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S'aqua abrebada

S'aqua abrebada è l'acqua miracolosa, resa tale con is brebus, le parole magiche. E' l'elemento che maggiormente ricorre nei riti terapeutici popolari.
La fede - come si è detto - sta alla base dell'efficacia di molte terapie nell'antica medicina, quando si riteneva che le malattie fossero provocate dalle possessioni di spiriti maligni o dei loro influssi. La forza terapeutica della preghiera, della invocazione al Sommo Guaritore, è sottolineata in tutti i testi religiosi. Anche attualmente la chiesa sostiene che una preghiera, una invocazione espressa con profonda fede produce il miracolo della guarigione. Le fortune del Santuario della Madonna di Lourdes, che può considerarsi un immenso policlinico dove si pratica la magia terapeutica, sono legate a questo concetto di fede.
Un concetto simile era proprio della medicina druidica: ogni terapia si svolge nella fede, che deve essere nel guaritore e deve essere nel malato.
Non è difficile riconoscere, anche in numerosi riti terapeutici che attualmente si usano in Sardegna, la derivazione dal druidismo.
La religione dei druidi - che da tempi remoti si diffuse nell' Europa - nei suoi aspetti di dottrina medico-magica non è stata mai sostanzialmente soppiantata dal cristianesimo, e ha continuato a conservarsi nei secoli fondendosi con elementi della nuova dottrina religiosa.
I sacerdoti celti erano maestri nelle arti magiche e il loro ruolo primario era quello di guaritori. La medicina popolare, specialmente diffusa tra i ceti contadini, è chiaramente derivata dalla medicina druidica, le cui tecniche terapeutiche sono simili a quelle in uso tra i nostri guaritori. In primo luogo i riti dell'acqua.
I guaritori druidici, per allontanare gli spiriti maligni dal corpo di un malato, usavano avvicinare al paziente un recipiente d'acqua e versarvi dentro alcuni carboni accesi, pronunciando nel frattempo gli scongiuri di rito: l'invocazione agli spiriti del bene affinché sorgessero dai quattro angoli della terra e operassero la guarigione, scacciando gli spiriti cattivi.
Una diffusa diagnosi dei sacerdoti druidici consisteva nello scavare per terra due fossette e di riempirle di acqua. Quindi si portava il paziente e lo si sdraiava tra le due fossette d'acqua: una rappresentava la vita e l'altra la morte. Se il paziente, in stato d'incoscienza, si voltava verso la buca di destra, egli si sarebbe salvato; se al contrario si fosse voltato sulla sinistra, egli sarebbe morto.
Le fonti d'acqua erano per i druidi fonti di salute, nel senso che dall'acqua essi traevano ogni loro forza per operare le guarigioni. I pozzi erano sacri e venivano segnalati da pietre erette, simbolo maschile, di segno opposto all'acqua, simbolo femminile. La terapia per ogni genere di malattia, dell'anima e del corpo, mediante l'immersione o le abluzioni, era assai diffusa.
Ritroviamo l'acqua in molti dei riti terapeutici descritti in questo lavoro. In taluni di questi riti è richiesta l'acqua santa, che il guaritore prende in chiesa o si fa benedire da un sacerdote carismatico. In altri è sufficiente l'acqua comune che viene resa "santa", e quindi taumaturgica, recitando gli appositi brebus.
Anche in Sardegna i pozzi, di norma consacrati a qualche divinità, e dopo il cristianesimo a venerabili santi, sono ritenuti potenti risanatori. Molti incantesimi si fanno o si sciolgono con l'acqua dei pozzi. Anticamente, si dice che risolvessero i disturbi mentali; ma la loro funzione più nota era quella di dare l'eterna giovinezza. Altri pozzi erano rinomati per la loro acqua capace di guarire l'artrosi deformante. Io stesso, qualche anno fa, ho visto una lunga coda di macchine in sosta sui tornanti dei monti di Dolianova, dove quotidianamente la gente attingeva acqua da una sorgente, che ha il potere - si diceva - di guarire tutti i "mal di pietra", le calcolosi ovunque localizzate: reni, vescica, fegato.
Nel singolare rito di s'imbrusciadura (l'avvoltolarsi rituale per guarire dagli spaventi, che ho scoperto negli Anni Cinquanta in un paese dell'Oristanese), in una delle sue varianti usa una o anche quattro fossette piene d'acqua su cui il malato si avvoltola.

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