimetri l'uno dall'altro, dei brevi fili di nylon con gli ami.
La mattina, il palamitaiu sistema la funicella a cerchi concentrici dentro una apposita corbula di canna e vimini con il bordo di sughero, dove gli ami vengono ordinatamente appuntati uno appresso all'altro tanto da formare un cerchio metallico. La prima fase della preparazione della palàmite é conclusa.
Il pomeriggio bisogna cercare l'esca. Di solito vengono usati i gamberetti o i lombrichi, secondo i pesci che si vogliono catturare: con i primi, sparlotti (spari) e altri pesci di golfo; con isecondi, anguille di palude. Quando non ci sono i soldi per acquistare l'esca - cioè quasi sempre - il palamitaiu rastrella i bassi fondali alla ricerca di gamberetti o zappetta per ore e ore nel vicino entroterra per scovare i lombrichi. Si tratta di fornire dell'esca parecchie centinaia di ami, su escai, che richiede abilità e pazienza.
Ho visto, ancora negli Anni Sessanta, vecchi dalla vista quasi spenta fare questo lavoro, su escai, alla luce dell'acetilene fino a tarda notte, seduti sull'arenile, davanti alle baracche di falasco di Su Siccu del Golfo di Oristano.
Siamo alla terza fase, il momento di affidare alle acque la palàmite. Si scelgono i fondali bassi e ricchi di vegetazione. Si lega un capo della lunga funicella a una canna infissa in un galleggiante di sughero; quindi si lascia filare nell'acqua la funicella, lentamente, con precauzione affinché non si imbrogli. Poi, riposo fino l'alba.
l più poveri compiono questo lavoro senza barchini con l'acqua gelata alle reni. Qualcuno si costruisce su fassoni, il primordiale galleggiante di falasco, con un fascio d'erba palustre spugnosa detta spadua. Coloro che possiedono il barchino lavorano in coppia, uno ai remi l'altro alla palàmite e in questo caso è possibile usare una cordicella più lunga con maggiori possibilità di guadagno.
Talvolta è ancora buio, quando il palamitaiu esce dalla baracca per sarpai, salpare, estrarre l'attrezzo. E' l'ultima fase, la più delicata, dove speranza e mestiere si sostengono a vicenda. Bisogna fare attenzione a non perdere il pesce grosso che ha abboccato; risparmiare gli ami estraendoli abilmente dalle fauci dei pesci; non farsi pungere dagli aculei velenosi di alcune specie quali lo scorfano; non ingarbugliare la funicella e che non si spezzi; la remata che sia dolce e segua i movimenti e la posizione della palàmite; fermare a tempo l'imbarcazione se l'attrezzo si è incagliato sul fondo.
Quanto si guadagna? Lavorando senza barchino, con palàmite necessariamente corta, si può ricavare nel migliore dei casi il pranzo per la famiglia. Lavorando in due, con il barchino, si possono guadagnare fino a cinquemila lire, dai dieci ai venti chili di pesce di basso costo, in prevalenza sparlotti (sparli). Talvolta il pescato supera di poco il costo dell'esca.
In un anno, il tempo permette si e no cento giorni di pesca. Infatti, la maggior parte dei palamitaius arrotonda le entrate con altre attività occasionali: il bracciantato agricolo, la raccolta delle lumache e più spesso la pesca di frodo negli stagni padronali - dato che la loro vocazione è pescare.

Golfo di Oristano, 1962

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